Quattro mesi fa l’addio a “Rogantino”. Parla il papà: “Basta morire così, bisogna cambiare i controlli nel ciclismo”
All’inaugurazione del murales che Spoltore ha dedicato alla memoria di Simone, morto a 21 anni, Fabiano Roganti si appella alla Federazione: “Vanno pretesi esami più accurati”
SPOLTORE. «A Simone piaceva correre, il ciclismo era la sua vita, ma aveva anche altro: se non avesse potuto fare il corridore aveva altri sbocchi. Simone studiava, faceva l’università, sapeva che lo sport poteva andare bene o male. Due settimane prima di sentirsi male aveva fatto i controlli, però nessuno l’ha fermato». Simone non ha potuto scegliere, dice in sostanza Fabiano Roganti, papà del ciclista professionista morto a 21 anni per una patologia cardiaca il 30 agosto scorso in casa, a Villa Santa Maria di Spoltore. E per questo, a quattro mesi dalla tragedia che ha scosso il mondo sportivo e non solo, la famiglia di Rogantino, com’era chiamato il ragazzo, ieri ha rilanciato il proprio appello davanti al murales che gli ha dedicato la sua Spoltore: «Per chi fa sport servono controlli più mirati e approfonditi, bisogna cambiare le regole».
Un impegno che Fabiano Roganti, affiancato dalla moglie Alessandra, ha ribadito davanti a un centinaio di persone arrivate ieri anche da fuori regione per l’inaugurazione dell’opera realizzata dall’artista internazionale Antonello Piccinino, in arte Macs, sul muraglione del campo sportivo. Davanti al sindaco Chiara Trulli e a tutta l’amministrazione comunale, al comandante dei carabinieri Mauro Labricciosa e al comandante della polizia locale Panfilo D’Orazio, al presidente e al vice presidente della Federciclismo regionale, Mauro Marrone e Maurizio Formichetti e al responsabile provinciale Fausto Capodicasa, all’organizzatore del Trofeo Matteotti Stefano Giuliani, ai ciclisti Giulio Ciccone e Gaia Realini (con la quale la mattina dopo Simone aveva appuntamento per andare ad allenarsi a Passolanciano) Fabiano Roganti lo ha chiesto con tutto il suo dolore: «La prevenzione deve diventare una regola».
«Basta guardare quello che è successo qualche settimana fa al giocatore della Fiorentina Bove, che si è accasciato in campo», dice al Centro papà Roganti, che quella maledetta sera del 30 agosto tentò con tutte le sue forze a salvare il figlio in attesa dei soccorsi. «La scena di Bove l’ho vista in diretta mentre guardavo la partita, come non potevo pensare a Simone? Ma è solo la dimostrazione che bisogna intervenire e subito: la prevenzione non può essere fatta con una banale prova da sforzo, un elettrocardiogramma magari al 60 per cento delle possibilità dell’atleta che in quei cinque minuti neanche suda. Parlo per i ciclisti professionisti e non solo: prima di rilasciare un certificato medico va fatto un ecocuore, servono controlli del sangue mirati e obbligatori. Simone i controlli li aveva fatti due settimane prima a Siena, per un provino in una società sportiva, erano risultati valori molto elevati nel sangue, dei marcatori sballati, e gli hanno detto che doveva fare un po’ di riposo».
Adesso, se la tragedia poteva essere evitata lo stabilirà la Procura che sulla morte di Rogantino ha aperto un’inchiesta. Intanto però Simone, che sul muraglione del campo sportivo di Spoltore corre sulla sua amata bicicletta, diventa un monito per tutti. «L’ho scritto ai quattro candidati alla presidenza della Federciclismo nazionale», confida papà Fabiano, «a tutti ho chiesto l’impegno di cambiare le regole, di pretendere esami approfonditi prima di rilasciare un certificato. Vediamo cosa faranno. Noi in questa battaglia andremo comunque avanti. Lo dobbiamo a Simone».
Com’era, Simone? «Sempre sorridente, si è fatto voler bene da tutti», risponde il papà con la voce che siriempiedi emozione, «e la partecipazione di oggi lo testimonia. Per il contratto da professionista appena firmato era più contento per noi genitori, per gli amici, che per se stesso». Simone studiava Scienze motorie. Un piano B, se si fosse dovuto fermare, ce l’aveva già.
@RIPRODUZIONE RISERVATA