Ponte del mare, ecco tutti i danni Foto e Video
Una cronista sul cavalcavia lesionato dalla gru della draga I bordi del passamano sono allargati e le giunture distanziate
PESCARA. Nel punto più alto del ponte, a 16 metri sul livello del mare, in corrispondenza della porzione dell’arcata colpita dalla gru, si avverte qualche leggera vibrazione. «Tutto normale, fortuna che sia così», avverte Amedeo D’Aurelio, il capo dipartimento degli uffici tecnici comunali che in queste ore sta coordinando il pool di esperti che, come tanti bravi ortopedici, si stanno prendendo cura delle ferite del Ponte del Mare, cercando di restituirlo alla città il prima possibile e senza troppi cerotti. Accetta di farmi da cicerone in una mattinata piovosa. Mi accompagna nella passeggiata sulla ruota panoramica di Pescara a 36 ore di distanza dal terribile impatto contro la draga Cobra, mostrandomi da vicino gli effetti provocati dal botto.
Ci fermiamo a metà del cavalcavia che dal 2009 unisce le riviere nord e sud del capoluogo adriatico, nel mezzo di quel palco sospeso tra il profilo delle montagne appannato dai nuovoloni gonfi d’acqua, il fiume Pescara e il mare. Sotto i nostri piedi c’è una crepa orizzontale che spezza il percorso rosso, quello riservato alle biciclette, che è stato toccato dal braccio della gru un attimo prima di provocare l’effetto molla, colpire la seconda campata del ponte per poi spezzarsi e crollare sull’imbarcazione. «La lesione c’è», spiega D’Aurelio, «molto probabilmente è stata determinata dall’impatto, visto che ci troviamo nel punto esatto in cui il ponte è stato colpito dalla gru. Ma in questo momento non siamo in grado di dire con certezza se la fessura c’era già prima dell’urto. Dobbiamo effettuare un piccolo carotaggio per verificare la profondità della spaccatura e stabilire se il danno è strutturale o meno». In sostanza bisognerà capire se si può risolvere tutto con una semplice colata di cemento oppure se è necessario andare a fondo del problema, posticipando inevitabilmente i tempi stimati per la riapertura dell’infrastruttura.
In questo stesso tratto, quello in cui martedì mattina alle 7,20 è andata a sbattere la draga, saltano agli occhi altre anomalie: i bordi del passamano sono allargati e le giunture distanziate. «Anche il percorso blu, quello destinato ai pedoni, presenta le stesse problematiche», aggiunge con disinvoltura il dirigente comunale, «lì non abbiamo trovato crepe, ma il passamano è fuoriuscito. Questa è una buona notizia: vuol dire che il Ponte del Mare ha retto bene alla scossa, ha tremato, si è spostato, ma non si è deformato. Vuol dire che è stato costruito bene, rispettando tutti i criteri». Discorso analogo per i tiranti che reggono il gioco di pesi e contrappesi delle funi, degli assi e delle strutture in acciaio necessarie a mantenere in alto l’antenna inclinata di 16 metri, quella che conferisce al Ponte del Mare la sua inconfondibile sagoma avveniristica. La porzione arancione di almeno una decina di stralli è venuta fuori per effetto della spinta della gru. E lo stesso è stato per una serie di bulloni, che andranno sostituiti. «Oltre alle due campate», rimarca Amedeo D’Aurelio, «dobbiamo controllare l’antenna centrale, vedere se ci sono stati movimenti dopo l’incidente. E lo faremo attraverso i rilievi topografici: sei al giorno. I dati saranno confrontati con quelli realizzati al momento del collaudo, che sono già in nostro possesso».
Dopo mezz’ora di passeggiata sul Ponte del Mare il bilancio è incompleto. Ho visto e catalogato i diversi danni materiali, ma non sono in grado di sbilanciarmi né sulla riapertura dell’asse ciclopedonale e né sulle possibili cifre della riparazione. Lo stesso sindaco Luigi Albore Mascia è cauto e aspetta di sentire il verdetto del progettista Mario De Miranda. Il professore tornerà in città per coordinare l’intervento nella pancia del ponte e verificare ogni singolo asse, in modo da avere le giuste garanzie sulla situazione statica del cavalcavia. Le cifre al momento sono aleatorie: alle somme spese vanno aggiunti i danni d’immagine. «Sicuramente», precisa D’Aurelio, «parliamo di centinaia di migliaia di euro».
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