Stuprata dal branco a 17 anni, due indagati

2 Marzo 2025

Sono fratelli: uno è ancora minorenne. Gli abusi nello sgabuzzino di un palazzo in periferia. Ora è caccia ai complici

PESCARA. Violenza sessuale di gruppo pluriaggravata su una ragazzina di 17 anni. È la gravissima accusa dalla quale devono difendersi due fratelli pescaresi – uno ha 19 anni, mentre l’altro è ancora minorenne – per lo stupro che, secondo la denuncia della giovane, è avvenuto in città lo scorso 13 febbraio. Sono in corso ulteriori indagini per identificare gli altri autori degli abusi.

L’inchiesta è coordinata dal pubblico ministero Anna Benigni e condotta dal Gav, il gruppo anti violenza della Procura della Repubblica di Pescara che segue le vittime durante l’intero percorso giudiziario e attiva per loro tutti i servizi di sostegno (dai centri di accoglienza agli sportelli ospedalieri, fino all’assistenza psicologica e legale). Un fascicolo è stato aperto anche dalla Procura per i minorenni dell’Aquila. Per fissare tutte le coordinate dell’inquietante episodio può risultare determinante pure l’analisi degli smartphone sequestrati agli indagati: è caccia ai messaggi sui social, alle chat di Whatsapp e alle immagini contenute nelle memorie digitali.

In base alle contestazioni provvisorie, i due fratelli – con la complicità di altri soggetti – hanno teso una sorta di trappola a una diciassettenne che conoscevano, portandola nello sgabuzzino del palazzo in cui vivono, in una zona periferica di Pescara. In un primo momento, avrebbero fatto ubriacare la ragazzina, fino a provocarne uno stato di incapacità fisica e psichica. A quel punto, gli indagati avrebbero approfittato di lei, costringendola a compiere e subire atti sessuali. In questa fase dell’inchiesta, altri particolari non si conoscono.

Fatto sta che, qualche giorno fa, i carabinieri e i poliziotti che appartengono al Gav hanno raggiunto e perquisito l’abitazione del diciannovenne, alla ricerca di ulteriori prove per ricostruire la vicenda: gli investigatori gli hanno portato via il telefonino, che sarà passato al setaccio da un esperto.

Tanto per rendere l’idea della gravità degli addebiti, il reato formulato dal pubblico ministero è punito con la reclusione da otto a quattordici anni. Senza considerare le due aggravanti, vale a dire il fatto compiuto con l’uso di sostanze alcoliche e nei confronti di una persona non ancora maggiorenne. Ciascuna aggravante prevede l’aumento della pena di un terzo. Non è da escludere che, nelle prossime settimane, la procura chieda l’incidente probatorio, ovvero la fissazione di un’udienza in tribunale in cui ascoltare la vittima e cristallizzare prove – da utilizzare poi durante l’eventuale dibattimento – che l’incedere del tempo e il mutare di circostanze e luoghi possono mettere a rischio.

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