Zupo: «Ecco il tesoro dei rom»
Pescara, in due anni la polizia ha confiscato beni per 7 milioni di euro.
PESCARA. Sette milioni di euro. È il valore dei beni che la squadra Mobile ha confiscato ai rom di Pescara in due anni. Ville, automobili e soldi acquisiti con le estorsioni e l’usura in passato, con i furti e il traffico di stupefacenti oggi. «Con la droga i rom hanno costruito un tesoro», spiega Nicola Zupo. «Aggredire i patrimoni è la tecnica di contrasto più efficace, anche più del carcere». Dopo i tragici fatti di Alba Adriatica, con l’uccisione di Emanuele Fadani e le notti di violenza, la questione rom è tornata al centro dell’attenzione. La comunità pescarese è una delle più importanti in Abruzzo. Si sono insediati in città negli anni’70 e da sempre sono protagonisti di molti episodi criminali. Negli ultimi anni le forze dell’ordine, in particolare la squadra mobile della Polizia, ha sferrato un attacco tanto alle persone, quanto ai loro patrimoni.
Il punto di partenza è questo: per i rom perdere i soldi è peggio che perdere la libertà. «Prima o poi dal San Donato esci, con la confisca manca il denaro e tutto il resto crolla», sottolinea il capo della mobile Nicola Zupo. Gli zingari temono non solo di perdere i soldi necessari per proseguire le attività illecite. Con le confische vengono meno gli status symbol a cui i rom pescaresi sono molto legati. «Vivono nel culto dell’appariscenza», conferma l’ispettore Nicola Sciolé. «Macchine e ville sono una parte essenziale del loro modo di vivere e di essere nella società». E spesso il lusso ostentato è una trappola. «Le indagini partono dalla verifica delle denunce dei redditi presentate negli ultimi 5 anni», spiega Zupo. «Se dichiarano di non avere nulla, ma acquistano case e auto, significa che qualcosa non va.
Noi raccogliamo prove per dimostrare che i soldi che spendono sono da collegarsi ad attività criminali. Se ci riusciamo, si applica anche ai rom la normativa prevista per le associazione mafiose e scatta la confisca del bene, anche se è intestato a un familiare o a un prestanome». Negli ultimi due anni la Mobile ha raccolto prove che hanno portato a confiscare beni per 7 milioni di euro. L’operazione più importante è stata chiamata “Leggenda metropolitana”. Le confische sono state eseguite in più fasi. Nella quarta trance, l’11 marzo scorso, a Pescara e a Montesilvano vennero confiscate due ville del valore di 800 mila euro. I risultati più importanti sono stati ottenuti nel primo blitz, che risale al 2007. In una sola operazione vennero confiscati beni per quasi 3 milioni di euro.
Alle confische si è arrivati al termine di indagini lunghe e delicate. «Nel pescarese operano diverse famiglie: i più noti sono gli Spinelli, insediati sia a Pescara, sia a Montesilvano», spiega il commissario Giancarlo Totaro. «Per arrivare ai beni da confiscare dobbiamo ricostruire tutti i legami familiari e risalire al ceppo iniziale». I vincoli parentali sono la forza dei rom. «In genere non sono dei criminali con uno spessore elevato», aggiunge il commissario. «La loro forza è il gruppo. Quando operiamo sul territorio e fermiamo un rom, in pochi minuti siamo circondati dai suoi familiari». E la famiglia non serve solo ad aggredire le forze dell’ordine, ma soprattutto a delinquere. «Quando arrivano i carichi di droga, a custodirli nelle case ci sono donne e bambini», spiega Sciolè. «Servono da copertura per gli uomini che gestiscono i traffici. Se arriva il blitz in cella ci finiscono le mogli, mentre loro continuano a delinquere». Altra fonte di guadagno sono i furti.
