Eusebio Di Francesco nella redazione del Centro

IL PALLONE SECONDO EUSEBIO

Di Francesco: regole e mentalità vincente. È questo il mio calcio 

«Ricevere il grazie della gente a Roma è l’emozione più bella. Il nostro obiettivo è quello di essere ancora più protagonisti»

PESCARA. Sorridente e sempre positivo. Carico e ritemprato dall’affetto dei cari e degli amici. Eusebio Di Francesco, 48 anni, sta per iniziare la seconda stagione alla guida della Roma. Sono le ultime ore di vacanze a Pescara e poi quello che può essere definito l’ambasciatore dello sport abruzzese da oggi sarà nella Capitale, perché domenica sera inizierà ufficialmente il ritiro dei giallorossi. Prima di ripartire, eccolo al Centro dove ha trascorso qualche ora in redazione per chiacchierare di calcio.

Di Francesco, riparte dal terzo posto in classifica, dalla semifinale di Champions e, soprattutto, dopo aver riconquistato il pubblico giallorosso.
«Mi fa piacere, anzi sono orgoglioso di andare in giro e di ricevere il grazie della gente. Significa aver riportato entusiasmo e senso di appartenenza. Che devono essere un punto di ripartenza. Vogliamo fare meglio, anche se sappiamo che ci sono anche gli avversari. Si può migliorare attraverso gli atteggiamenti, il lavoro e la mentalità».
La lotta scudetto?
«Vogliamo esserci anche noi, vogliamo essere ancora più protagonisti e infastidire chi ci ha preceduto in classifica».
La Juventus è in evoluzione e si sta rinnovando. Pensa ci siano i margini per una spallata ai campioni d’Italia?
«Ma lo fa rimanendo sempre al vertice perché al di sopra di tutto e di tutti c’è la Juve. C’è un lavoro di squadra. Un po’ quello che predico io alla Roma: bisogna badare al noi più che all’io».
Pensa che Cristiano Ronaldo possa arrivare alla Juve?
«Non lo so, ma il fatto stesso che se ne parli è un bene per il nostro movimento, visto che spesso si dice che i grandi campioni non scelgono l’Italia».
Buffon ha detto: «I giallorossi la scorsa stagione mi sono piaciuti molto, soprattutto i messaggi dell’allenatore».
«Sono complimenti che mi aveva già fatto personalmente e detto da chi è abituato a vincere sono ancora più gratificanti».
È soddisfatto del mercato della Roma?
«Non è ancora terminato, anche se va detto che il nostro ds Monchi si è portato avanti con il lavoro. Si è mosso con velocità. Forse, occorrerà sfoltire la rosa, stiamo facendo delle valutazioni e altre ne faremo durante il ritiro per prendere altre decisioni».
Nainggolan all’Inter.
«È stata fatta una scelta condivisa. Con Radja ho un ottimo rapporto, ci siamo sentiti anche di recente. Gli faccio i migliori auguri a livello personale».
Alla Roma è arrivato, tra gli altri, Javier Pastore.
«È uno dei pochi nuovi con cui ho parlato e mi ha regalato sensazioni positive. Viene per fare la mezzala, ma la sua duttilità è importante anche per apportare varianti tattiche alla squadra. Ha delle caratteristiche che prima non c’erano nel nostro organico. Qualità e fantasia destinate ad accrescere la nostra forza penetrativa, specialmente contro quelle squadre che si chiudono».
Nelle immagini dei festeggiamenti del terzo gol della Roma al Barcellona, in Champions, lei non c’è mai...
«Sono un freddo, certe sfide si vincono con i dettagli. Magari te ne sfugge uno e salta tutto. In quel momento volevo trasmettere delle indicazioni, ma, soprattutto, invitare la squadra a restare concentrata».
La partita più bella della passata stagione?
«Quella con il Barça ha regalato grandi emozioni. Ma penso anche all’importanza della vittoria di Napoli o, sul piano estetico e tattico, alla sfida di Londra di Champions contro il Chelsea».
Sacchi e Capello l’hanno riempita di elogi, ma Capello ha detto che deve migliorare nella lettura della partita.
«Ci sta, è una critica costruttiva che accetto e che spinge a migliorarmi».
