PESCARA
Ricatto a luci rosse al sacerdote: marito e moglie sotto accusa
Il prete del Pescarese ha avuto approcci sessuali con la donna di Montesilvano che aveva aiutato. Poi è stato costretto a pagare 500mila euro per evitare la diffusione di video compromettenti
PESCARA. Sono accusati di aver estorto mezzo milione di euro a un prete con un ricatto a luci rosse andato avanti per anni. Ora marito e moglie di Montesilvano – lui, E.S., 52 anni, e lei, C.D’A., 47 – sono indagati nell’inchiesta coordinata dal sostituto procuratore Fabiana Rapino in cui figura come vittima il sacerdote 71enne del Pescarese che ha avuto approcci sessuali con la donna e che, temendo la diffusione di video e audio per lui compromettenti, ha deciso di denunciare tutto ai carabinieri.
Il religioso non riusciva più a stare dietro alle continue richieste di denaro per “comprare” il silenzio della coppia, nei confronti della quale è scattata anche la misura cautelare del divieto di avvicinamento.
Il provvedimento è stato firmato dal giudice Giovanni de Rensis dopo la richiesta d’aiuto arrivata in caserma. Sono state contestate anche le aggravanti «di aver commesso il fatto verso una persona ultrasessantacinquenne e nei confronti di persona rivestita della qualità di ministero del culto cattolico».
GLI AIUTI ECONOMICI In base alla denuncia, tutto comincia nel 2013, quando il sacerdote conosce C.D’A., che gli prospetta la crisi che sta attraversando la sua famiglia a causa di problemi di malattia. Il prete inizia a frequentare la casa della donna: conosce il marito, persino i tre figli, e le dà piccole somme di denaro. Le richieste di soldi diventano via via sempre più insistenti e lui, per sua stessa ammissione, comincia a provare un’attrazione fisica per la parrocchiana.
La confidenza cresce sempre di più. A tal punto che, in un’occasione, dietro un invito esplicito, lei gli mostra il seno. Ma le richieste del sacerdote salgono di livello, perché le propone di vedersi da soli.
LA TRAPPOLA La donna gli spiega che, di lì a qualche giorno, rimarrà sola perché il marito sarà assente per ragioni di lavoro. Così, nel marzo del 2014, C.D’A. lo avvisa: «È partito, possiamo vederci a casa mia con tranquillità». Il giorno stabilito, di prima mattina, il sacerdote si reca all’appuntamento: lei lo fa entrare in casa, quindi scendono in taverna e si mettono seduti. L’allora 41enne inizia a spogliarsi, poi si avvicina al religioso e gli toglie la giacca. All’improvviso, però, E.S. fa irruzione in taverna e si scaglia contro i due. «Io ti sparo», dice al prete, «come ti sei permesso di avvicinarti a mia moglie? Questa la devi pagare cara».
E ancora: «Ci vedremo, ho con me la pistola che userò per te». Terrorizzato, il parroco se ne va. Ma è solo l’assaggio di quello che si trasformerà in un vero e proprio incubo.
LE MINACCE Nel pomeriggio dello stesso giorno, infatti, l’uomo lo contatta sul cellulare e gli propone un incontro. Il religioso accetta: in quella circostanza, E.S. comincia a minacciarlo e gli chiede del denaro a garanzia del suo silenzio sulla situazione che si è creata.
L’INCUBO Da questo momento in poi, la vittima, con cadenza quasi quotidiana, subisce richieste di soldi: sempre più succube, risponde di sì fino a raggiungere l’enorme somma di 500mila euro. Il prete è in grossa difficoltà economica e chiede la restituzione del denaro prestato sino a quel momento, ma il 52enne pretende ulteriori somme e sostiene di essere in possesso di materiale compromettente. In effetti, al primo diniego, l’indagato mostra al sacerdote delle registrazioni audio e video in cui quest’ultimo parla di argomenti sessuali con la donna. Non vedendo vie d’uscita, la vittima asseconda ancora i voleri dell’estorsore. Il parroco sostiene di aver racimolato la consistente somma di denaro – pagata «in molteplici occasioni» in contanti, bonifici o assegni – indebitandosi con i suoi conoscenti e ottenendo finanziamenti in banca, così come confermato dagli accertamenti dei carabinieri.
LA DENUNCIA A luglio di quest’anno, ormai esasperato, il religioso contatta E.S. e implora la riconsegna di almeno una piccola cifra, in modo tale da poter restituire qualcosa alle persone dalle quali ha ricevuto i prestiti.
Ma l’indagato risponde picche. Non solo: due giorni dopo, è la donna a telefonare al prete. Gli dice che ha bisogno della solita medicina e che le servono 90 euro. Solo a questo punto il 71enne prende coraggio e vuota il sacco davanti ai carabinieri.
IL PROVVEDIMENTO Il giudice ritiene sussistenti «i gravi indizi di colpevolezza» nei confronti dei due indagati: «Va sottolineata la gravità della condotta illecita che si è dipanata per più e più anni, arrecando alla persona offesa un danno economico spropositato, nonché l’intensità del dolo desumibile dall’articolata pianificazione della “trappola” elaborata ai danni del sacerdote.
Relativamente alla capacità a delinquere di marito e moglie, deve rilevarsi che entrambi risultano nullafacenti». Alla difesa degli indagati, assistiti dagli avvocati Alessandro Mascitelli e Italo Colaneri, il compito di smontare le accuse.
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