Trulli: la vita cambierà, guardiamoci dentro
L’ex pilota abruzzese di Formula 1: dobbiamo ritrovare i veri valori della società
PESCARA. L’intenzione sarebbe quella di parlare di Formula 1 e sport in generale con Jarno Trulli. Poi, però, l’analisi dell’ex pilota abruzzese di Formula 1 sugli effetti del coronavirus prende il sopravvento. Considerazioni magari spietate, ma fatte con passione e lucidità. Automobilismo, sport e, soprattutto, il futuro che ci aspetta secondo Jarno.
Trulli, dove si trova?
«A casa, a Lugano».
Che cosa sta facendo?
«Sono in casa. Qui in Svizzera c’è il lockdown per le attività produttive, come in Italia. Non c’è, però, l’obbligo di stare in casa, ma è raccomandato. E devo dire che il popolo svizzero è ligio al dovere».
E lei che cosa fa?
«In primis l’assistente di mia moglie. Nel senso che stiamo facendo le pulizie di casa e io l’aiuto. Poi, qualche passeggiata con la bici o a piedi vicino a casa. In più faccio il papà. Ho tre figli e devo dire che il tempo passa abbastanza in fretta dovendo seguirli ad uno ad uno. Ogni tanto sfruttiamo il terrazzo nelle belle giornate».
I genitori?
«Bene, stanno bene. Ci sentiamo tutti i giorni».
Le sue aziende?
«Quella vinicola di Alanno la sta seguendo Lucio (Cavuto, il manager, ndr) e devo dire che l’attività non è ferma, perché qualche ordine arriva dall’estero. Per il resto, l’albergo, qui in Svizzera, è chiuso. Penso che la stagione sia compromessa. Sarà una bella botta per l’economia, specialmente per il turismo».
L’Italia vista dalla Svizzera?
«Vedo la televisione. E so che non è solo l’Italia a combattere il coronavirus. È un problema per tutto il pianeta. La sensazione è che la popolazione stia rispettando le regole imposte per arginare il fenomeno nella speranza che questo incubo finisca al più presto».
Le misure in Italia?
«Non è il momento delle polemiche, bisogna uscire dal tunnel. Reagire sarà difficile. L’Italia, subito dopo la Cina dalla quale sono arrivate poche informazioni, è stata la prima a prendere delle decisioni rispetto a un argomento sconosciuto. Senza precedenti. Se penso a quello che sta accadendo negli altri Paesi dico che stanno commettendo tanti errori. Più di quelli eventualmente fatti dall’Italia. Ma non è questo il problema...».
Quindi?
«Indipendentemente da tutto, questa crisi sta mettendo a nudo le magagne lasciate sul territorio dalla politica».
Che cosa significa?
«Che il Paese è impreparato. Non ha gli anticorpi. È un Paese già malato sul quale si abbatte una pandemia. È già messo male e rischia di vedere peggiorare la situazione. E questo per colpa delle scelte fatte dalla politica negli ultimi 20 anni, non importa di quale colore e di quale tendenza. Bisogna guardare in faccia la realtà e pensare che si rischia di andare di male in peggio. La mia non è una polemica, ma un dato di fatto».
Analisi cruda.
«Ci sono tanti morti per il coronavirus, domani potrebbero essercene perché la gente non avrà da mangiare. Il rischio è concreto. Questo mi fa rabbia».
È pessimista.
«Realista, prego. Può davvero accadere un casino. Soffriranno i ceti deboli, la gente che ha difficoltà».
Cambierà lo stato sociale?
«Spero che cambino le persone. Che stare a casa aiuti a guardarci dentro. A rallentare la corsa ad apparire. A ritrovare i veri valori, a capire quali sono le priorità della vita».
Ovvero?
«Io a casa non arrivo tra le tante cose da fare, mi spiegate come fa la gente a trovare il tempo per andare sui social? Anzi, mi dicono che il traffico social è lievitato, significa che la voglia di apparire è aumentata. Non si pensa, non si riflette abbastanza su quello che sta accadendo».
E la Formula 1?
«Per lo sport in generale sarà un bel casino. Intanto, non si sa bene quando si partirà. La stagione è compromessa, perché la Formula 1 è globale e se in Italia la pandemia è a un certo livello dall’altra parte del mondo le cose stanno diversamente. Pensavano di andare in Australia e iniziare la stagione, ma il virus non conosce confini. Se tutto andrà bene, non si può pensare di partire prima di luglio».
Rischia la Formula 1?
«Tanto, perché è legata ai diritti televisivi. E se non si corre niente soldi».
I piloti dovranno tagliarsi gli ingaggi?
«Non c’è altra strada per tenere in piedi il sistema. Bisognerà ridimensionare il tutto in base alle entrate del team».
Un messaggio di speranza da Lugano?
«Credo e spero che il mio Paese ce la faccia di nuovo a rimettersi in piedi. Ha dimostrato di sapersi rialzare ogni volta che è caduto. Ma bisogna capire la portata di questo fenomeno per poter avviare un nuovo inizio».
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