Due giocatori per ogni ruolo nella sua Roma, giusto?
«Oggi ce n’è qualcuno in più in rosa. Comunque, in linea di massima, quella è la filosofia anche se qualche elemento in più, specialmente in difesa e in attacco può far comodo durante la stagione».
Il primo anno a Roma non è stato tutto rose e fiori.
«Sono andato sempre avanti per la mia strada e, soprattutto, nell’interesse supremo della Roma. Al di sopra di tutto. Certo, ci sono delle pressioni a Roma. Io, per quello che mi è possibile, cerco di staccare. Di leggere i giornali, di vedere le televisioni e di ascoltare le radio il meno possibile, nel bene e nel male. Ma anche rispettando il lavoro di chi sta dall’altra parte della barricata».
Come si prepara una conferenza stampa prepartita?
«Ho la fortuna di avere dei validi addetti stampa. E certi temi vengono concordati. Alcuni messaggi che vengono inviati all’esterno sono gli stessi che ripeto quotidianamente alla squadra. Non si può procedere in due direzioni».
La giornata tipo di Di Francesco durante la stagione?
«Sveglia presto. Alle 8 sono già a Trigoria, a meno che non vado ad accompagnare mio figlio a scuola. Resto fino alle ore 16 e poi a casa, dove cerco di staccare. Magari leggo (l’ultimo libro riguarda la psicologia di gruppo, ndr) o vado a cena fuori».
Ritiro a Trigoria, una novità.
«Abbiamo un’organizzazione e delle strutture all’interno del centro sportivo che fanno paura. Ci sono stati tanti cambiamenti, la società ha rinnovato e rinfrescato camere e strutture. Senza contare i campi di allenamento. E poi ci sarà la trasferta negli States».
È stata dura conquistare la gestione dello spogliatoio Roma?
«Non più di tanto. Si parte dalle regole. Che sono fondamentali in un gruppo. Ma le regole se le danno tutti, il difficile è farle rispettare per rendersi credibile agli occhi degli interlocutori. Poi, viene il discorso tecnico e tattico. Non è più come un tempo che l’allenatore ordinava di fare un esercizio e tu lo facevi. Ora il calciatore ti chiede conto di quello che fa e perché lo fa. Per ottenere dei risultati devi partire da queste basi».
I suoi genitori che cosa le dicono?
«A casa non mi piace parlare di calcio. A volte accade che si rivolgano ai miei collaboratori per sapere qualcosa. E comunque di solito mi chiedono: “Che cosa ti prepariamo da mangiare?”».
Suo figlio Federico dal Bologna al Sassuolo.
«Non è ancora ufficiale, ma questa mattina mi ha inviato una foto dello stadio Ricci di Sassuolo dove ho lavorato per tanti anni. È voluto andare via per trovare nuovi stimoli. Il Sassuolo lo voleva già quando c’ero io, ma essendoci io non poteva esserci lui».
Che cosa gli dice?
«Di fare gol, deve imparare a inquadrare meglio la porta. E comunque di calcio deve parlare con il suo allenatore».
Sta vedendo il Mondiale?
«In maniera molto distaccata. Quasi da tifoso. E non mi sembra che stia offrendo grandi novità sul piano tecnico e tattico. C’è grande equilibrio, un livellamento verso l’alto di quelle nazionali che un tempo venivano definite cuscinetto. Le squadre del Nord Europa si caratterizzano per fisicità, una caratteristica prioritaria in campo internazionale».
Chi l’ha impressionata di più?
«Forsberg della Svezia, Milenkovic della Croazia e Willian del Brasile».
Messi e Cristiano Ronaldo fuori, c’è un cambio generazionale con i vari Mbappé e Neymar?
«In prospettiva sarà inevitabile, ma penso che Messi e Cristiano Ronaldo siano ancora i più forti».
E il “suo” Pescara?
«Spero che faccia un campionato di medio-alta classifica e che torni presto a entusiasmare i tifosi. Gli auguro tutto il bene possibile».
In prospettiva pensa alla Nazionale?
«No, penso alla Roma. Anche se guidare la Nazionale è un onore».
@roccocoletti1.

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