Tiroide, record di malati

7 Ottobre 2009

I medici: in Abruzzo aumentano i casi, servono più servizi

PESCARA. I dati sono eccezionali: 300 mila persone in Abruzzo sono affette da patologie della tiroide e oltre 50 mila hanno bisogno di controlli periodici e di cure. Sono i numeri di una malattia endemica che ha assunto le proporzioni di una epidemia.

Per gli endocrinologi a fare esplodere i disturbi della tiroide sono soprattutto le acque potabili troppo pure e con pochissimo iodio, l’eredarietà genetica che ha creato un susseguirsi di intere generazioni di malati, quando il «gozzo», ossia la proliferazione di noduli tiroidei con un rigonfiamento all’altezza della gola era scambiata non per malattia ma per un inestetismo, un difetto fisico che colpiva in particolare le donne, soprattutto nelle aree interne.

«I dati sulle malattie tiroidee in Abruzzo sono cifre rilevate dall’Istat», osserva la dottoressa Gaetana Parisi, responsabile del servizio di endocrinologia dell’ospedale di Pescara, «a seguire questa massa di pazienti siamo in Abruzzo complessivamente una ventina di medici. Una situazione difficile e delicata dal punto di vista della diagnosi e della terapia. I disturbi endocrini non riguardano solo la tirodie, ma ci sono le malattie del surrene, delle gonadi, ipofisarie, delle ovaie e dei testicoli. Sono in forte aumento problemi di fertilità e di ciclo mestruale, i problemi di desiderio sessuale. In Abruzzo poi aumentano anche i tumori relativi ai disturbi della tiroide. Tutto questo dimostra che dobbiamo intervenire con più mezzi e persone».

Le forze mediche in campo sono poche e lo dimostrano i numeri. A Pescara un solo endocrinologo per circa 5 mila pazienti, a Chieti, dove esiste un centro di eccellenza regionale, ci sono due endocrinologi e uno staff di cinque medici; all’Aquila c’è l’unico reparto di degenza con sette medici. A Teramo i medici sono due.

«Nella sanità è giusto evitare sprechi e non pesare sulle tasche dei cittadini», osserva la dottoressa Parisi, «ma è altrettanto giusto dare ai pazienti assistenza e servizi migliori. Per questo chiediamo un maggiore impegno alla Regione nel Piano sanitario per stroncare questa malattia endemica. Il problema è nella eccezionaliotà dei numeri», prosegue la Parisi, «si tratta di disturbi che vanno controllati per non incappare negli anni in malattie gravissime e mortali. Nei decenni passati il cosiddetto gozzo, che è una tiroide ingrossata con dei noduli, non era considerata una malattia. Oggi, invece, con i nuovi strumenti diagnostici abbiamo capito che è una patologia che va seguita in modo costante anche per le tante implicazioni, come le tiroiditi auto-immuni, o altri disturbi che spesso vengono scambiati per allergie e forme di intolleranza alimentari. Una parte dei 300 mila cittadini affetti da patologie tiroidee hanno bisogno non solo di controlli ma anche di interventi sui noduli sospetti, e calcoliamo che circa 50 mila persone hanno bisogno di controlli costanti e interventi terapeutici».

In questi anni sono stati accertati anche i motivi per il quali l’Abruzzo ha il primato di malattie tiroidee. «E’ una carenza di iodio dovuta all’aqua che beviamo. In Abruzzo nelle acque c’è pochissimo iodio, e quella che assorbiamo dall’aria marina non basta», spiega la dottoressa Parisi, «poi ci sono i fattori genetici. Unica soluzione, ma che non vale per tutti, è aggiungere agli alimenti sale iodato. Dove è stato fatto la malattia si è ridotta. In Abruzzo abbiamo bisogno dell’aiuto dei medici di famiglia che sappiano individuare la malattia e seguire il paziente».
Per fare il punto della particolare situazione abruzzese si terrà il 5 dicembre a Pescara un convegno nazionale.
Tra i promotori e relatori il dottor Amleto Nepa, endocrinologo presso l’ospedale Renzetti di Lanciano.

«I dati non sono confortanti», spiega il dottor Nepa, «abbiamo la metà delle donne che hanno superato i 40 anni affette da patologie nodulari della tiroide. Bisogna evitare inutili allarmismi ma bisogna anche capire su quali pazienti è necessario intervenire e quali possono essere solo controllati nel tempo. A scatenare i disturbi sono più fattori, di certo la carenza iodica, lo iodio assunto dall’acqua e dagli alimenti non basta. In Abruzzo bisogna anche tener conto dei fattori genetici. L’ampiezza dei numeri, le richieste di visite e controlli che sono in costante aumento rendono necessario studiare i noduli tiroidei, la loro evooluzione, ed intervenire su quelli sospetti. Ma per fare questo bisogna potenziare le strutture, con più servizi e personale medico».