Equitalia morosa? Un teramano la porta in tribunale
Vince la causa per il fermo ingiusto dell’auto durato 8 anni ma la società di riscossione non paga le spese legali
TERAMO. Un altro paradosso tutto italiano. Equitalia, tanto inflessibile nell’esigere il pagamento dei tributi, a sua volta non paga quanto deve. Lo stesso fa la prefettura di Vibo Valentia, quindi lo Stato. Tanto che un contribuente ha appena notificato un atto di citazione alla società, dopodichè procederà al pignoramento o al giudizio di ottemperanza davanti al Tar.
E’ solo l’ultima puntata della lunga odissea che Marco Ceci, abitante di Cermignano sta vivendo ormai da dieci anni per una serie di multe prese e non pagate da un automobilista alla guida di una macchina che aveva venduto ormai da anni. Una battaglia estenuante, vinta in giudizio da Ceci nel marzo scorso. Ma nonostante la sentenza non sia stata impugnata e quindi sia passata in giudicato, sia la prefettura di Vibo Valentia che Equitalia ancora non pagano le spese processuali. Eppure hanno ricevuto ben tre solleciti.
Il fatto che società e prefettura se la stiano prendendo comoda, mentre Ceci per responsabilità non sue si è dovuto sorbire il fermo tecnico dell’auto per ben otto anni, non è andato giù al cittadino tartassato, che ha dato incarico al proprio avvocato, Berardo Di Ferdinando, di fare di nuovo causa per recuperare le spese legali che ha dovuto sostenere, i bolli e assicurazioni pagati nel periodo dall'iscrizione del fermo fino alla vendita a terze persone (cioè per più di due anni), nonché il deprezzamento subìto dall'auto e le spese per recarsi al lavoro con altro mezzo. In totale 4.870 euro. L’unico cenno della controparte è un fax della prefettura di Vibo che si impegna a pagare, ma a cui non è stato dato seguito.
La storia è la sequela di un’incredibile serie di errori la cui vittima è appunto Ceci. Il 46enne di Cermignano anni fa è caduto dalle nuvole alla telefonata allarmata dell’acquirente di una sua vecchia auto, una Citroen, che aveva scoperto che la macchina era sottoposta a fermo amministrativo. Ceci così scopre - e non senza difficoltà - che un’altra sua auto, una Fiat Uno venduta 1989 a una signora di Verona aveva preso nel 1996 cinque contravvenzioni al codice della strada, fatte dai carabinieri di Limbadi, in provincia di Vibo.
Il primo errore è stato dunque quello di ritenere Ceci proprietario di un’auto venduta ben sette anni prima. Equitalia, poi, senza alcun controllo sulla legittimità del credito per cui aveva avviato l’esecuzione, emette la cartella esattoriale per un importo di 799, 48 euro. L’avvocato Di Ferdinando a questo punto chiede alla prefettura di Vibo Valentia l’annullamento dei verbali di contestazione con l’invito a trasmettere gli atti all’agente di Equitalia per la cancellazione del fermo della Citroen. Ma la prefettura procede solo alla sospensione “sine die” della cartella esattoriale e solo dopo ripetute insistenze, nel 2011, il fermo dell’autovettura viene cancellato. Peraltro le multe fatte dai carabinieri il 21 marzo 1996 e la cartella notificata nel 2001 erano comunque da dichiararsi prescritti.
Inizia dunque una seconda fase della battaglia: l’avvocato Di Ferdinando è costretto a fare una opposizione ai sensi dell’articolo 615 del codice di procedura civile davanti al giudice di pace di Atri il quale finalmente, nel marzo scorso, mette fine a un incubo durato quasi dieci anni. Il giudice di pace Angela Speranza accoglie il ricorso, annulla la cartella esattoriale e condanna la prefettura di Vibo Valentia ed Equitalia Sud al pagamento a favore del ricorrente delle spese di lite, cioè mille euro.
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