I rom sono i principali accusati per i colpi negli appartamenti, ma non disdegnano le opere d’arte e spesso raggirano gli anziani. «Anche in quest’ultimo caso ad agire sono le donne», prosegue Totaro. «Sono loro ad esempio a bussare alle porte dei pensionati: si spacciano per dipendenti di enti pubblici, entrano nelle abitazioni e poi prendono gioielli e denaro». «Contrastare i rom non è facile, anche con strumenti avanzati come le intercettazioni», conclude Zupo. «Parlano un dialetto chiamato Romanì ed è difficile, se non impossibile, trovare un interprete. Sono forti e sono organizzati, dobbiamo sempre tenere alto il livello di guardia».
Il punto di partenza è questo: per i rom perdere i soldi è peggio che perdere la libertà. «Prima o poi dal San Donato esci, con la confisca manca il denaro e tutto il resto crolla», sottolinea il capo della mobile Nicola Zupo. Gli zingari temono non solo di perdere i soldi necessari per proseguire le attività illecite. Con le confische vengono meno gli status symbol a cui i rom pescaresi sono molto legati. «Vivono nel culto dell’appariscenza», conferma l’ispettore Nicola Sciolé. «Macchine e ville sono una parte essenziale del loro modo di vivere e di essere nella società». E spesso il lusso ostentato è una trappola. «Le indagini partono dalla verifica delle denunce dei redditi presentate negli ultimi 5 anni», spiega Zupo. «Se dichiarano di non avere nulla, ma acquistano case e auto, significa che qualcosa non va.
Noi raccogliamo prove per dimostrare che i soldi che spendono sono da collegarsi ad attività criminali. Se ci riusciamo, si applica anche ai rom la normativa prevista per le associazione mafiose e scatta la confisca del bene, anche se è intestato a un familiare o a un prestanome». Negli ultimi due anni la Mobile ha raccolto prove che hanno portato a confiscare beni per 7 milioni di euro. L’operazione più importante è stata chiamata “Leggenda metropolitana”. Le confische sono state eseguite in più fasi. Nella quarta trance, l’11 marzo scorso, a Pescara e a Montesilvano vennero confiscate due ville del valore di 800 mila euro. I risultati più importanti sono stati ottenuti nel primo blitz, che risale al 2007. In una sola operazione vennero confiscati beni per quasi 3 milioni di euro.
Alle confische si è arrivati al termine di indagini lunghe e delicate. «Nel pescarese operano diverse famiglie: i più noti sono gli Spinelli, insediati sia a Pescara, sia a Montesilvano», spiega il commissario Giancarlo Totaro. «Per arrivare ai beni da confiscare dobbiamo ricostruire tutti i legami familiari e risalire al ceppo iniziale». I vincoli parentali sono la forza dei rom. «In genere non sono dei criminali con uno spessore elevato», aggiunge il commissario. «La loro forza è il gruppo. Quando operiamo sul territorio e fermiamo un rom, in pochi minuti siamo circondati dai suoi familiari». E la famiglia non serve solo ad aggredire le forze dell’ordine, ma soprattutto a delinquere. «Quando arrivano i carichi di droga, a custodirli nelle case ci sono donne e bambini», spiega Sciolè. «Servono da copertura per gli uomini che gestiscono i traffici. Se arriva il blitz in cella ci finiscono le mogli, mentre loro continuano a delinquere». Altra fonte di guadagno sono i furti.
I rom sono i principali accusati per i colpi negli appartamenti, ma non disdegnano le opere d’arte e spesso raggirano gli anziani. «Anche in quest’ultimo caso ad agire sono le donne», prosegue Totaro. «Sono loro ad esempio a bussare alle porte dei pensionati: si spacciano per dipendenti di enti pubblici, entrano nelle abitazioni e poi prendono gioielli e denaro». «Contrastare i rom non è facile, anche con strumenti avanzati come le intercettazioni», conclude Zupo. «Parlano un dialetto chiamato Romanì ed è difficile, se non impossibile, trovare un interprete. Sono forti e sono organizzati, dobbiamo sempre tenere alto il livello di guardia».