Pescara: refezione scolastica, Cirfood "dichiara guerra" al Comune

L'azienda emiliana impugna la delibera con la quale è stato annullato il contratto dopo il caso degli alunni intossicati: "Le indagini sono in corso e noi collaboriamo". La replica del Comune: "Ci hanno chiesto risarcimento a sei zeri". Il punto sull'inchiesta

PESCARA. Si prospetta un lungo braccio di ferro legale sull'appalto comunale della refezione scolastica. Cirfood, l'azienda emiliana che aveva l'appalto prima che dilagasse il caso degli alunni intossicati, ha deciso di impugnare la delibera con la quale il Comune ha annullato il contratto. Cirfood ha proposto impugnazione giudiziale perche ritiene  che la delibera del 10 agosto scorso sia illegittima.

leggi anche: Il Comune liquida la ditta che gestisce le mense  Parte la risoluzione anticipata del contratto dopo i 200 bambini intossicati  Alessandrini assicura: «Il servizio ripartirà a ottobre con una nuova azienda»

In una nota l’impresa fa notare  che "sono ancora in corso le indagini sulle responsabilità dei fatti che hanno portato al malessere di alcune decine di bambini residenti nel Comune di Pescara il 2 giugno scorso". E precisa che si è resa fin da subito disponibile "ai dovuti accertamenti da parte delle autorità competenti". "Ancora oggi, per la medesima ragione, l’impresa ribadisce la massima fiducia nell’operato della magistratura e conferma la totale disponibilità a collaborare per l’accertamento di ogni responsabilità dei fatti".

LA REPLICA. «Più che stare vicino alle famiglie, sin dall'inizio la Cirfood ha cercato di deresponsabilizzarsi, scaricando sull'acqua la colpa delle tossinfezioni registrate in giugno in bambini appartenenti a più scuole cittadine, con accuse senza fondamento, smentite anche dalla comunità medico-scientifica, che hanno solo contribuito a generare ulteriori allarmismi in soggetti già così provati dalle intossicazioni dei propri piccoli. Altro che vicinanza e collaborazione». Così in una nota il sindaco di Pescara, Marco Alessandrini, e l'assessore comunale all'Istruzione, Giacomo Cuzzi, in merito all'iniziativa legale dell'azienda di refezione scolastica, Cirfood, contro la risoluzione del contratto avviata dal Comune a seguito dei malori e ricoveri di oltre 200 bambini ai primi di giugno. «Fino ad oggi - dicono sindaco e assessore - non abbiamo ancora udito, peraltro, parole di scuse rivolte alle famiglie e alla città, a cui invece la ditta chiede un risarcimento a sei zeri, di cui nella nota diramata alla stampa però non parla. Oltre al danno, la beffa. L'operato dell'amministrazione sul caso è giusto e operoso: stiamo lavorando per far ripartire un servizio di qualità, com'è giusto che sia nei confronti dei bambini, delle famiglie e dell'Ente che in questa vicenda è parte lesa. Siamo a buon punto sulle procedure e auspichiamo che la ristorazione possa ripartire nel mese di ottobre».

L'INCHIESTA. Sono sei gli indagati, nell'ambito dell'inchiesta della Procura di Pescara, sulla vicenda degli oltre 200 bambini, iscritti in diverse scuole di Pescara, finiti in ospedale con sintomi gastrointestinali provocati dal batterio Campylobacter. I primi a finire nel registro degli indagati, nel giugno scorso, sono stati i responsabili dell'associazione temporanea d'impresa, formata da Cirfood e Bioristoro Italia, che gestiva il servizio mensa: Chiara Nasi, amministratore delegato della Cirfood; Fabrizio Gazzo, procuratore speciale della Cirfood, con delega in materia di tutela igienico sanitaria degli alimenti e bevande dei consumatori; Emilio Fiorani, procuratore speciale della Cirfood, con delega ai controlli aziendali in materia di qualità, buono stato di conservazione e genuinità dei prodotti alimentari; Maria Teresa Pianesi, legale rappresentante della Bioristoro Italia. Un mese dopo il pm Anna Benigni e il procuratore aggiunto Anna Rita Mantini hanno iscritto anche Christian Savini e la madre Maria Luisa Di Nicola, titolari dell'azienda agricola Savini & Di Nicola di Vicoli (Pescara), nel registro degli indagati. La Procura, sulla base di una serie di riscontri effettuati, ipotizza che il batterio si trovasse in alcune forme di formaggio servite nelle mense. Prodotti caseari che sarebbero stati forniti dall'azienda di Vicoli. Gli indagati sono accusati, a vario titolo, di adulterazione e contraffazione di sostanze alimentari, commercio di sostanze alimentari nocive, di natura colposa, lesioni colpose e frode nelle pubbliche forniture.