Bloccati gli indennizzi a mille lavoratori
Da aprile attendono la cassa integrazione, coinvolte oltre cento piccole imprese.
TERAMO. Sono un migliaio e da quattro mesi vivono senza stipendio. E’ una moltitudine silenziosa quella dei dipendenti delle piccolissime aziende del Teramano che - vittime di una crisi che non risparmia nessuno - hanno “sospeso” i propri operai dal lavoro. Non si può dire che li hanno messi in cassa integrazione, appunto perchè non è stata ancora concessa loro. Sono nel limbo e intanto per loro è difficile persino fare la spesa. A parlare del dramma, che passa sotto silenzio, è Giampiero Daniele della Femca Cisl. «Le aziende con meno di 15 dipendenti hanno ammortizzatori sociali speciali, detti “in deroga”, che in passato hanno funzionato. In Abruzzo è stato usato soprattutto a Teramo, che ha più micro imprese», spiega il sindacalista, «ma prima funzionava perchè l’iter era solo della Regione e al tavolo partecipavano i sindacati territoriali. Da quest’anno il governo ha detto: visto che c’è la crisi potenziamo gli ammortizzatori in deroga e semplifichiamo procedure. Ma l’intento è fallito: le circolari sono contradditorie e gli uffici - ne sono entrati tanti in gioco - non si parlano fra loro.
Ora non si sa nemmeno chi debba approvare la cassa integrazione: prima era la Direzione regionale del lavoro (Drl), ora non è certo nulla, tutti ci hanno messo mano e la confusione è enorme. E nessuno si assume le responsabilità». Da qui il blocco delle pratiche e quindi dei pagamenti. «Un esempio? Sono io stesso andato alla Drl un mese e mezzo fa per portare a mano pratiche per la cassa integrazione, mi è stato risposto: “Tienitele tu e poi vediamo quale sarà l’iter”». Intanto si calcola che sono quasi mille i lavoratori che aspettano l’indennità, di un centinaio di piccole aziende in crisi, in tutti i settori dell’industria e dell’artigianato. «Ma nessuno percepisce il problema: nella riunione di tre giorni fa del Cicas (il comitato della Regione che si occupa del problema, ndr) non se ne è discusso, anche se ho mandato più lettere per segnalare il grave intoppo», precisa Daniele, «ci sono 25 milioni e non vengono spesi.
Temo però che vengano dirottati altrove: nell’ultima riunione si è parlato di usarli anche per aziende sopra i 15 dipendenti, che hanno già gli ammortizzatori ordinari. E poi il Cicas il 20 maggio ha deciso di non indennizzare più la mobilità in deroga per privilegiare la cassa integrazione, in modo da dissuadere le aziende dalla chiusura. Ma se la cassa integrazione non parte, l’obiettivo è fallito. Questa situazione infatti invita le aziende a chiudere o a licenziare. I lavoratori che hanno il mutuo da pagare preferiscono farsi licenziare, almeno prendono l’indennità di disoccupazione e non perdono la casa». La Femca sollecita «le istituzioni a muoversi, finora hanno mostrato una sordità che non si può più sopportare». Intanto, su fronte delle grandi aziende si è svolto un incontro fra Fim Cisl, Fiom Cgil e Uilm Uil, il commissario straordinario dell’Atr, e le aziende affittuarie Mml e Itca (gruppi Lamborghini e Ferrari) sul piano di industriale.
E’ emerso un problema sulla richiesta di Mml di assumere 15 lavoratori dell’Atr in cassa integrazione straordinaria (Cigs). I sindacati nutrono forti perplessità. La ricollocazione di lavoratori in Cigs in Mml, nelle intenzioni dei sindacati, era destinata a «quei lavoratori che per specifiche mansioni risultavano meno suscettibili di rotazione per le evidenti difficoltà di alimentare la produzione con nuove commesse. L’ipotesi di ricollocazione di 15 unità in Mml non tiene conto in alcun modo di tale necessità. Inoltre tale ipotesi non comporta per i livelli occupazionali del territorio nessun vantaggio: comporterà la più che probabile diminuzione dei lavoratori somministrati occupati in Mml».
Ora non si sa nemmeno chi debba approvare la cassa integrazione: prima era la Direzione regionale del lavoro (Drl), ora non è certo nulla, tutti ci hanno messo mano e la confusione è enorme. E nessuno si assume le responsabilità». Da qui il blocco delle pratiche e quindi dei pagamenti. «Un esempio? Sono io stesso andato alla Drl un mese e mezzo fa per portare a mano pratiche per la cassa integrazione, mi è stato risposto: “Tienitele tu e poi vediamo quale sarà l’iter”». Intanto si calcola che sono quasi mille i lavoratori che aspettano l’indennità, di un centinaio di piccole aziende in crisi, in tutti i settori dell’industria e dell’artigianato. «Ma nessuno percepisce il problema: nella riunione di tre giorni fa del Cicas (il comitato della Regione che si occupa del problema, ndr) non se ne è discusso, anche se ho mandato più lettere per segnalare il grave intoppo», precisa Daniele, «ci sono 25 milioni e non vengono spesi.
Temo però che vengano dirottati altrove: nell’ultima riunione si è parlato di usarli anche per aziende sopra i 15 dipendenti, che hanno già gli ammortizzatori ordinari. E poi il Cicas il 20 maggio ha deciso di non indennizzare più la mobilità in deroga per privilegiare la cassa integrazione, in modo da dissuadere le aziende dalla chiusura. Ma se la cassa integrazione non parte, l’obiettivo è fallito. Questa situazione infatti invita le aziende a chiudere o a licenziare. I lavoratori che hanno il mutuo da pagare preferiscono farsi licenziare, almeno prendono l’indennità di disoccupazione e non perdono la casa». La Femca sollecita «le istituzioni a muoversi, finora hanno mostrato una sordità che non si può più sopportare». Intanto, su fronte delle grandi aziende si è svolto un incontro fra Fim Cisl, Fiom Cgil e Uilm Uil, il commissario straordinario dell’Atr, e le aziende affittuarie Mml e Itca (gruppi Lamborghini e Ferrari) sul piano di industriale.
E’ emerso un problema sulla richiesta di Mml di assumere 15 lavoratori dell’Atr in cassa integrazione straordinaria (Cigs). I sindacati nutrono forti perplessità. La ricollocazione di lavoratori in Cigs in Mml, nelle intenzioni dei sindacati, era destinata a «quei lavoratori che per specifiche mansioni risultavano meno suscettibili di rotazione per le evidenti difficoltà di alimentare la produzione con nuove commesse. L’ipotesi di ricollocazione di 15 unità in Mml non tiene conto in alcun modo di tale necessità. Inoltre tale ipotesi non comporta per i livelli occupazionali del territorio nessun vantaggio: comporterà la più che probabile diminuzione dei lavoratori somministrati occupati in Mml».