Rigopiano, le reazioni dei parenti: “Finalmente un po’ di giustizia. Pronti a lottare fino alla fine”
Dopo la lettura della sentenza, lacrime di gioia e abbracci tra i familiari delle 29 vittime: si ricomincia. Ma c’è chi teme la prescrizione per Lacchetta. E D’Angelo accusa: un errore far sparire il depistaggio
ROMA. Piangono. Si abbracciano. I familiari delle 29 vittime di Rigopiano quasi non ci credono quando il presidente della Corte suprema di Cassazione legge il dispositivo. E quando escono dall’aula magna faticano a trovare le parole, tanta è l’emozione. «Finalmente non abbiamo l’assillo della prescrizione, siamo pronti per Perugia, siamo pronti a lottare ancora», dicono Marcello Martella, Paola Ferretti, Mariangela Di Giorgio, Annamaria Angelucci e tutti i familiari che ieri erano nel Palazzaccio di piazza Cavour, a Roma. «Questa sentenza ci dà la forza di andare avanti. Dopo tante delusioni, non ci credevamo più. E invece è la prima volta che la giustizia va in qualche modo dalla nostra parte».
«È una sentenza emozionante», dice Gianluca Tanda tra le lacrime, «siamo partiti male, abbiamo cercato di dare una sferzata al processo, il procuratore generale è stato in gamba. Forse il 18 gennaio prossimo sarà il primo anniversario in cui ci ritroveremo lassù a Rigopiano finalmente fieri di quanto fatto». Piangono e si abbracciano le mamme di Rigopiano con le medagliette al collo con i volti dei loro figli morti lavorando, o durante una breve vacanza a Rigopiano. «Ci aspettavano il peggio, e invece hanno rimesso il disastro. Quello che è certo è che abbiamo altri 8 anni per combattere, considerando che questo reato richiede 15 anni per la prescrizione. E noi siamo pronti».
Soddisfatto a metà Francesco D’Angelo, fratello di Gabriele, il cameriere che quella mattina parlò 4 minuti con la Prefettura per chiedere aiuto, ma poi non solo la sua richiesta fu ignorata, ma dopo il crollo dell’hotel e la sua morte sparì anche dal brogliaccio. E dice oggi Francesco, il gemello: «Va bene rimettere il disastro, è importante, ma ignorare il depistaggio è grave, così hanno ucciso di nuovo mio fratello: se l’avessero ascoltato le persone si potevano salvare».
Ce l’ha con il sindaco Lacchetta, Federica Di Pietro, rimasta orfana dopo Rigopiano: «Mi fa piacere che la sentenza dia importanza alla Clpv che qualche avvocato di parte aveva banalizzato, ma a fronte di questo spero però che non si arrivi alla prescrizione per il sindaco di Farindola e il tecnico comunale che ora che devono rifare tutto in Appello. È quello che non voglio: ,come si fa a lasciare fuori il sindaco, primo responsabile della protezione civile?».
Clotilde Serraiocco, mamma di Marina, morta con il marito Dino Di Michelangelo, mostra l’ultimo messaggio della figlia su WhatsApp quel 18 gennaio: «Le avevo scritto alle 16,37, chiedendole com’era la situazione. Lei mi ha risposto alle 16,45: “niente”». Alle 16,49 è arrivata la valanga.
Ora si riparte da qui. Da quel giorno, da quei morti, da quel disastro. Sussurra Mariangela, mamma di Ilaria Di Biase, la chef dell’hotel e la più giovane tra i dipendenti, aveva 22 anni: «Mia figlia mi diceva che mancava la turbina e io le rispondevo che era impossibile, che sarebbe arrivata, era un hotel. Aveva ragione lei. E io anche ora, anche adesso, sono ferma a quel giorno. Non lo supererò mai».
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