CALCIO / SERIE B

Galeone "vede" Perugia-Pescara: comunque piangerò

Il doppio ex alla vigilia della sfida di ritorno dei play out: «Il divorzio da Zauri e la cessione di Machìn, quanti errori. Che disastro gli umbri»

PESCARA. Pescara è il suo grande amore, ma anche Perugia gli ha regalato emozioni indimenticabili. Domani sera al Renato Curi si affronteranno nel match di ritorno dei play out e una delle due dovrà dire addio alla B. Il doppio ex Giovanni Galeone, l’allenatore più amato dai tifosi biancazzurri, ha il cuore a pezzi. «Pescara è mia, la adoro, però non potrei mai gioire per la retrocessione del Perugia. Comunque vada, a fine partita piangerò». Tre campionati di B vinti, in biancazzurro nel 1987 e nel 1992, in biancorosso nel 1996, e un calcio champagne che ha fatto innamorare gli sportivi delle due città.

Galeone, una tra Perugia e Pescara vivrà un dramma sportivo.
«Purtroppo sì, sono addolorato. È inaccettabile vedere una delle due in serie C. Pur con qualche criticità, entrambe hanno organici validi e avrebbero dovuto lottare per la promozione in A, o quantomeno per un posto nella griglia play off. Invece, si ritrovano a un passo dal baratro».

All’andata il successo di misura dei biancazzurri, ora il ritorno. Se la sente di fare un pronostico?
«Non credo che si possa indicare una favorita. Chiaramente, se il Pescara giocherà con la paura perderà la partita. Quello che so è che alla fine del match starò male e piangerò per un verdetto inaccettabile. I tifosi pescaresi mi capiranno, Pescara è mia, la amo, però non potrei mai esultare per la retrocessione dei biancorossi. Anche a Perugia ho vissuto emozioni forti e ci sono tantissime persone che mi vogliono bene».

Come si spiega il crollo del Delfino?
«È stato un errore separarsi da Luciano Zauri. A dicembre avevo parlato di un Pescara indecifrabile, però non giocava male, si notavano una discreta organizzazione e, seppure a sprazzi, un buon calcio. Il problema erano i troppi cambiamenti di modulo e interpreti. E, quando le certezze vengono meno, c’è il rischio di alternare prestazioni sontuose, come quelle del girone di andata contro Benevento (4-0 all’Adriatico, ndc) ed Empoli (2-1 al Castellani), ad altre sconcertanti, ad esempio in trasferta con la Juve Stabia (1-2 al Menti). Rifilare quattro gol alla capolista di Pippo Inzaghi e poi soccombere a Castellammare di Stabia è inspiegabile».

Così, lei avrebbe proseguito con Zauri.
«Sì, bastava aggiungere un paio di pedine durante il mercato di gennaio e il Pescara avrebbe potuto centrare tranquillamente i play off. Invece è partito Josè Machìn e non è stato comprato un attaccante che sarebbe stato utilissimo alla causa. Ricordo il giorno della partenza di Machìn, un giocatore dotato di colpi geniali, quella cessione non l’ho mai digerita».

Sulla debacle del Perugia?
«Lì hanno fatto disastri peggiori rispetto a quelli dei biancazzurri. Nel girone di andata con Massimo Oddo sono sempre rimasti in zona play off, ma la qualità del gioco era scadente. Ho visto il Perugia in varie occasioni, una squadra senza identità. Ho avuto l’impressione che giocasse sempre in funzione dell’avversario, lo studiava e si adattava, non mi ha mai convinto. Poi è arrivato Serse Cosmi, che la società non voleva ingaggiare, invece lo ha preso e la situazione è peggiorata. A tre giornate dalla fine hanno contattato altri tecnici (Novellino e Colantuono, ndc) salvo poi richiamare Oddo non so per quale motivo, visto che c’erano stati problemi. Ed ecco qui i risultati».

Oddo sembrava un predestinato dopo la finale play off di B nel 2015 e la promozione in A dell’anno successivo alla guida del Delfino.
«A me il suo Pescara piaceva, giocava benissimo, mi entusiasmava. Poi Oddo ha avuto qualche esperienza deludente, ad esempio in A a Udine dove l’ho seguito. Ho l’impressione che nei momenti di difficoltà perda un po’ di sicurezza. Lo testimoniano i cambiamenti operati in corsa sia a Udine che a Perugia. Quando inizi a variare l’assetto tattico sperimentando soluzioni alternative, i giocatori se ne accorgono e cominciano a sorgere i dubbi. Tornando al Perugia, aggiungo che è assurdo ritrovarsi in queste condizioni avendo in rosa Guglielmo Vicario, che reputo tra i primi 5 portieri d’Italia, e un bomber come Pietro Iemmello che ha segnato 19 reti. Il Perugia è forte e non dovrebbe stare così in basso, così come il Delfino».

Anche il Pescara nel 2000-01 aveva una buona rosa, con Giampaolo, Palladini, Sullo, Palmieri e tanti altri, ma finì col retrocedere in C.
«Certo, non potrei mai dimenticarlo. L’anno prima ci salvammo tranquillamente giocando un ottimo calcio. Avevo l’accordo per rimanere nella stagione successiva e, avendo dato la parola ai dirigenti biancazzurri, rifiutai il Genoa e la Salernitana. Ero convinto di lottare per la serie A con due o tre acquisti di spessore, invece, a sorpresa, al termine del torneo non fui confermato. Presero Delio Rossi e rimasi a spasso, salvo poi essere richiamato dopo 9 partite. Alla 18ª venni sostituito da Tarcisio Burgnich e dopo sole 4 gare tornò Rossi, ma la squadra non riuscì ad evitare la retrocessione. Un epilogo terribile che non potrei mai augurare né al Pescara né al Perugia».
Giovanni Tontodonati
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