Rischio sismico, ecco la consulenza choc: "Cemento impoverito nell'ospedale di Chieti"
Il documento inedito dell’ingegnere nominato dal tribunale: reparti costruiti con poco cemento e troppa acqua, rifarli costa milioni di euro
CHIETI. Più acqua, meno cemento, tanta sabbia. In Abruzzo gli ospedali si costruivano così. Il calcestruzzo impoverito fa risparmiare e guadagnare. Ma in caso di scossa, come quella di domenica scorsa, l'ospedale diventa un gigante d'argilla. Il policlinico di Chieti è un caso simbolo. Siamo venuti in possesso di un atto giudiziario importante. E' un documento inedito che certifica la fragilità dell’ospedale SS Annunziata, "sorvegliato speciale", già sottoposto a centinaia di carotaggi, per testare l'inconsistenza del calcestruzzo, a trasferimenti di reparti e pazienti. Ma l'atto che pubblichiamo fa toccare con mano la gravità della situazione. La frase chiave, che non fa dormire sonni tranquilli ai dirigenti Asl, è a pagina 72: «Realizzato con materiali scadenti».
L’ESPERTO. Chi ha scritto l’atto è un consulente incaricato dal tribunale di Chieti. Sono 89 pagine che svelano la vulnerabilità di undici piani con 500 posti letto, ambulatori, sale operatorie, malati e mille dipendenti. A firmare la consulenza è l'ingegnere pescarese Enrico De Acetis, nominato dal presidente del tribunale di Chieti, Geremia Spiniello, per "l'accertamento tecnico preventivo" che la Asl chiese nella causa contro costruttori e collaudatori del "gigante d'argilla". «È doveroso sottolineare che le strutture ospedaliere sono considerate edifici strategici», si legge nella perizia, «e devono rispondere ai requisiti sismici». Ma il primo punto che l'esperto chiarisce è quello della fragilità in caso di scossa
VULNERABILISSIMO. «E’ stata constatata la non rispondenza del nosocomio ai requisiti sismici di cui all'Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3274/2003, essendo la progettazione dell'opera risalente agli anni '70 e la stessa dunque non poteva tener conto delle prescrizioni dettate dalla successiva normativa sismica, anche in ragione del fatto che all'epoca della realizzazione della struttura ospedaliera, Chieti non era ricompresa tra le zone a rischio sismico». Il policlinico di Chieti non ha difese: il terremoto lo prenderebbe a cazzotti come un pugile con un bimbo.
OPERA ENORME. Trent’anni per costruirlo ma quando è stato aperto era già vecchio e vulnerabile nelle sue dimensioni enormi: i corpi A, B e C, tutti costituiti da 11 piani oltre ai torrini-scala e vani per ascensori ei montalettighe; il corpo D, costituito invece da 7 piani come lo è il corpo E. Infine il corpo F, costituito da 9 piani, il più fragile e malridotto anche se ospita Ginecologia, Ostetricia e Dialisi, dove i fori dei carotaggi sono disseminati sui muri interni ed esterni, ognuno con un numero. Siamo a quota 600, ma si arriverà a mille.
IL PASSAGGIO CRUCIALE. «Dalle indagini eseguite si rileva come la resistenza dei materiali (calcestruzzo) sia la criticità più rilevante, ai fini della sicurezza degli edifici e per la salvaguardia della vita delle persone». E ancora: «Dai risultati delle prove eseguite sui campioni prelevati in sito, si rileva che le resistenze ottenute sono assolutamente insufficienti ed inadeguate. È da considerare inoltre, in senso assoluto, che le criticità emerse sono dovute a patologie genetiche, ovvero le strutture in esame nascono con tali patologie dovute ad un utilizzo di materiali scadenti in fase esecutiva». Cioè calcestruzzo impoverito. E’ il j’accuse a chi specula sulla pelle dei malati.
E’ TOTALMENTE FUORILEGGE. «È da considerare come tali anomalie, ovvero scadente resistenza dei materiali, non siano compatibili con le condizioni di esercizio di una struttura ospedaliera», scrive il consulente che specifica: «Gli edifici "C" ed "F" oggetto di indagini peritali non sono in grado di assicurare la stabilità e la sicurezza strutturale e funzionale delle strutture nel loro complesso; garantire i livelli di sicurezza minimi, previsti dalle vigenti norme tecniche sulle costruzioni; prevenire ed evitare stati di danno a persone e beni», afferma l'ingegnere.
LA SOLUZIONE E’ UNA SOLA. «La stima dei costi degli interventi per i due edifici "C" ed "F" è di 37 milioni di euro». Una cifra enorme ma è solo un palliativo: «Dall'analisi degli ipotetici interventi, non si può prescindere che i medesimi, parziali a carico dei pilastri, non risolverebbero il problema della messa in sicurezza, in quanto gli interventi per gli edifici strategici», conclude De Acetis, «devono obbligatoriamente riguardare tutti gli elementi strutturali nel loro insieme e soprattutto tener conto della risposta globale degli edifici ad un evento sismico». L'ospedale d’argilla va rifatto da capo, questo è il verdetto.