Truffa a Lady Bmw, 7 anni e mezzo a Barretta
Non cambia il verdetto in appello per l’imprenditore di Pesco, confermata l’assoluzione dei familiari
PESCARA. Non cambia il verdetto in appello per Ernani Barretta, l’imprenditore di Pescosansonesco condannato dai giudici aquilani a sette anni e sei mesi per le truffe a donne tedesche facoltose, tra cui quella da sette milioni a Lady Bmw, all’anagrafe Susanne Klatten. La corte presieduta da Fabrizia Francabandera ha confermato la sentenza di condanna di primo grado e dopo oltre tre ore di camera di consiglio ha però rigettato l’appello del pm Gennaro Varone – titolare dell’inchiesta – contro le assoluzioni degli altri componenti della famiglia Barretta che, quindi, anche in secondo grado sono stati ritenuti estranei all’inchiesta: sono i figli dell’imprenditore Clelia e Marcello Barretta, la moglie Beatrice Batschelet, Franziska Gabriela Sgarbi, moglie di Helg Sgarbi – il gigolò svizzero – e le dipendenti del rifugio Valle Grande di Pescosansonesco Prisca Furger e Sandra Fabbro.
Finirà in Cassazione il processo che ruotava attorno a presunti ricatti a luci rosse e che aveva portato nell’aula del tribunale di Pescara, tra imponenti misure di sicurezza, la maggiore azionista della Bmw. In secondo grado, così come in primo, l’imprenditore del piccolo centro sconvolto nel 2008 da un’invasione di poliziotti italiani e tedeschi, resta accusato di aver architettato un raggiro in cui il ruolo del seduttore spettava a Helg Sgarbi, il gigolò svizzero già condannato a sei anni di reclusione in Germania. Un reato, quello della truffa aggravata, che l’avvocato di Barretta Sabatino Ciprietti aveva cercato di demolire nell’arringa difensiva al tribunale di Pescara facendo leva sui due diversi mondi, quello «del contadino Barretta» e quello «dell’ottava donna più ricca del mondo», quello di «una potenza economica» e quello di «un imprenditore emigrato». Secondo il pm, Barretta, insieme alla famiglia, organizzava il piano per agganciare le donne tedesche e il gigolò le seduceva per ricattarle, poi, con la minaccia di diffondere i filmati dei rapporti. Ma già in primo grado era caduta per tutti i sette imputati – quasi tutti difesi da Ciprietti e uno da Melania Navelli – l’accusa di associazione per delinquere e Barretta non era stato più ritenuto il capo dell’organizzazione che agganciava donne facoltose tedesche per estorcerle denaro ma era stato condannato per le truffe.
Nella sentenza in appello di ieri è stato revocato il decreto di sequestro preventivo per alcuni immobili e auto degli assolti, mentre è stato confermato il maxi risarcimento che sfiora i dieci milioni che Barretta dovrà pagare alle tre donne tedesche, tra cui la maggiore azionista della Bmw, parti civili nel processo. (p. au.)
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