Giulianova, pittrice uccisa: arrestati padre e figlio
La Procura di Ancona dispone l'incarcerazione di Giuseppe e Simone Santoleri, per omicidio e occultamento del cadavere di Renata Rapposelli. Determinante video dell'auto a Tolentino. Gli avvocati: ordinanza deboluccia, ricorso al Riesame. Analogie con il caso Ragusa
GIULIANOVA. Su richiesta del pm di Ancona Andrea Laurino, questa mattina alle 6 i carabinieri del reparto operativo di Ancona insieme a quelli di Teramo hanno arrestato a Giulianova Giuseppe e Simone Santoleri: il primo è l'ex marito della pittrice Renata Rapposelli, 64 anni di Chieti, la donna scomparsa da casa il 9 ottobre dello scorso anno e ritrovata morta un mese dopo, il secondo è il figlio. Tutti e due erano già indagati per omicidio: entrambi sono accusati di omicidio volontario e occultamento di cadavere.
I due sono stati trasferiti nel carcere di Castrogno, ma è probabile che nelle prossime ore vengano trasferiti in quello anconetano. Secondo investigatori e inquirenti, sono stati i due ad uccidere la donna scomparsa da Ancona il 9 ottobre scorso e ritrovata un mese dopo cadavere in una scarpata di Tolentino (Marche). Le indagini, portate avanti dai carabinieri di Ancona e quelli di Teramo, hanno accertato che quel 9 ottobre la donna arrivò a Giulianova per incontrare ex marito e figlio che non vedeva da tempo e con cui i rapporti erano molto tesi per questioni economiche. Appena qualche giorno fa la Procura ha disposto l'ennesimo sequestro della Fiat Seicento dei due, che ex marito e figlio avrebbero voluto rottamare e che, sostiene l'accusa, è servita per trasportare il corpo della donna da Giulianova alla scarpata di Tolentino.
DETERMINANTI LE IMMAGINI VIDEO. La Fiat Seicento dell'ex marito di Renata Rapposelli, Giuseppe Santoleri, con bagagliaio carico di cartoni e senza cappelliera posteriore, ripresa due volte - in una si vede la targa - il 12 ottobre in direzione Tolentino (Macerata) dov'è stato ritrovato il cadavere. È un indizio chiave per l'arresto dell'uomo e del figlio Simone per l'omicidio della pittrice, scomparsa il 9 ottobre e, secondo gli inquirenti, uccisa in quella data.
FASCICOLO PRESTO A TERAMO. Arriveranno a Teramo solo nei prossimi giorni gli atti relativi al fascicolo sull'omicidio di Renata Rapposelli. Dopo la dichiarazioni di incompetenza territoriale dei magistrati di Ancona, saranno infatti necessari i tempi tecnici perché il fascicolo possa arrivare sul tavolo della Procura di Teramo, che dovrà procedere con gli adempimenti del caso. Gli inquirenti sarebbero infatti convinti che la donna sia stata uccisa a Giulianova, dove era arrivata per parlare con i familiari, e poi che il suo corpo successivamente trasportato nelle Marche.
GLI INTERROGATORI. Si svolge giovedì, nel carcere di Castrogno a Teramo, davanti al gip del Tribunale di Teramo Roberto Veneziano, l'interrogatorio di garanzia di Simone e Giuseppe Santoleri. Questa mattina, intanto, padre e figlio hanno incontrato in carcere i loro legali e sono apparsi abbastanza tranquilli. «In questi mesi li avevamo preparati a questa eventualità - hanno sottolineato gli avvocati Gianluca Reitano e Gianluca Carradori, che insieme all'avvocato Alessandro Angelozzi difendono Simone e Giuseppe Santoleri - trattandosi di un' indagine per omicidio. Sono abbastanza tranquilli, per quanto si possa esserlo in una situazione del genere». I due legali, da una prima lettura dell'ordinanza, ritengono che quest'ultima sia «deboluccia» e «faccia acqua da tutte le parti» annunciano la volontà di fare ricorso al Riesame. Per Giuseppe Santoleri, in ogni caso, i legali starebbero valutando la richiesta di un suo trasferimento in una struttura sanitaria. «Per il padre, non essendo le sue condizioni di salute compatibili con il carcere - ha detto Carradori - vedremo di chiedere il trasferimento in una struttura come quella di Villa San Giuseppe, dove è stato ad Ascoli».
ANALOGIE CON IL CASO RAGUSA. Prima che venisse ritrovato il corpo della madre Renata Rapposelli, il figlio Simone Santoleri scaricò su internet la sentenza della Cassazione sul caso di Roberta Ragusa, la 44enne di San Giuliano Terme (Pisa) scomparsa da casa tra il 13 e il 14 gennaio 2012: il marito della Ragusa, Antonio Logli, è stato condannato in primo grado a 20 anni di carcere per averla uccisa e averne distrutto il cadavere. Il corpo della 44enne non è stato ritrovato. La Cassazione però aveva annullato il proscioglimento di Logli che poi è stato ritenuto colpevole e dovrà affrontare il processo d'appello il 18 marzo prossimo. Il caso potrebbe avere analogie con quello della pittrice, secondo l'accusa uccisa il 9 ottobre a Giulianova, il cui cadavere era stato rinvenuto il 12 novembre sulla riva del fiume Chienti a Tolentino (Macerata). "Chienti" è un'altra parola che salta fuori da una delle ricerche compiute sul web da Simone Santoleri in quel periodo. La Procuratrice reggente di Ancona Irene Bilotta ha ipotizzato che padre e figlio abbiano cercato di gettare il corpo in acqua senza riuscirci per la particolare morfologia dell'argine: il cadavere, avvolto nel cellophane e coperto da cartoni, sarebbe stato trasportato lì con la Fiat Seicento di Giuseppe Santoleri inquadrata da telecamere verso le 11,15 del 12 ottobre: in una rotatoria a Porto Sant'Elpidio (Fermo) - si vede la targa - e poi a Morrovalle (Macerata) sulla Statale per Tolentino.