Tu chiamale se vuoi... emergenze
Ha ancora senso parlare di emergenze per le tempeste che, con frequenza sempre più preoccupante, colpiscono questa regione? Secondo noi no: non ci vuole uno scienziato per prendere atto che il clima è cambiato e che fortunali con raffiche di vento ben superiori ai 100 chilometri all’ora non sono più un evento straordinario. Ergo: urge attrezzarsi, per evitare che si ripeta quanto è accaduto il 5 marzo, quando 147 mila famiglie abruzzesi (stima per difetto) sono rimaste senza luce.
Ormai sappiamo che sopravvivere senza corrente è molto difficile: salta praticamente tutto, a cominciare dal riscaldamento, con conseguenze immaginabili per la salute di anziani e bambini. Eppure chi gestisce le reti che devono portare la luce nelle case è terribilmente impreparato, come ha fatto intendere lo stesso ministro Federica Guidi riferendo in Parlamento del black-out abruzzese: «...è innegabile che occorre agire per rafforzare la capacità di risposta in simili situazioni, ma soprattutto per evitare che simili situazioni, che negli ultimi due anni hanno interessato... anche altre aree del Paese, possano ripetersi», ammette la responsabile dello Sviluppo Economico, «ciò significa analizzare criticamente l’assetto del sistema di servizio, con particolare riferimento alle aree interne o più a rischio dal punto di vista meteo...». Peccato che quattrini per intervenire ce ne siano pochi: a precisa domanda, Terna ha fatto sapere di avere due milioni l’anno per un quinquennio, mentre l’Enel non ha ancora fatto cifre.
Ma si può andare avanti in questo modo, con i manicotti di ghiaccio che si formano sui conduttori non appena nevica e i pali della luce che si piegano a terra quando le folate di vento superano la media? O è forse il caso, come fanno i marinai saggi, di rinforzare gli ormeggi prima della tempesta? Enel e Terna devono presentare a stretto giro di posta un programma di intervento per affrontare quel che è ormai una spiacevole normalità. Da non chiamare più emergenza.
Buona domenica a tutti.