la guerra del cemento

Una piazza per il quartiere dimenticato

L’appello del parroco di via Sele: «Mancano spazi per i cittadini»

MONTESILVANO. Quattro anni fa, dal pulpito della sua chiesa, tuonò contro la legge dei due pesi e delle due misure. Quella che dava ai potenti la possibilità di edificare ovunque e non accordava ai cittadini senza qualche conoscenza il permesso a costruire una casa su un fazzoletto di terra di proprietà. «Non era la denuncia della cementificazione del territorio, come qualcuno disse: era peggio» ricorda don Tonino Di Tommaso, vulcanico parroco di Santa Maria Madre della Chiesa, parrocchia di nuova costruzione sorta una decina d’anni in via Sele. Da allora, il sacerdote che sperava di veder nascere una piazza nel quartiere che un tempo era Villa Verlengia, ai confini con Pescara, ha seguito con occhi disincantati la crescita di nuovi palazzi, senza che un solo spazio pubblico facesse da contrappeso al cemento. Ma la piazza, quella, dice, è indispensabile. «Non so se abbiano mai fatto un piano regolatore seriamente» osserva don Tonino da dietro la scrivania ingombra di libri e appunti, mentre attraverso la porta aperta si vede il via vai di stranieri in attesa davanti alla porta della Caritas.

La piazza, in realtà, nel Prg c’era, si trovava proprio di fronte alla nuova chiesa, dove fino a cinque anni fa esisteva un terreno privato che il piano aveva destinato a spazio pubblico. È stato qui che per anni, fino al 2003, la parrocchia ha organizzato la sagra dei Sapori d’Abruzzo, festa di auto-finanziamento per pagare i debiti fatti per costruire il nuovo edificio di culto. «Qui doveva nascere la piazza, invece il terreno è stato acquistato da un imprenditore ed ecco due palazzi» osserva il sacerdote. Pagati i creditori, la festa della parrocchia non aveva più ragione d’esistere, ma avrebbe potuto proseguire se solo ci fosse stato un posto dove farla. Che però non c’era più. «È necessario uno spazio dove la gente del quartiere possa organizzare e partecipare a una manifestazione, così come serve un nuovo parcheggio. Qui, quando c’è un matrimonio o un funerale, la gente non sa dove lasciare la macchina».

L’area, secondo don Tonino, esiste. È il terreno alle spalle della chiesa, che si affaccia sulla strada parco e che il Prg destina a verde pubblico. Oggi è una sorta di parco spoglio, punteggiato da una manciata di alberi, senza attrezzature, né aiuole o panchine, con un prato chiazzato e secco appena tagliato. «Questa è la periferia della periferia, i giovani qui non hanno luoghi di aggregazione. Avevano costruito il PalaRoma: doveva essere per il quartiere e invece bisognava pagare per entrare. Poi è crollato, ed è rimasto così». Don Tonino chiede maggiore collaborazione tra le parrocchie e l’amministrazione: «Noi non siamo in contrapposizione, né in sostituzione del Comune» dice. Invece niente. «Non abbiamo mai avuto neppure un contributo alle spese per il pullman che ogni estate porta gli anziani alle terme di Popoli, solo un piccolo aiuto quest’anno dalla Provincia» fa don Tonino. Poi torna alla fila fuori dalla porta.