Rigopiano: la giustizia e la colpa
Si ricomincia, dunque, in nome di quel disastro colposo distante dalle tagliole della prescrizione
PESCARA. La grande assente c'è, allora. E sarà la star dell'appello bis, a Perugia. Evocata, rimpianta, convitata di pietra. È la carta valanghe, quella dei pericoli da localizzare e dell'allarme rosso da lanciare, prevista da una legge del 1992 ma mai partorita, vuoto normativo per pronunciare le assoluzioni di merito picconate ieri dalla Corte Suprema. La carta dei se. Se ci fosse stata, il resort non sarebbe stato mai edificato a Rigopiano. Se ci fosse stata, l'albergo non sarebbe stato in funzione in quei giorni di neve e scosse di terremoto. Se ci fosse stata, l'hotel pieno di clienti sarebbe stato evacuato e la strada sgomberata.
Il nuovo confronto in aula su Rigopiano, tradizionale coda giudiziaria dei maxi processi, non è una condanna già scritta, peraltro ricorribile di nuovo in Cassazione, ma una rivalutazione del poteva essere che però non è stato. La roulette delle responsabilità, rimpallate da un ente all'altro dal primo grado fino a piazza Cavour, alla fine ha fermato la pallina sulla voce Regione e sui 6 dirigenti assolti dai giudici di merito. L’incuria a Rigopiano potrebbe riempire di responsabilità penali quel vuoto normativo.
Si ricomincia, dunque, in nome di quel disastro colposo distante dalle tagliole della prescrizione, che punisce «quei comportamenti penalmente rilevanti che provocano incidenti di eccezionale gravità producendo danni estesi all’ambiente e alla vita/salute di un numero indeterminato di persone». A Rigopiano ha seminato 29 vittime e catapultato nella voragine dell'afflizione decine di parenti, ai quali la Cassazione ha offerto ieri il primo conforto dalla sentenza, quella sì inappellabile, di fine dolore mai.
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