L'INCHIESTA SUI 29 MORTI / TELEFONATE CHOC
«Rigopiano? Lì stanno al caldo, aspettano»
Dalle intercettazioni degli indagati frasi agghiaccianti, come quella della dirigente della prefettura prima della valanga. In 31 sott'accusa per la tragedia
PESCARA . «Uno che mi telefona sei ore prima della valanga e mi dice abbiamo paura, e se avete paura state lì belli belli al caldo ed aspettate, qualcosa facciamo». È una delle tante intercettazioni telefoniche contenute nell’informativa dei carabinieri forestali che hanno indagato sulla tragedia di Rigopiano costata 29 vittime per il crollo della struttura travolta da una valanga. Telefonata della dirigente Ida De Cesaris, coordinatrice della sala operativa della Prefettura, contenuta nelle carte dell’inchiesta bis su Rigopiano: quella che vede indagati l’ex prefetto Francesco Provolo e altri sei prefettizi per frode processuale e depistaggio. Per aver occultato documenti importanti per l’inchiesta.
LA RICHIESTA DI AIUTO. È uno spaccato inquietante che dimostra come non vennero prese in nessuna considerazioni le richieste d’aiuto pervenute dal cameriere Gabriele D’Angelo, una delle 29 vittime, che alle 11,38 del 18 gennaio 2017, giorno del disastro, chiamò la Prefettura per chiedere l’evacuazione dell’hotel. «Io mi devo preoccupare non di chi sta in un resort, per quanto impaurito dal terremoto...ma il terremoto lo abbiamo sentito tutti, al di là di quello stiamo tutti tranquilli». Al telefono è il funzionario Giancarlo Verzella che parla con la De Cesaris. «Se uno mi dice qui all’hotel c’è stato il terremoto, è crollato l’hotel allora è diverso», prosegue Verzella, «ma alle 11.38...non era questo, quindi per noi era una notizia normale tra virgolette, c’erano altre priorità, non quelle di uno che sta lì, si sta a lavorare in un posto...sarà pure scomodo, però ehhh il centro benessere insomma».
ALTRE URGENZE. E ancora «....Per me era più importante cercare una turbina per liberare le strade che non uno che mi telefona e dice ho paura...non me ne frega un c..zo di niente di quello lì, capito, con tutto il rispetto». Come si diceva una sottovalutazione totale del problema Rigopiano, salvo poi, dopo la tragedia, cercare di occultare, come sostiene l’accusa, le tracce di quella chiamata d’aiuto inascoltata, non facendone nemmeno menzione in nessuna delle quattro relazioni che vennero consegnate alla polizia che il 26 gennaio 2017 era andata in Prefettura per acquisire i brogliacci delle telefonate per conto della procura. Brogliaccio che era sempre esistito e dove venivano annotate tutte le segnalazioni di Enti, ma anche di privati: ma quella giornata del 18 gennaio 2017, era praticamente inesistente nelle carte prefettizie.
IL GIALLO BROGLIACCIO. «L’ultima segnalazione annotata sul brogliaccio prima del 19 gennaio 2017», scrivono gli investigatori nell’informativa - è del 12 giugno 2011, in occasione di Iroman. Il 18 gennaio gli operatori della sala operativa hanno annotato qualche segnalazione su appunti “volanti”, alcuni di essi cestinati, come riferito dalla De Cesaris in una conversazione telefonica con Verzella.
GLI APPUNTI VOLANTI. La dirigente dice: «...può essere che Giulia (la Pontrandolfo, ndc) ha preso una telefonata, perché poi c’è anche da dire che noi abbiamo preso degli appunti volanti, ma molte volte quando tu prendi un numero telefonico che utilizzi al momento, una volta fatta la telefonata, se a quel numero non corrisponde un nome, un indirizzo, ma è un numero così, viene buttato».
IL FOGLIO STRAPPATO. E in effetti gli investigatori forestali ritrovano quel foglio strappato, soltanto nel novembre del 2018. E della assoluta confusione che regnava in quella sala operativa ne parla anche l’ex prefetto Provolo che, al telefono con l’attuale Prefetto di Pescara, insulta la De Cesaris definendola una «dirigente sfaticata» evidenziando che lì non funzionava niente perché «quella era una cretina che non sapeva gestire la sala operativa, quello lo sapevano tutti...lo sapeva tutto il mondo».
I VICE PREFETTI. Un altro spaccato inquietante viene dalle telefonate che si scambiano i due vice prefetti distaccati a Pescara da poco, Salvatore Angieri e Sergio Mazzia, che Provolo incarica di stilare la relazione per la questura e di firmarla. Una situazione non gradita ai due: «Io sono andato là, preparo sta cosa, ti do una mano poi tu mi vieni a dire, ma no io non posso firmare (riferito al prefetto Provolo, ndc)...ci siamo trovati in difficoltà: “perché me l’hanno sconsigliato perché chiaramente sono coinvolto”...magari adesso è spuntato fuori un qualcosa che non ci sta lì dentro, ma noi che ne potevamo sapere...manco uno è andato a controllare gli atti».
LA DISORGANIZZAZIONE. Insomma anche una relazione così importante viene stilata senza cognizione di causa, senza approfondire i fatti. E anche nel capitolo sulla disorganizzazione della Prefettura i due hanno da ridire quando commentano la chiusura delle indagine della procura. «Ma che cacchio hanno scritto? Ti ricordi», dice Angieri a Mazzia, «quella nota che loro avevano mandato al Ministero che ha firmato Bianco? Dove diceva che lui (Provolo, ndc)...che erano state avviate...era stata attivata la funzione del centro coordinamento soccorsi? Quelli gli hanno contestato che non è vero che avevano attivato il ccs ed in effetti non l’hanno attivato perché faceva tutto Verzella, capito»?
LA MAIL IGNORATA. E ancora: «La mail dell’albergo è rimasta tra le mail del gabinetto perché non l’hanno tirata fuori lì per lì, l’hanno tirata fuori due o tre ore dopo, alle quattro e mezza perché l’impiegato faceva il turno...è uscito pure questo a peggiorare la situazione». Poi i due, anche loro indagati nel depistaggio, cercano disperatamente una linea difensiva e lo fanno tirando in ballo un investigatore che, secondo quanto sostengono, avrebbe dato loro qualche consiglio leggendo la relazione che gli stavano per consegnare.
L’INVESTIGATORE. Un personaggio non indagato, che non figura in alcuna intercettazione telefonica con Angieri o Mazzia e che alla procura che lo ha già ascoltato ha fornito i propri chiarimenti.
«Vedi che qua state a...dovete dire questo e quest’altro», sarebbe stato il consiglio dell’investigatore sul quale i due puntano molto per la loro difesa. Poi dopo l’interrogatorio con il procuratore Massimiliano Serpi i due commentano le dichiarazioni rilasciate al magistrato: «Ti dico anche un’altra cosa», dice Mazzia ad Angeri, «il procuratore...ho avuto l’impressione che sto fatto del colloquio con....non lo conosceva».
«Questa è un po’ la nostra ancora di salvezza secondo me», dice Angieri a Mazzia «...per come stanno impostando l’indagine. Cioè è un fatto nuovo che gli dà fastidio, li intralcia, capito? (parlando del fatto di aver riferito alla procura dell’iter di quelle relazioni, ndc). Per cui a tenerci lì dentro diventa un po’ complicato per loro».
E invece la procura chiude le indagini e lascia tutti e sette dentro l’inchiesta per un eventuale rinvio a giudizio.
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