Sanitopoli, parla Angelini "Ricordo le tangenti a memoria"
«Io e mia moglie abbiamo ricostruito con la memoria i soldi che sono andati a Del Turco e quelli che abbiamo utilizzato per altro». Angelini è tornato sul banco dei testimoni per rispondere alle domande del legale di Del Turco
PESCARA. «Cosa avrei dovuto scrivere nella contabilità? Mazzette?». Perde subito la pazienza, Vincenzo Maria Angelini, imputato e parte offesa che prima di sottoporsi alle reiterate domande dell’avvocato di Ottaviano Del Turco aveva avvertito che sarebbe andato via alla pausa pranzo e che, arrivata l’una, ha chiuso il cerchio: «Chiamate un medico, non mi sento bene, io vado a casa, se volete continuare venite da me».
«TANGENTI A MEMORIA». A distanza di tre mesi - tra malattie e scioperi degli avvocati - l’ex patron di Villa Pini è tornato a sedersi al banco dei testimoni nel processo che il 14 luglio 2008 ha decapitato la giunta di Del Turco. Accompagnato dalla figlia Chiara Angelini che ha atteso il padre fuori dall’aula, l’imprenditore ha ripreso la testimonianza rispondendo, stavolta, alle domande di Gian Domenico Caiazza, l’avvocato che difende Del Turco, uno dei 27 imputati insieme allo stesso Angelini nel processo che ha cambiato la rotta della regione. «Allora, lei parla di 25 dazioni spalmate in due anni», esordisce Caiazza riferendosi alle tangenti. «Senza un documento riepilogativo come ha potuto ricostruire la loro cronologia?».
«Mi riporto a quanto riferito nell’incidente probatorio», risponde secco Angelini. «Noi abbiamo il diritto di chiarire alcuni aspetti che supponiamo siano frutto della sua fantasia», prosegue Caiazza. «I documenti bancari sui prelievi hanno in sè dei dati che possano ricollegarli alle dazioni?», insiste Caiazza. «Come può collegare i prelievi alle dazioni?», non molla il legale. E l’imprenditore si fa velenoso: «Avrei dovuto scriverci mazzette?» per, poi, spiegare: «Mi sono messo a piangere e con la memoria storica io e mia moglie abbiamo ricostruito i soldi che sono andati a Del Turco e quelli che abbiamo utilizzato per altro. L’ho fatto a memoria». Si entra nel cuore del processo quando nell’aula si prende a parlare, anche senza fare riferimento alle cifre, dei circa 5,5 milioni di tangenti che Angelini avrebbe pagato, tra il 2006 e il 2007, a Del Turco, al suo ex braccio destro Lamberto Quarta e all’ex capogruppo Pd Camillo Cesarone. Il legale di Del Turco sbuffa alle risposte dell’imprenditore, continua a chiedere ad Angelini come fa, nel mare magnum dei prelievi, a «dividere», «a distinguere» quelli «destinati a tangenti e quelli no». E il testimone, piccato dalle domande - «avvocato, io non sto ai suoi giochetti dialettici» - ripreso dal presidente del collegio Carmelo De Santis - «Angelini, deve rispondere» - ripete che la tangenti le «ha ricostruite a memoria». Una risposta che, finita l’udienza, lascia esterrefatto il legale di Del Turco perché, come dice, «è una risposta disperata sulla memoria e non è possibile che sia questo l’unico elemento di prova che abbia potuto destituire una giunta». Torna a galla, così, la credibilità di Angelini, quel racconto di tangenti affidato al pool della sanità formato dal procuratore capo Nicola Trifuoggi e dai pm Giampiero Di Florio e Giuseppe Bellelli: la parola di Angelini rafforzata dalle ricevute dei telepass dei viaggi a Collelongo per andare da Del Turco, dalle foto, dalla contabilità e dai testimoni, come le segretarie e l’autista dell’imprenditore, che in questa fase del dibattimento hanno raccontato di aver visto le tangenti.
PIERANGELI. Va via, Angelini, abbandona l’aula intorno all’una, dopo aver parlato per due ore anche delle ispezioni, di Luigi Pierangeli e delle trattative per la vendita di Villa Pini. «Le ispezioni fatte per Villa Pini sono state cucite su misura e il presidente dell’Aiop Pierangeli aveva un rapporto privilegiato con la giunta». Per chiosare, su Villa Pini: «Carlo De Benedetti voleva comprare Villa Pini pagandomi solo i debiti. Una proposta simpatica, l’avessi accettata visto come è stato poi bravo Del Turco a strangolarmi». Angelini, che nelle dichiarazioni spontanee aveva esordito dicendo di «soffrire di due patologie», si alza dal banco, lascia l’aula mentre il legale di Del Turco allarga le braccia sconcertato dall’atteggiamento: «Me ne vado». Il processo sanità torna, adesso, il 18 aprile.
