IL PERSONAGGIO
«La mia Teramo vola in America con Batman, Flash e Spiderman»
Il disegnatore Di Giandomenico racconta le collaborazioni prestigiose con Scorsese e la Ferrari «La cultura è un gioco di squadra, questa città può diventare la capitale regionale dei fumetti»
TERAMO. Il ritratto della teramanità è uno schizzo. Che varca gli oceani e racconta emozioni al mondo. Da Capitan America a Wolverine, da Batman a Spider-Man Noir, da Magnete a Dylan Dog passando per Flash: perché la matita di Carmine Di Giandomenico, uno dei primi fumettisti italiani ad essere arruolati da Marvel Comics e Dc Comics dopo gli inizi con Sergio Bonelli editore, non ha confini. Ma in un mondo che tutto centrifuga e troppo anestetizza i numeri non bastano mai.
Perché ci vuole sempre una faccia, una storia per capire quello che abbiamo, quale passato e futuro facciamo girare nel mondo. Partendo da una provincia che Di Giandomenico non ha mai lasciato. Neanche per andare in quegli Stati Uniti che gli hanno regalato traguardi e copertine. «Cerco di evitare di andarci altrimenti tutto diventerebbe solo lavoro e poi perché solo la provincia permette di immergersi nelle proprie fantasie» ti dice raccontando come qualcosa della sua città ci sia sempre. E così gli scavi di piazza Sant’Anna diventano il pavimento di un salotto in una delle tavole di Hulk di Peter David e le tre cupole del tribunale sovrastano una delle tavole del primo Examen sceneggiato da Daniele Brolli. E poi c’è il cinema: Di Giandomenico annovera collaborazioni prestigiose come autore di storyboard con Martin Scorsese (“Gangs of New York” del 2002) e Tsui Hark Double (“Team – Gioco di squadra” del 1997). E non solo visto che nel 2017 i suoi disegni hanno accompagnato l’immagine della settimana internazionale della critica della mostra di Venezia. E di recente è arrivata la collaborazione con la Ferrari che lo ha scelto per firmare una delle sue cover art: il Gran Premio di Abu Dhabi 2018.
Come nasce la passione per i fumetti?
«Nasce da autodidatta dopo aver frequentato il liceo artistico di Teramo. Anni bellissimi, formativi, un periodo molto passionale. Ricordo l’occupazione per avere una nuova sede, il coinvolgimento della città con le nostre manifestazioni in piazza, i manifesti creati, vere e proprie opere scenografiche. E poi arriva la Marvel che mi affida storie importanti e a cui sarò sempre grato».
Uno dei suoi personaggi più noti è Magneto, il protagonista della miniserie scritta da Greg Pak che racconta le vicende di un giovanissimo nello scenario della deportazione degli ebrei. Un fumetto può raccontare la storia?
«ll progetto di Magneto Testament mi è stato proposto dall’ editor Warren Simons, con cui ho collaborato alla realizzazione di “Battlin’Jack Murdock”. È stata una responsabilità non indifferente ed è evidente che prima di iniziare a scrivere queste storie, sicuramente fuori dai canoni classici del fumetto dei supereroi, c’è stato un grande lavoro di documentazione. Mi è sembrato necessario e indispensabile per poi trasmettere l’emotività. Diciamo che in questo caso sono stato anche aiutato dalla documentazione che mi ha inviato lo sceneggiatore Greg Pak. Lui si è laureato a New York proprio sul tema dell’Olocausto, ha scritto una tesi di laurea con delle registrazioni fatte proprio a dei superstiti di Auschwitz. Sentire quelle voci e vedere un determinato materiale fotografico è stato allo stesso tempo devastante e fortemente coinvolgente. Ecco, devo dire, che la forza di Magneto nasce proprio da loro, da chi è sopravvissuto all’inferno».
Da Teramo al cinema americano. Quello di un grande come Scorsese e di una casa di produzione come la Miramax. Che cosa ha significato?
«Sicuramente tanto. È stata una esperienza unica anche perché mi ha fatto capire molte cose sulla narrazione. Quando leggo una sceneggiatura la penso sempre come uno storyboard per un film e poi la trasformo in vignette per la tavola. Perché il fumetto è anche e soprattutto tecnica che si affina negli anni, nel tempo. Quando la matita e l’emotività si fondono la storia prende anima. E l’anima muove tutto».
Lei è sempre rimasto a vivere a Teramo e nell’ultima campagna elettorale è stato anche candidato in una delle liste d’appoggio all’attuale sindaco Gianguido D’Alberto. La cultura può far ripartire una città devastata dal terremoto?
«La nostra città ha sfornato e sforna quelle che io definisco “maestranze” colossali: nel fumetto come nella musica. Penso a Cristian De Matteis, Cristiano Donzelli e Adriano De Vincentiis e penso a Enrico Melozzi, Paolo Di Sabatino e Luca D’Alberto. E i nomi sono tantissimi. Ma questa città non è poi capace di creare il collante giusto per trarne forza e così un patrimonio di idee e cultura rischia di disperdersi. Senza voler fare paragoni che possano sembrare fuori luogo, io credo che la città possa trovare il suo rinascimento con la formula che usò Lorenzo de’ Medici per far rinascere Firenze: dare spazio agli artisti nella loro figura storica di artigiani del territorio. E poi voglio sottolineare e rimarcare un concetto che credo fondamentale: chi fa cultura non può correre da solo. Fare cultura è un gioco di squadra, bisogna passare il testimone perché non si corre per se stessi».
E in questa rinascita lei assegna un ruolo ben preciso a Teramo Comix, la rassegna del fumetto che quest’anno compie 27 anni.
«È una rassegna di grande prestigio che negli anni è diventata un appuntamento a livello nazionale. Teramo può diventare la capitale regionale del fumetto. Ha tutte le potenzialità per farlo. La manifestazione di oggi è il risultato del lavoro e della passione di tanti che negli anni hanno fatto crescere questo appuntamento dandogli forza e credibilità su tutto il territorio nazionale. La cultura è tutto, è la nostra società, siamo noi con le nostre identità, il nostro passato e presente. Che sia un fumetto, una musica, un libro o una ricetta».
Tornando a Di Giandomenico nel mondo, l’anno scorso ha disegnato per la Ferrari. La casa di Maranello è come un film di Scorsese?
«Lavorare con grandi nomi è sempre una esperienza unica. Per la Ferrari ho disegnato il Gran Premio di Abu Dhabi del 2018 nell’ambito delle opere dedicate ai vari circuiti. Sicuramente anche questa è stata una meravigliosa avventura».
Il suo personaggio che deve ancora nascere?
«Per ovvi motivi non posso entrare nei particolari, ma diciamo che c’è già. Sarà un emigrante abruzzese arrivato in America con la passione del jazz. Il giorno lavora come muratore e la notte cerca la musica, cerca il suo jazz. Si chiamerà Leone ed è un personaggio realmente esistito. Quando mi hanno raccontato la sua storia è stato come vederlo davanti a me, come se quel volto prendesse improvvisamente forma nella mia testa. Ci sarà sempre il mio Abruzzo. Ma se Leone è già nato, un altro personaggio deve ancora arrivare: deve nascere Carmine».
©RIPRODUZIONE RISERVATA