Rigopiano, mappa mai fatta: sequestri negli uffici regionali
Nuovo fronte d’indagine per disastro colposo: una legge del 1992 introdusse l’obbligo del piano slavine. Mai arrivato. Carabinieri all'ufficio prevenzione rischi
L’AQUILA. Sotto sequestro 25 anni di documenti per una Carta del rischio valanghe mai approvata. Ieri, nell’inchiesta sulla tragedia di Rigopiano con 29 morti, i carabinieri forestali di Pescara si sono presentati all’Aquila, nell’ufficio Prevenzione rischi della Protezione civile della Regione Abruzzo. E hanno portato via decine di verbali. A partire da una legge regionale fantasma, la numero 47 del 1992: approvata per «l’accertamento dei pericoli e dei rischi da valanga» in Abruzzo e «la salvaguardia della pubblica e privata incolumità» ma dimenticata. Questo l’obbligo (mai rispettato) introdotto dalla legge 47: con un fondo di 300 milioni di vecchie lire, la Regione avrebbe dovuto stilare una mappa (1 a 25 mila) con le aree «che presentano pericoli potenziali di caduta di valanghe». Ma quella legge è rimasta lettera morta: nel 1993, in una riunione del Comitato tecnico regionale per lo studio della neve e valanghe (Coreneva), si sollecitò la redazione della perimetrazione del rischio valanghe entro 20-30 giorni ma non se ne fece niente. Una beffa perché l’iter è ripartito solo dopo la tragedia. Ne hanno parlato anche gli avvocati del Comune di Farindola in una conferenza stampa tenuta a Pescara. CLICCA QUI per vederla.
A distanza di 25 anni, quei 23 articoli di legge diventano il primo tassello di una nuova fase dell’inchiesta su Rigopiano: dopo le prime contestazioni di omicidio colposo e lesioni per 6 indagati, si apre un fronte bis che riguarda il reato di disastro colposo e che potrebbe portare a nuovi indagati.
I sequestri di ieri sono figli di un esposto presentato dal Forum H2O che ha denunciato la presunta «omissione» della Regione già 7 giorni dopo la valanga che si è abbattuta sull’albergo di Farindola.
Ma cosa sarebbe potuto succedere se quella legge regionale fosse stata rispettata? L’area di Rigopiano avrebbe potuto essere inserita in due differenti fasce di rischio: «prima categoria», con un «rischio permanente e non eliminabile» e un vincolo di inedificabilità, o «seconda categoria» con un «rischio che può essere sufficientemente ridotto o eliminato con adeguate opere o interventi di prevenzione». Significa che l’hotel Rigopiano sarebbe potuto non esistere - sorto nel 1967 e poi chiuso per lungo tempo, fu riaperto nel 2008 dopo il restauro - o che avrebbe dovuto avere dei paravalanghe. Però quella legge morì sul nascere. E ora, coordinati dal pm Andrea Papalia, i carabinieri forestali vogliono capire perché non è stato fatto niente.
Acquisiti anche gli atti sul Catasto delle valanghe, cioè un elenco storico dei fenomeni: la prima delibera risale al 2002, nel 2006 fu affidato l’incarico a un’azienda che svolse la commessa in 4 mesi, ma l’iter è rimasto sospeso fino al 2014 quando la giunta Chiodi ha approvato il Catasto. È un documento da cui emerge che tra il 1999 e il 2005 si sono verificate tre slavine a poca distanza dal resort; se si allarga l’area tra Farindola e il paese confinante Arsita le valanghe salgono a 10 negli stessi 6 anni.
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