Vasto, omicidio premeditato: Di Lello rischia l’ergastolo
La procura: un amico ha avvisato Di Lello al telefono “Vieni, Italo è qui”. I genitori della vittima davanti alla bara: «Non è il momento di perdonare»
VASTO. Ore 16,10 di mercoledì. Fabio Di Lello è a Cupello quando riceve una telefonata. Subito dopo, lo vedono che si agita mentre sale in macchina. Ore 16,20: Italo D’Elisa è davanti al bar di via Perth. Parla al cellulare con il padre Angelo. Ore 16,30, Fabio fredda con tre colpi calibro 9 il ragazzo che ha investito e ucciso a luglio la moglie Roberta Smargiassi. Per la procura di Vasto è omicidio premeditato. A spingere il procuratore, Giampiero Di Florio, a contestare l’aggravante che può costare l’ergastolo, è proprio quell’ultima telefonata che agita Di Lello e lo fa risalire in macchina, armato, per correre da Cupello a Vasto. La pistola l’ha acquistata un mese dopo la morte di Roberta. A dicembre ha donato i suoi beni. Ma non basta per contestargli la premeditazione dell’omicidio. L’aggravante, decisa nelle ultime 24 ore, arriva dai tabulati del telefonino sequestrato all’assassino. Che portano la procura a ipotizzare la presenza di un informatore: un amico che avrebbe telefonato a Di Lello per dirgli: «Vieni, Italo è qui». La novità sostanziale dell’inchiesta arriva alla vigilia dell’interrogatorio dell’omicida e dei funerali della vittima.
NIENTE PERDONO «Non è il momento del perdono». Una mano sulla bara bianca del figlio. Angelo D’Elisa è distrutto dal dolore. La moglie non riesce a fermare le lacrime. È questa la risposta alla richiesta di perdono arrivata dai genitori di Fabio Di Lello. Michelina, la madre di Fabio, si lascia sfuggire: «Non credevo che potesse arrivare ad uccidere. Noi avevamo paura che potesse uccidersi lui». Oggi, ai funerali che verranno celebrati alle 10,30 nella parrocchia della Madonna del Sabato Santo, la famiglia Di Lello omaggerà la vittima con una corona. Ma i D’Elisa non vogliono parlare di perdono. «Ora basta parlare. Perdono? Fra qualche giorno vedremo. Siamo disposti, ma vogliamo anche giustizia», dice Andrea D’Elisa, zio della vittima. Subito dopo l’omicidio del figlio il papà Angelo si era sfogato e ieri lo ha ripetuto davanti alla bara. «L’unica cosa che dovevano fare, Italo e Fabio, era incontrarsi. Parlarsi, abbracciarsi e piangere insieme. Avrebbero chiarito. Insieme avrebbero cancellato questa maledetta campagna d’odio che ha seppellito mio figlio. Hanno ucciso un ragazzo morto. Italo è morto due volte». La famiglia D’Elisa, appena la salma del figlio è tornata da Chieti (dove è stata eseguita l’autopsia) all’obitorio dell’ospedale di Vasto, è stata raggiunta dal sindaco, Francesco Menna e dall’ex sindaco, Luciano Lapenna. Papà Angelo sulla bara bianca ha fatto sistemare la divisa della protezione civile. « Era orgoglioso di avere fatto parte della protezione civile ed era addolorato per essere stato allontanato dopo l’incidente. Italo è morto la stessa sera di Roberta», ha ripetuto l’uomo. «L’opinione pubblica e chi ama la giustizia sommaria lo hanno distrutto, insultato, minacciato. Italo stava male. Lui sì, che sperava tanto nel perdono», dice lo zio Andrea.
LA CASA DONATA «Stiamo eseguendo delle indagini e, dagli accertamenti, emerge che Di Lello, con un atto notarile del 1° dicembre, ha donato la propria casa ai genitori. Possibile che questo passaggio non abbia insospettito il padre e la madre? Possibile che non si siano chiesti perché un figlio dona tutto ai genitori? In genere accade il contrario», dice l’avvocato Pompeo Del Re, legale della famiglia D’Elisa. Per il legale della vittima sono azioni che denunciano la premeditazione. Così come il possesso della pistola con cui ha ucciso, custodita nell'auto. Ed è la stessa conclusione a cui è arrivata la Procura, convinta che Di Lello avesse teso un agguato a Italo D’Elisa. Lo ha aspettato per ucciderlo. Per i genitori di Fabio Di Lello non è così. La mamma teme che possa compiere una sciocchezza e anche la donazione della casa è stata interpretata come il gesto di qualcuno che ha più voglia di vivere. Fabio aveva confidato a più di un amico che avrebbe voluto raggiungere la sua Roberta.
I GENITORI DI ROBERTA Non sono meno addolorati i genitori della ragazza. «Avrei voluto morire io al posto di mia figlia. Ma non è la vendetta che la riporta in vita», ha detto il papa Nicolino Smargiassi. Oggi è il giorno del funerale di Italo. Il giorno del dolore.