Pescara, la penalizzazione è inevitabile
Non ci sono tutti i presupposti per una corretta iscrizione alla C1
Il Pescara è un film. A volte comico, spesso horror. Quasi mai bello. Negli ultimi tempi, il regista deve essersi fatto qualche bicchierino di troppo perché i fotogrammi sono slegati l’uno dall’altro. La vicenda Pincione, ad esempio, è incomprensibile. Bisogna coltivare la speranza che il presidente superi questa fase di difficoltà finanziarie e riversi nelle casse societarie i soldi necessari per un calcio ambizioso. Cosa possibile solo che ci sarà l’iscrizione. A rigor di logica, i termini scadono oggi, dato che domani, sabato, le banche saranno chiuse e non si potrà pagare l’Irpef. Diamine, almeno la C1 i biancazzurri meritano di farla...
Se non sorgeranno altri intoppi tra l’italoamericano e i vertici della Caripe, l’unico istituto disposto, sia pur di controvoglia, ad anticipare al club i soldi di cui ha bisogno, ci sarà un’iscrizione monca, che al primo controllo farà scattare la penalizzazione di almeno un punto. Fino a ieri, la Caripe, per bocca del direttore generale Mancini, non si è detta intenzionata ad elargire al Pescara i soldi, poco meno di due milioni di euro, prima della certificazione dei crediti di mercato da parte della Lega. Certificazione prevista per il 4 luglio. E i crediti sono l’unica garanzia posseduta dal Pescara perché il presidente Pincione, che è anche socio di maggioranza nella spa azionista unica del sodalizio di via Mazzarino, non è finanziariamente strutturato in Italia. Se lo è all’estero, col tempo il problema si risolverà. Dalla sua comparsa sulla scena, però, di tempo ne è già trascorso parecchio.
La Caripe e Pincione, si diceva. Non è amore, chiaro. Basterebbe una pacifica convivenza. Gli avvocati Milia e Di Biase stanno lavorando per mettere a punto la chiusura dell’operazione. Il sindaco D’Alfonso vigila, mentre il diesse biancazzurro Iaconi, che ha fatto della salvezza del Pescara una ragione di vita, salta da un ufficio all’altro per proporre, chiarire, mediare e cercare soluzioni. C’è da chiedersi se davvero gli avvocati sono necessari in quella che dovrebbe essere una pura e semplice operazione di un prestito. Prestito senza rischi perché i soldi del mercato transitano attraverso la Federazione. Già nel giorno dell’ufficializzaione dell’accordo tra società e banca, però, si è parlato della possibile cessione in pegno (alla Caripe, al Comune?) delle quote detenute da Pincione.
Dato che nel calcio i contratti di compravendita sono rateizzati e spalmati nell’arco di un anno, ecco che Pincione sarebbe senza il controllo delle quote (solo di quelle?) per un lungo periodo. Ci si chiede chi nominerà gli amministratori di Pescara 70 e di Pescara Calcio. In via Mazzarino sanno che Pincione aspetta un paio di milioni di euro per la prima decade di luglio. Poi gliene serviranno altri due o tre per una squadra da promozione, primo passo per arrivare in cima al mondo. Un milione, facendo i conti della serva, rientrerà attraverso marketing, incassi e contributi vari. Il resto, dato che dal mercato non si può pretendere di più, dovranno trovarlo i soci, Pincione soprattutto. Per il momento, bisogna prendere atto che non esiste neppure uno straccio di progetto tecnico, se per progetto non si intendono le chiacchiere morte. Sarebbe ora di sapere “chi allena chi”.
Se non sorgeranno altri intoppi tra l’italoamericano e i vertici della Caripe, l’unico istituto disposto, sia pur di controvoglia, ad anticipare al club i soldi di cui ha bisogno, ci sarà un’iscrizione monca, che al primo controllo farà scattare la penalizzazione di almeno un punto. Fino a ieri, la Caripe, per bocca del direttore generale Mancini, non si è detta intenzionata ad elargire al Pescara i soldi, poco meno di due milioni di euro, prima della certificazione dei crediti di mercato da parte della Lega. Certificazione prevista per il 4 luglio. E i crediti sono l’unica garanzia posseduta dal Pescara perché il presidente Pincione, che è anche socio di maggioranza nella spa azionista unica del sodalizio di via Mazzarino, non è finanziariamente strutturato in Italia. Se lo è all’estero, col tempo il problema si risolverà. Dalla sua comparsa sulla scena, però, di tempo ne è già trascorso parecchio.
La Caripe e Pincione, si diceva. Non è amore, chiaro. Basterebbe una pacifica convivenza. Gli avvocati Milia e Di Biase stanno lavorando per mettere a punto la chiusura dell’operazione. Il sindaco D’Alfonso vigila, mentre il diesse biancazzurro Iaconi, che ha fatto della salvezza del Pescara una ragione di vita, salta da un ufficio all’altro per proporre, chiarire, mediare e cercare soluzioni. C’è da chiedersi se davvero gli avvocati sono necessari in quella che dovrebbe essere una pura e semplice operazione di un prestito. Prestito senza rischi perché i soldi del mercato transitano attraverso la Federazione. Già nel giorno dell’ufficializzaione dell’accordo tra società e banca, però, si è parlato della possibile cessione in pegno (alla Caripe, al Comune?) delle quote detenute da Pincione.
Dato che nel calcio i contratti di compravendita sono rateizzati e spalmati nell’arco di un anno, ecco che Pincione sarebbe senza il controllo delle quote (solo di quelle?) per un lungo periodo. Ci si chiede chi nominerà gli amministratori di Pescara 70 e di Pescara Calcio. In via Mazzarino sanno che Pincione aspetta un paio di milioni di euro per la prima decade di luglio. Poi gliene serviranno altri due o tre per una squadra da promozione, primo passo per arrivare in cima al mondo. Un milione, facendo i conti della serva, rientrerà attraverso marketing, incassi e contributi vari. Il resto, dato che dal mercato non si può pretendere di più, dovranno trovarlo i soci, Pincione soprattutto. Per il momento, bisogna prendere atto che non esiste neppure uno straccio di progetto tecnico, se per progetto non si intendono le chiacchiere morte. Sarebbe ora di sapere “chi allena chi”.