«Ma quale aggressione! L’arbitro? Appena toccato»
Sichetti del Rapid squalificato per quattro anni racconta la sua versione dei fatti su quanto accaduto domenica scorsa al campo Ugo Foscolo di Montesilvano
MONTESILVANO. «Ma io non sono un mostro». Lo ripete a chiunque gli chiede conto dei quattro anni di squalifica comminati dal giudice sportivo (oltre alla sconfitta a tavolino) in base al rapporto dell’arbitro (Osvaldo Ramunno della sezione Aia di Sulmona) di Rapid-Montebello di Bertona, disputata domenica scorsa al campo di via Ugo Foscolo a Montesilvano e valida per il campionato di Seconda categoria girone C.
Federico Sichetti ha 22 anni è un operaio che lavora per una ditta di noleggi a Montesilvano ed è tesserato per il Rapid, in cui dà sfogo alla sua passione per il calcio.
«Non ho problemi a raccontare quel che è accaduto, ma io non ho aggredito nessuno. Men che meno ho sferrato un pugno all’arbitro. Io non sono un mostro. Mi sono sentito una persona diversa da quella che sono dopo che ho letto le motivazioni del giudice sportivo».
Sichetti come è andata?
«Stavamo perdendo e un mio compagno (Simone Giangualano, ndr) è stato espulso. Verso il 35’ del primo tempo. Ero un po’ nervoso, quest’anno le cose non vanno per il verso giusto. Io vado dall’arbitro e gli dò uno scozzetto dietro al collo per richiamarne l’attenzione. Ho fatto una cosa sbagliata. Ma nessuna violenza. Non dovevo toccarlo e non cerco giustificazioni. Tant’è che quando ha estratto il cartellino rosso non ho battuto ciglio e sono andato verso gli spogliatoi».
Partita sospesa?
«No, è proseguita. Una decina di minuti ancora e tutti negli spogliatoi. Normale. Il nostro mister fa due cambi. Si torna in campo. Si ricomincia e triplice fischio dell’arbitro, gara sospesa. Non so per quale motivo, ma deve essersi messo paura. Ma non c’erano i presupposti. Era tutto tranquillo. Se non ci credete, possiamo chiederlo ai giocatori del Montebello di Bertona».
Poi.
«Lui, l’arbitro, se ne va negli spogliatoi e i giocatori dietro. Dentro lo stanzino chiama i carabinieri che quando arrivano trovano tutto tranquillo. Chiedono conto dell’accaduto, ma niente di particolare. Qualche minuto e se ne vanno».
Lei?
«Esco fuori dagli spogliatoi, capisco che c’è il papà dell’arbitro e vado da lui a chiedergli scusa. Gli spiego che non sono un violento. Gli chiedo scusa più volte. Dopo qualche minuto arriva lui e gli rinnovo le scuse».
Quindi?
«Non mi aspettavo quattro anni di squalifica, assolutamente. Anche se sapevo di andare incontro a una inibizione. Ho commesso un errore e sono pronto a pagare. Ma quattro anni no. Anche perché ho letto il testo del comunicato del giudice sportivo e ci sono diverse inesattezze».
Lei che tipo è ?
«Sono uno che lavora. Ho 22 anni e non aspetto altro che la domenica per giocare. In settimana lavoro e mi alleno per l’appuntamento domenicale. Non è giusto che mi tolgano questa passione. Non è giusto perché non sono un violento. Ho sbagliato perché indipendentemente dall’entità del tocco, non dovevo nemmeno sfiorare il direttore di gara. Ma non posso pagare per qualcosa che non ho fatto».
Che cosa farà?
«Ora non lo so. Prima ho letto le motivazioni del giudice sportivo, poi l’articolo sul Centro. Sono confuso. Vedo se si può fare ricorso, non ci sto a fare la vittima sacrificale. Proprio io che detesto la violenza e che sono appassionato di calcio».
E poi c’è l’allenatore del Rapid Marco Candeloro. Che difende il suo ragazzo. «Mi creda, sarà stato anche smodato nella protesta, ma nessuna traccia di violenza. Hanno gonfiato l’accaduto», sostene il tecnico di Montesilvano. «Federico Sichetti è un bravo ragazzo: si è trovato in mezzo a un caso più grande di lui e, soprattutto, ne viene fuori un’immagine distorta della sua persona».
©RIPRODUZIONE RISERVATA