La coppia passeggia sulla sponda rocciosa del fiume Orta. Ci sono anche i bambini

Scerni, tragedia nel fiume: «Silvia e Giuseppe ignari dei pericoli»

L’immagine scattata dalla sorella della donna mostra la coppia con i bambini sulle rive dell'Orta: i familiari vanno in Procura

SCERNI . Il dolore è ancora lacerante, ma altrettanto grande è il desiderio di verità e giustizia. Le famiglie di Silvia D’Ercole e Paride Pirocchi, per tutti Giuseppe, la coppia morta tragicamente il primo maggio annegando nel fiume Orta a Caramanico, respinge l’ipotesi della tragica fatalità. Il legale di famiglia, l’avvocato Arnaldo Tascione, ha presentato una denuncia alla Procura generale dell’Aquila ipotizzando la responsabilità di chi avrebbe dovuto segnalare la pericolosità di un luogo costato già in passato la vita a tre studenti. «La tragedia del fiume Orta, che ha portato via i genitori a due bambini di 8 e 5 anni, ripropone il problema irrisolto della carenza di cautele preventive contro il rischio di morte nelle zone turistiche di straordinaria pericolosità», dice il legale.

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IL SOPRALLUOGO. Questa mattina è in programma l’incidente probatorio. Alle 9 ci sarà un sopralluogo, da parte del collegio di periti nominati dall’avvocato Tascione, nel luogo dell’incidente per cristallizzare la situazione dei luoghi e rilevare l’assenza di segnaletica e di cautele. «È ingiustificabile che nel terzo millennio persista, da parte dei soggetti garanti tanta trascuratezza e non si trovi un rimedio al pericolo, in luoghi prossimi alle rapide del fiume e disseminati di insidie letali difficilmente percettibili», dice il penalista.
IL PRECEDENTE. Il 19 marzo del 1997 tre giovani, durante una escursione per motivi di studio a Caramanico, persero la vita in un incidente molto simile a quella accaduto il primo maggio a Silvia D’Ercole e Giuseppe Pirocchi. Venti anni fa le vittime erano studenti della facoltà di Architettura di Pescara: Eva Giuliani (28 anni, di San Severo), Lucia Capocchiano (29 anni, di Foggia) e Marco Antonio Florio (27 anni, anche lui di Foggia). I tre studenti con altri ragazzi dovevano compiere ricerche, ma vennero trascinati via dalle correnti.
LE PROVE DELLO ZIO DI SILVIA. Il giorno della tragedia con Silvia e Giuseppe c’erano una sorella e una nipote di lei, i figli della coppia e un cognato. Il loro racconto è ben diverso da quello che è stato detto a caldo. Silvia non stava scattando nessuna foto. «In questa foto che mi ha dato lo zio di Silvia e che è stata scattata dalla nipote Angela qualche istante prima che Silvia scivolasse (e che il Centro pubblica a destra), si vede benissimo il tranquillo quadro familiare con Giuseppe che tiene il figlio minore per mano e a poca distanza il figlio maggiore», spiega l’avvocato Tascione. Una foto straziante per la famiglia. Donato D’Ercole, ex primo cittadino di Scerni e zio delle vittime, insiste. «Non deve passare il messaggio dell’imprudenza e del selfie», dice, «in quel luogo mancano cartelli. Non c’è nessun preavviso del pericolo che si corre e abbiamo tutti i documenti per dimostralo. Silvia e Giuseppe non si sono avventurati in una zona vietata. Non lo avrebbero mai fatto con due bambini. Nessuna autorità preposta ha segnalato la situazione di pericolo. Mia nipote e il compagno non si sono certo avventurati in zona proibita».
I FIGLI. Il desiderio di stabilire la verità è maggiore in considerazione del fatto che la tragedia ha lasciato orfani due bambini: «Quei piccoli devono sapere che i loro genitori non hanno compiuto alcuna imprudenza. Stavano trascorrendo con loro un giorno di vacanza convinti di trovarsi in un luogo sicuro». L’avvocato Tascione cercherà di dimostrare le presunte omissioni risultate fatali ai due giovani di 32 anni. «È importante fare emergere la verità affinché non ci siano in futuro altre tragedie», conclude il legale della famiglia.
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