Spoltore, niente mutuo: imprenditore spara e si barrica

22 Gennaio 2013

Dieci ore di trattativa per far uscire Sborgia costruttore e titolare delle agenzie di scommesse Pakundo

SPOLTORE. Ha aspettato l’ora di uscita dei dipendenti, ha sparato due colpi di pistola in aria e si è asserragliato dentro l’ufficio della società immobiliare intestata alla moglie, la Pakundo immobiliare, in via Mare Adriatico, a Santa Teresa di Spoltore.

È iniziato così, pochi minuti prima delle 13, il giorno di ordinaria follia messo in atto da Marcello Sborgia, 54 anni, costruttore di Spoltore e imprenditore nel settore delle scommesse (15 agenzie sparse in tutto l’Abruzzo di cui non resta quasi più nulla) per portare alla ribalta la sua disperazione, la sua impotenza «contro la banca che mi ha bloccato il mutuo e non mi consente di ultimare gli appartamenti già venduti». Un mutuo da nove milioni di euro che Sborgia aveva chiesto e ottenuto per acquistare il sito e realizzare 72 appartamenti a Sambuceto, e che invece si è visto bloccare dall’istituto di credito del nord in cui era confluita parte della sua banca dopo aver già venduto sulla carta 68 abitazioni che, con i soli tre milioni ottenuti, non ha potuto completare. «È diventata una questione di dignità nei confronti di tutte quelli che mi hanno dato i loro risparmi», ha raccontato al Centro per telefono pochi minuti prima di consegnare la pistola ai carabinieri e di uscire, intorno alle 22,30. «Sono due anni che corro dietro ai funzionari che mi prendono in giro, soprattutto dopo le mie vicende giudiziarie, la mia è una battaglia civile per far sì che tutto quello che è accaduto a me non accada ad altri e che sia l’inizio, anche per i tantissimi imprenditori che non hanno il coraggio di rendere la cosa pubblica, di alzare la testa, di liberarsi dal giogo che ci impongono le banche e tutto il sistema che gli ruota intorno». Ha la voce stanca e disperata di chi sa, come lui stesso confida, «che per fare questo sto facendo soffrire tanta gente, ma è l’unica arma che ho».

Un’arma che Sborgia decide di sfoderare domenica sera, quando gli arriva l’ennesimo sms di un cliente che gli dice “sappi che hai in mano tutti i miei risparmi”: è la goccia che fa traboccare il vaso e che, poco dopo le sette di ieri mattina lo porta a scrivere sul suo profilo Facebook: «Buongiorno mondo, oggi sarà una giornta... particolarmente... Vediamo». L’allarme scatta pochi minuti prima delle 13. Sono gli stessi dipendenti a chiamare i carabinieri dopo i due colpi di pistola esplosi dentro l’ufficio dal datore di lavoro. Sul posto piombano i militari della stazione di Spoltore diretti dal maresciallo Silvio Tomassini e quelli del Nucleo operativo della compagnia di Pescara, tutti coordinati dal capitano Claudio Scarponi. È proprio Scarponi, come nei film americani, a portare avanti per quasi dieci ore la trattativa con Sborgia, nel tentativo di convincerlo a desistere in quella sua disperata protesta, facendo da tramite, via telefono e via mail, tra l’imprenditore e la banca, coadiuvato anche da un negoziatore arrivato dall’Aquila. A far paura è la pistola che l’imprenditore ha con lui, è la sua disperazione, sono le sue ardite richieste, di ottenere un incontro con l’amministratore delegato della banca, a rendere tutto particolarmente difficile. L’ufficio della Pakundo si trova nella zona laterale dell’edificio in cui insistono un negozio di abbigliamento, una tabaccheria e l’agenzia Snai che lo stesso Sborgia ha dovuto chiudere circa due mesi fa per revoca della licenza («nonostante avessi pagato tutti i debiti delle gestioni precedenti»). È lì davanti che si assiepano amici, familiari e conoscenti di Sborgia, che chiuso là dentro, oltre a dialogare con l’avvocato e le forze dell’ordine per telefono e mail, inizia a interloquire via facebook anche con quanti lo invitano a non fare sciocchezze. Ma l’uomo, sposato e padre di una figlia, è determinatissimo. La polizia municipale diretta da Panfilo D’Orazio in accordo con i carabinieri alle 16,30 decide di chiudere la statale da via Sangro fino alla circonvallazione (sarà riaperta solo dopo le 21). Nella palazzina di fronte, dall’altra parte della strada, vemgono fatte abbassare le persiane: in via precauzionale i carabinieri intendono così evitare che eventuali colpi esplosi dall’ufficio possano raggiungere chiunque si trovi in traiettoria. Decine sono i militari, in borghese, in divisa e con i giubbotti antiproiettile nella piazzola dove arrivano anche il sindaco Luciano Di Lorito e il vice sindaco Enio Rosini. A metà pomeriggio arriva anche la Mobile. La situazione è delicatissima mentre, alle 17,15, la trattativa telefonica con Sborgia si sposta all’interno della tabaccheria vicina. Ci sono la moglie Tiziana, il cognato, i cugini e l’avvocato che Sborgia a un certo punto chiede di far entrare nel suo ufficio. Ma i carabinieri dicono di no, deve uscire solo e disarmato, mentre dall’altra parte Sborgia punta i piedi. «Ho detto che non esco da qui se non mi chiama il direttore o l’amministratore delegato di questa banca, che si impegni personalmente a dire che mi daranno la possibilità di ultimare e consegnare gli appartamenti venduti», spiegava al Centro mentre, dall’altra parte, la banca gli proponeva un appuntamento a Roma per mercoledì pomeriggio. Sborgia non si fida, ma alla fine, alle 22,30, esce.

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