Teramo

Impresa sulle montagne abruzzesi: alpinista di 39 anni firma la prima traversata in solitaria di tutte le cime del Gran Sasso

Hervè Barmasse sul Gran Sasso

24 Marzo 2025

Il valdostano, Hervè Barmasse, racconta la sua avventura compiuta usando gli sci: «Magia ed emozione». I teramani Partiti e Di Marcello raccontano la loro esperienza in coppia: «Grande stima per lui, ma noi l’abbiamo fatto nel 1997 con più neve»

TERAMO. Il pluripremiato alpinista valdostano Hervé Barmasse ha realizzato, il 6 e 7 marzo, in solitaria e in inverno, il concatenamento e la traversata di tutte le vette principali del Gran Sasso. La prima impresa del genere se consideriamo che ha fatto tutto da solo; prima di lui, in coppia, ci sono riusciti nel 1997 i teramani Carlo Partiti e Lino Di Marcello. Un dislivello complessivo di 7.200 metri tra pareti e creste e 67 i chilometri percorsi con ramponi e sci tra le suggestive e pericolose cime del Gran Sasso.

E alla fine resta l’immagine di un uomo, prima che di un alpinista abituato alle sfide contro i giganti di pietra di mezzo mondo, che esulta acclamato dagli amici aquilani, con una bottiglia di Passerina in mano, tra la stanchezza e la soddisfazione per essere riuscito nell’impresa che, prima di lui, in solitaria e in inverno non era riuscita a nessuno. Barmasse, un nome che non ha bisogno di presentazioni nell’alpinismo mondiale, ha affidato a una nota un racconto puntuale dell'avventura partita dal passo delle Capannelle il 6 marzo passando per i monti Franco, Jenca, Pizzo Camarda, Malecoste, Corvo, Pizzo Intermesoli, Giovanni Paolo II, Pizzo Cefalone, Portella e Corno Grande, la cima più alta, raggiunta di notte.

«Concludere in questo modo la prima è stato stupendo», racconta, «lassù il vento sbatteva la mia giacca, guardavo a 360 gradi le luci delle case fino al mare Adriatico ed ero felice: una magia e un’emozione grande, un ricordo che porterò per sempre con me». Il secondo giorno l’avventura è proseguita verso est, da Monte Aquila al Brancastello al Prena fino al Camicia e al Tremoggia. «Me lo aspettavo meno faticoso, ma con la neve abbondante, tra torri di roccia e canali, spesso sprofondavo sino alla vita», prosegue, «però è così che mi ero immaginato questo viaggio». Barmasse vanta un legame con l’Abruzzo che va oltre l’amore per le nostre montagne e s’incarna nei tanti amici che lo hanno sostenuto. «Mi sono affezionato a questi luoghi», conclude, «grazie alle persone incontrate e la mia più sincera gratitudine va a loro».

La sua impresa non è, però, unica: in coppia, fu realizzata il 1° e 2 febbraio 1997 dai teramani Carlo Partiti e Lino Di Marcello, appartenenti al Cai Teramo. Partiti la rivendica in un post su Facebook definendo quella di Barmasse «una ripetizione che lui non poteva sapere, ma che non gli è stata detta da chi sapeva». L’impresa dei due teramani è ben impressa nell’ambiente dell’alpinismo negli anni in cui non c’erano i social network, ma anche nel ricordo vivo dei protagonisti che ancora sentono addosso la fatica, il freddo, la gioia e conservano le fotografie. «All’epoca non c’era tutto questo rincorrersi di notizie, ma il nostro concatenamento in 48 ore di tutta la catena del Gran Sasso si è diffuso in tutto il mondo», confida il geometra in pensione e alpinista esperto Partiti, di Azzinano di Tossicia.

Un'impresa che Partiti e il medico in pensione e alpinista esperto Di Marcello hanno fatto con modalità e tempi differenti rispetto a Barmasse. «Gli inverni una volta erano molto più rigidi e c'erano fino a -25 gradi la notte e metri di neve», raccontano i due amici, «il nostro percorso è partito dal lago di Provvidenza dove già c’era tantissima neve, salendo con ramponi e piccozze del tempo, ma mai usando gli sci per tutte le cime, fino a riscendere a Rigopiano. Lì ci sarebbe dovuto essere un nostro amico, Nino Carlini, a prenderci, ma tanta era la neve che è rimasto bloccato e abbiamo dovuto camminare fino al bivio di Arsita».

A guidare la loro impresa il cielo terso e i frutti dell’allenamento. «Non c’erano le strumentazioni di oggi, ma abbiamo imparato, con l’esperienza, a “leggere il cielo” anche perché prima il tempo era più stabile e prevedibile», concludono, «teniamo a precisare che la nostra stima verso Barmasse è grande e lo ringraziamo per aver portato alto il nome dell'Abruzzo».

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