Accusati di sequestro di persona: il caso alla Corte costituzionale

8 Ottobre 2024

La vicenda è quella dei tre prostituti nigeriani a giudizio per aver costretto i clienti a prelevare soldi I giudici: «Esiste un problema di proporzionalità della pena». Imputati liberi dopo un anno di carcere

TERAMO. Il principio di proporzionalità della pena è un tema così caro al diritto da attraversare secoli: da “Dei Delitti e delle Pene” di Cesare Beccaria fino alla recente Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, la cosiddetta Carta di Nizza. Perché nelle aule di tribunale i giudici si trovano davanti persone in carne e ossa e non gli stereotipi su cui ragiona la politica.
È con una dettagliata e certosina ordinanza di 15 pagine che la Corte d’assise di Teramo ha sollevato una questione di legittimità alla Corte costituzionale in merito alla pena edittale prevista per il reato di sequestro di persona a scopo estorsivo. Il caso da cui muove la questione è quello dei tre cittadini nigeriani a processo a Teramo proprio per sequestro di persona: secondo l’accusa della Procura i tre, che si prostituivano utilizzando dei siti d’incontro online, avrebbero approcciato le vittime da un’app per incontri omosessuali con falsi nickname, poi le avrebbero minacciate per costringere a pagare somme variabili tra 100 e 300 euro e obbligate (da qui la contestazione del sequestro) a fare prelievi al bancomat per i pagamenti. Accuse sempre respinte dagli imputati che hanno parlato di incontri concordati: i tre, dopo oltre un anno di carcere, da qualche giorno sono stati scarcerati con il divieto di espatrio (sono difesi dagli avvocati Tulliola e Luigi Aloè e da Andrea Palazzeschi).
Il reato contestato a loro, cioè il sequestro di persona a scopo estorsivo, prevede pene che vanno da 25 a 30 anni.
Nell’ordinanza i giudici (Corte presieduta da Francesco Ferretti, a latere Marco D’Antoni più i sei giudici popolari), dopo aver fatto un excursus proprio sull’evoluzione storica del reato di sequestro dal codice Zanardelli fino agli anni del terrorismo, scrivono: «A distanza di quasi mezzo secolo da quei gravissimi fatti, che avevano certamente toccato e scosso nel profondo le coscienze collettive arrivando a porre in serio pericolo perfino l’assetto costituzionale dello Stato, nell’attuale epoca storica nella quale (dal punto di vista fenomenico e statistico) non si registrano più, per numero e gravità, sequestri di persona come quelli che avevano caratterizzato e sconvolto gli anni ’70, è probabilmente giunto il momento di rimeditare, quantomeno con riferimento al minimo edittale, quel rigido inasprimento sanzionatorio».
Secondo i giudici della Corte d’assise teramana «le pene attualmente stabilite al primo comma dell’articolo 630 del codice penale, con riferimenti agli equilibri interni del codice penale, sono ormai da ritenersi irragionevoli sotto il profilo della proporzionalità e delle finalità rieducative». E ancora: «Appare irragionevole la scelta del legislatore di riservare alla finalità estorsiva il medesimo trattamento sanzionatorio previsto per la finalità terroristica o eversiva dell’ordine democratico». Il processo, in attesa della risposta della Corte costituzionale, è stato sospeso.
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