I lavoratori assediano la villa di Venturoni
Teramo, la disperazione dei dipendenti di Villa Pini che si incatenano al cancello.
TERAMO. «Venturoni: il Natale lo faremo con te». In questo striscione è racchiusa tutta la disperazione dei dipendenti di Villa Pini che ieri, dalle 11 alle 16.45, hanno assediato la villa dell’assessore regionale alla Sanità, Lanfranco Venturoni, nella frazione di Castrogno, alle porte di Teramo. Un sit-in pacifico, inscenato da cinque lavoratori della clinica (ai quali se ne sono aggiunti altri quindici nel pomeriggio) senza stipendio da mesi. Uno di essi si è incatenato, altri hanno piazzato una brandina ai piedi dello striscione. Il tutto è avvenuto senza incidenti, sotto lo sguardo degli agenti della Digos, dei carabinieri e della polizia. Una situazione, quella dei pagamenti, che si trascina da due anni e che ha portato i dipendenti di Villa Pini davanti alla residenza di Lanfranco Venturoni nella speranza che la situazione si sblocchi.
Ad accoglierli, però, al di là del cancello di questa villa isolata sulla collina di Castrogno, non lontano dal carcere, c’erano solo i cavalli del politico del Pdl e un cane bianco. Dell’assessore alla Sanità nessuna traccia, a causa di impegni nel consiglio regionale. Nei giorni scorsi proprio i dipendenti di Villa Pini avevano sostenuto e chiesto a Venturoni di “andare avanti”, nonostante il suo coinvolgimento nell’inchiesta su un presunto appalto pilotato riguardante nuovi uffici della Asl dell’Aquila che ha portato agli arresti domiciliari l’ex assessore regionale di Forza Italia, Italo Mileti, e l’amministratore delegato della Fira Servizi, Claudio D’Alesio.
LA DISPERAZIONE. Dinanzi alla villa alcuni dei disperati lavoratori si sfogano. Gabriele Sciorilli, padre di 3 figli, dipendente della clinica dal 1974, racconta: «Non percepisco lo stipendio da 8 mesi insieme ad altri 1600 colleghi del gruppo. E’ giunto il momento che si trovi la soluzione per noi, ma se la cosa non si risolverà sono disposto a mettere in vendita uno dei miei reni alla somma di 5 mila euro per fare fronte ai problemi finanziari che non riesco a sopportare più». Giovanni D’Aquini, da 35 anni a servizio della clinica, si è incatenato alla rete di recinzione che affianca l’ingresso della villa. Non mangia da quattro giorni, ma trova la forza per dire: «Siamo ad un punto di non ritorno. Vogliamo i soldi per le nostre famiglie. Lo stiamo chiedendo con la massima civiltà».
NO CASSA INTEGRAZIONE. Sono le 15.50 quando a bordo di un pulmino bianco arrivano alcuni colleghi dei cinque manifestanti. «La soluzione non è la cassa integrazione, anche perché la clinica non è in una situazione che prevede questo», dice un altro dipendente disperato. Poi una signora urla: «Ma come ci siamo ridotti! A chiedere soldi lavorati e sudati». Alle 16.30 gli ultimi arrivati decidono di ritornare a casa. Un quarto d’ora più tardi, convinti dalle forze dell’ordine, i lavoratori che hanno assediato la villa di Venturoni fin dal mattino scelgono di ripartire anch’essi. «Ma torneremo», dicono, mentre il calar del buio sembra avvolgerli con la loro disperazione.
Ad accoglierli, però, al di là del cancello di questa villa isolata sulla collina di Castrogno, non lontano dal carcere, c’erano solo i cavalli del politico del Pdl e un cane bianco. Dell’assessore alla Sanità nessuna traccia, a causa di impegni nel consiglio regionale. Nei giorni scorsi proprio i dipendenti di Villa Pini avevano sostenuto e chiesto a Venturoni di “andare avanti”, nonostante il suo coinvolgimento nell’inchiesta su un presunto appalto pilotato riguardante nuovi uffici della Asl dell’Aquila che ha portato agli arresti domiciliari l’ex assessore regionale di Forza Italia, Italo Mileti, e l’amministratore delegato della Fira Servizi, Claudio D’Alesio.
LA DISPERAZIONE. Dinanzi alla villa alcuni dei disperati lavoratori si sfogano. Gabriele Sciorilli, padre di 3 figli, dipendente della clinica dal 1974, racconta: «Non percepisco lo stipendio da 8 mesi insieme ad altri 1600 colleghi del gruppo. E’ giunto il momento che si trovi la soluzione per noi, ma se la cosa non si risolverà sono disposto a mettere in vendita uno dei miei reni alla somma di 5 mila euro per fare fronte ai problemi finanziari che non riesco a sopportare più». Giovanni D’Aquini, da 35 anni a servizio della clinica, si è incatenato alla rete di recinzione che affianca l’ingresso della villa. Non mangia da quattro giorni, ma trova la forza per dire: «Siamo ad un punto di non ritorno. Vogliamo i soldi per le nostre famiglie. Lo stiamo chiedendo con la massima civiltà».
NO CASSA INTEGRAZIONE. Sono le 15.50 quando a bordo di un pulmino bianco arrivano alcuni colleghi dei cinque manifestanti. «La soluzione non è la cassa integrazione, anche perché la clinica non è in una situazione che prevede questo», dice un altro dipendente disperato. Poi una signora urla: «Ma come ci siamo ridotti! A chiedere soldi lavorati e sudati». Alle 16.30 gli ultimi arrivati decidono di ritornare a casa. Un quarto d’ora più tardi, convinti dalle forze dell’ordine, i lavoratori che hanno assediato la villa di Venturoni fin dal mattino scelgono di ripartire anch’essi. «Ma torneremo», dicono, mentre il calar del buio sembra avvolgerli con la loro disperazione.