«TANGENTI A MEMORIA». A distanza di tre mesi - tra malattie e scioperi degli avvocati - l’ex patron di Villa Pini è tornato a sedersi al banco dei testimoni nel processo che il 14 luglio 2008 ha decapitato la giunta di Del Turco. Accompagnato dalla figlia Chiara Angelini che ha atteso il padre fuori dall’aula, l’imprenditore ha ripreso la testimonianza rispondendo, stavolta, alle domande di Gian Domenico Caiazza, l’avvocato che difende Del Turco, uno dei 27 imputati insieme allo stesso Angelini nel processo che ha cambiato la rotta della regione. «Allora, lei parla di 25 dazioni spalmate in due anni», esordisce Caiazza riferendosi alle tangenti. «Senza un documento riepilogativo come ha potuto ricostruire la loro cronologia?».
«Mi riporto a quanto riferito nell’incidente probatorio», risponde secco Angelini. «Noi abbiamo il diritto di chiarire alcuni aspetti che supponiamo siano frutto della sua fantasia», prosegue Caiazza. «I documenti bancari sui prelievi hanno in sè dei dati che possano ricollegarli alle dazioni?», insiste Caiazza. «Come può collegare i prelievi alle dazioni?», non molla il legale. E l’imprenditore si fa velenoso: «Avrei dovuto scriverci mazzette?» per, poi, spiegare: «Mi sono messo a piangere e con la memoria storica io e mia moglie abbiamo ricostruito i soldi che sono andati a Del Turco e quelli che abbiamo utilizzato per altro. L’ho fatto a memoria». Si entra nel cuore del processo quando nell’aula si prende a parlare, anche senza fare riferimento alle cifre, dei circa 5,5 milioni di tangenti che Angelini avrebbe pagato, tra il 2006 e il 2007, a Del Turco, al suo ex braccio destro Lamberto Quarta e all’ex capogruppo Pd Camillo Cesarone. Il legale di Del Turco sbuffa alle risposte dell’imprenditore, continua a chiedere ad Angelini come fa, nel mare magnum dei prelievi, a «dividere», «a distinguere» quelli «destinati a tangenti e quelli no». E il testimone, piccato dalle domande - «avvocato, io non sto ai suoi giochetti dialettici» - ripreso dal presidente del collegio Carmelo De Santis - «Angelini, deve rispondere» - ripete che la tangenti le «ha ricostruite a memoria». Una risposta che, finita l’udienza, lascia esterrefatto il legale di Del Turco perché, come dice, «è una risposta disperata sulla memoria e non è possibile che sia questo l’unico elemento di prova che abbia potuto destituire una giunta». Torna a galla, così, la credibilità di Angelini, quel racconto di tangenti affidato al pool della sanità formato dal procuratore capo Nicola Trifuoggi e dai pm Giampiero Di Florio e Giuseppe Bellelli: la parola di Angelini rafforzata dalle ricevute dei telepass dei viaggi a Collelongo per andare da Del Turco, dalle foto, dalla contabilità e dai testimoni, come le segretarie e l’autista dell’imprenditore, che in questa fase del dibattimento hanno raccontato di aver visto le tangenti.
PIERANGELI. Va via, Angelini, abbandona l’aula intorno all’una, dopo aver parlato per due ore anche delle ispezioni, di Luigi Pierangeli e delle trattative per la vendita di Villa Pini. «Le ispezioni fatte per Villa Pini sono state cucite su misura e il presidente dell’Aiop Pierangeli aveva un rapporto privilegiato con la giunta». Per chiosare, su Villa Pini: «Carlo De Benedetti voleva comprare Villa Pini pagandomi solo i debiti. Una proposta simpatica, l’avessi accettata visto come è stato poi bravo Del Turco a strangolarmi». Angelini, che nelle dichiarazioni spontanee aveva esordito dicendo di «soffrire di due patologie», si alza dal banco, lascia l’aula mentre il legale di Del Turco allarga le braccia sconcertato dall’atteggiamento: «Me ne vado». Il processo sanità torna, adesso, il 18 aprile.
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