L'insoddisfazione che travolge il calcio

Un senso di insoddisfazione latente sta travolgendo lentamente il calcio italiano. Adesso non basta più nemmeno vincere per essere felici, perché il passo successivo è la disputa filosofica su chi gioca bene e chi meno. Un continuo rilancio per vincere la sindrome da assuefazione. Gli juventini si stanno annoiando a forza di collezionare scudetti (otto di fila) e quindi vogliono la Champions. E se non arriva i tifosi mettono il muso, oltre che Allegri sotto processo. E se mugugnano i bianconeri allora non c’è pace per nessuno. Per il Napoli, ad esempio, a cui non basta più il secondo posto e quindi spuntano gli striscioni contro Ancelotti e De Laurentiis; per l’Inter che in estate era candidata a contendere lo scudetto alla Juve e che ora è a 26 punti dai campioni d’Italia. E così via. La realtà dei fatti è che il calcio italiano è indietro rispetto al resto d’Europa. Molto indietro. Basti guardare alla Nazionale che non si qualifica ai Mondiali del 2018; basti pensare che l’ultima italiana ad aver vinto la Champions è stata l’Inter nel 2010; e che il Parma nel 1999 è stata l’ultima italiana a conquistare la coppa Uefa (ora Europa League). Nel frattempo le spagnole hanno fatto incetta di trofei e gli inglesi hanno imparato a spendere i soldi che entrano dalla vendita dei diritti tv, di gran lunga superiori a quelli introitati dalla serie A che ha meno appeal. Per non parlare dei milioni che gli sceicchi hanno portato a Parigi. L’Italia, invece, è in crisi, non solo nel calcio. Che, dal canto suo, riflette quel che accade nella società civile. Anche quello stato di inquietudine che sta montando ovunque. Una polemica dietro l’altra, sospetti e veleni ovunque. Nemmeno l’introduzione del Var è servita a riportare serenità. No, si litiga per tutto. Negli ultimi 15 anni gli spettatori della serie A sono diminuiti, nel resto d’Europa sono lievitati. È chiaro che in un contesto del genere la disputa sul bel gioco non potrà mai essere credibile, perché si ridurrà sempre a una questione di tifo. E se c’è tifo non esiste ragione. Men che meno obiettività.
@roccocoletti1.
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