Quando il Var si chiamava Assistenti di Tribuna

17 Agosto 2017

PESCARA. Sarà la novità della serie A al via sabato pomeriggio. Probabilmente, una svolta epocale. Il Var, ovvero video assistant referree, volgarmente definita la moviola in campo. Cambierà il...

PESCARA. Sarà la novità della serie A al via sabato pomeriggio. Probabilmente, una svolta epocale. Il Var, ovvero video assistant referree, volgarmente definita la moviola in campo. Cambierà il calcio, presumibilmente. Alcune delle radici del Var portano anche in Abruzzo, a Lanciano per la precisione, dove nel 2014 fu varato il progetto denominato “Assistenti di tribuna”. Un progetto predisposto dalla Virtus Lanciano che, attraverso la società Wembleg, ne conserva ancora i diritti. Il progetto fu messo nero su bianco da Alessandro Italiani, 45 anni, di Atri, ex dirigente addetto agli arbitri della Virtus. Var e Assistenti di Tribuna hanno molte cose in comune. E proprio Italiani parte con una cronistoria fino a definirne le differenze.
Italiani, come nasce Assistenti di Tribuna?
«L’idea e lo sviluppo del progetto sono di Franco Maio, il patron della Virtus. Io l’ho scritto attingendo dall’esperienza di arbitro. Nasce essenzialmente dalla voglia di eliminare gli errori grossolani durante le partite e dalla necessità di dare un supporto tecnologico all’arbitro. Nel settembre del 2014 il progetto è pronto e prevede l’utilizzo delle riprese televisive e due assistenti in tribuna».
Poi?
«Nel 2015 passa nelle mani del consiglio di Lega di serie B. L’allora presidente Andrea Abodi lo recepisce e nell’ottobre del 2015 lo porta al consiglio federale. Viene esaminato e poi spedito all’Uefa e alla Fifa che già stavano ragionando sull’argomento. Tanto che all’inizio del 2016 viene deciso di adottare il Var. Ma viene recepito il progetto olandese, nonostante sia uguale a quello italiano. Il motivo per cui è stato scelto il modello olandese e non quello italiano non lo conosco. Sta di fatto che la Figc protestò. E Roberto Rosetti diventò il coordinatore dell’applicazione del Var prima all’Uefa e poi in Italia».
Che cosa prevedeva il progetto Assistenti di Tribuna?
«Una regia televisiva che lavora con più telecamere e due persone in cabina: un ex arbitro e un osservatore arbitrale. Al contrario del Var che impone la presenza di due arbitri».
Altre differenze?
«Il nostro progetto prevede una costante interazione tra gli assistenti di tribuna e l’arbitro, mentre il Var entra in campo solo per determinate situazioni».
Ancora.
«Il nostro progetto dava l’ultima parola all’arbitro sull’episodio nell’ambito di un’interazione continua, con il Var invece il direttore di gare non può far altro che recepire l’indicazione dalla tribuna. La differenza è sottile, ma significativa».
C’è un buco nero nel Var?
«C’è, ma è messo in conto. Manca un protocollo di intervento sulle varie situazioni. Essendo in fase di sperimentazione il Var studierà i casi che si proporranno di volta in volta e poi sarà varato un protocollo, ovvero che cosa fare in occasione dei singoli episodi. E poi, a mio avviso, manca un regista televisivo che supporti gli arbitri in cabina di regia. E’ fondamentale. Nel progetto Assistenti di Tribuna era il regista che indicava l’azione dubbia e i due assistenti poi decidevano; con il Var è tutto in mano agli arbitri».
Le polemiche diminuiranno?
«Alla lunga sì. Quando si avrà una padronanza assoluta del mezzo, a mio avviso, filerà tutto liscio. L’obiettivo è eliminare gli errori. A maggior ragione se sono grossolani. Non si può sbagliare, perché se si sbaglia l’errore diventa macroscopico e ingestibile».
Resterà un margine d’errore?
«Se resta è legato alle sfumature, quelle che solo l’arbitro in campo riesce a cogliere. E che sfuggono dalla tribuna».
Si allungheranno i tempi delle partite di calcio.
«Di cinque-dieci minuti. Diciamo che il Var alla lunga potrebbe aprire le porte al tempo effettivo per un calcio lanciato irrimediabilmente verso la spettacolarizzazione. Vedrete che i picchi di ascolto si avranno in occasione degli interventi del Var. Incuriosiranno molto gli spettatori. E questo significherà altra pubblicità durante la partita. E’ inevitabile».
Rimpianti?
«Le cose sono andate diversamente da come le avevamo pensate all’epoca. Ma non fa niente. Piuttosto c’è la soddisfazione per aver centrato il problema e la cura. Si chiama Var o Assistenti di Tribuna poco importa. Ma, comunque, abbiamo sviluppato un’idea che poi è diventata quella dei massimi organismi del calcio mondiale».
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