TERAMO
Detenuto devasta l'atrio, la compagna fermata con droga nelle parti intime
La visitatrice stava tentando di introdurre nel carcere di Castrogno hashish e tre telefoni cellulari. Scoperta dal metal detector, scatena il raid vandalico del compagno recluso
TERAMO. A denunciare l'ennesino episodio violento avvenuto nel carcere di Castrogno ieri mattina è il sindacato Sinappe. Un detenuto di origini nordafricane ha devastato l’atrio del 3º reparto del carcere teramano, rompendo vetrate, server e qualsiasi cosa gli capitasse a tiro provocando danni per migliaia e migliaia di euro. "Inoltre" - si legge sulla nota sindacale- "il detenuto ha minacciato di autolesionarsi qualora qualcuno gli si fosse avvicinato, tenendo così sotto scacco gli agenti che, seppur numerosi, non hanno potuto fermarlo per non mettere in moto tutta una serie di meccanismi che li avrebbero visti contusi e indagati".
"Le ragioni delle intemperanze", aggiunge la nota, "sono riconducibili all’annullamento del colloquio che egli avrebbe dovuto svolgere con la compagna, in quanto la visitatrice è risultata positiva al controllo effettuato all'ingresso tramite metal detector. La donna ha dovuto consegnare ciò che aveva tentato di nascondere: tre microcellulari con schede sim (tra i vestiti) e dell’hashish (nelle parti intime). Gli agenti inoltre hanno ritenuto necessario ispezionare la cassetta data in dotazione alla signora per farle poggiare gli effetti personali prima dell’ingresso in carcere. Sono stati così rinvenuti un altro panetto di sostanza stupefacente e uno smartphone avvolto nel cellophane. Non possiamo" - conclude il sindacato - "che complimentarci coi colleghi che ancora una volta hanno gestito in maniera professionale entrambe le situazioni evitando, seppur senza strumentazione adeguata, il peggio. Siamo in attesa che questo governo dimostri quanto annunciato in campagna elettorale. Si auspica si possa arrivare ad una visione del carcere che metta al centro la sicurezza, poiché non ci stancheremo mai di ripeterlo: senza sicurezza non ci potrà mai essere alcuna rieducazione. Occorre punire severamente chi in carcere continua a commettere reati, occorre dotare la polizia penitenziaria di strumentazione adeguata (come il taser) e sistemi di tutela avverso le aggressioni, bisogna dotare la polizia penitenziaria di linee guida di intervento determinate e certe al fine di ridurre al minimo il rischio che il poliziotto passi anni sotto indagine solo per aver adempiuto il proprio dovere così come ha giurato di fare".