La moglie del manager Ceci: “Mio marito merita giustizia, due bambine sono rimaste senza un papà straordinario”

Il direttore della Poliservice morì a 53 anni sull’auto della Ruzzo Reti finita in una scarpata a Isola del Gran Sasso. L’appello a quasi due anni dalla tragedia: “Chiediamo chiarezza su ciò che è accaduto, due bambine sono rimaste senza un papà straordinario”.
TERAMO. Il prezzo di certi ricordi è sempre troppo alto quando è tempo di memoria senza che ci sia stato ancora quello della giustizia. «Quella mattina mio marito è uscito per andare a lavorare e non è più tornato, mi auguro che per lui ci sia una speranza di giustizia e che si faccia chiarezza su quello che è successo»: Iva Tassoni usa parole che sanno di amore e dolore, ma anche di forte determinazione perché in ogni tragedia c’è sempre un prima e un dopo a scandire la vita di chi resta con la consapevolezza che nulla sarà come prima. Lei è la moglie di Gabriele Ceci, 53enne conosciutissimo e stimato direttore della Poliservice deceduto mentre viaggiava in una macchina della Ruzzo Reti finita in una scarpata per un cedimento del terreno sulla sterrata che da Pretara di Isola del Gran Sasso porta alle sorgenti del Ruzzo. Era il 12 luglio del 2023: l’inchiesta della Procura aperta sin dall’inizio per omicidio colposo e sulle condizioni di sicurezza della strada è ancora in corso dopo la seconda proroga d’indagine ormai alle strette finali. «Noi familiari chiediamo che gli organi competenti facciano chiarezza su quanto è successo», dice la donna, «non ci importa il tempo che sarà necessario ma ci importa il risultato finale. Ricordando l’insegnamento della Suprema Corte regolatrice che ha chiarito, in modo conforme al diritto comunitario, che per circolazione su aree equiparate alle strade va intesa quella effettuata su ogni spazio dove il veicolo possa essere utilizzato in modo conforme alla sua funzione abituale». Negli atti di un’inchiesta, prima ancora che nelle aule di tribunale, i fatti inseguono una loro verità anche se la vita fuori dal codice ha gli occhi di due bambine rimaste senza papà e la fragile dolcezza di chi si misura con un finale senza ritorno. «Mio marito era un padre straordinario», racconta ancora Iva Tassoni, «faceva tiro con l’arco con la piccolina e accompagnava sempre la più grande nell’attività ginnica. Amava la musica, amava gli aerei, era un uomo innamorato della vita: quella mattina è uscito molto presto per andare al lavoro e per questo non ha potuto salutare nemmeno le bambine. Era un uomo che riusciva ad essere un papà e un marito premuroso e attento così come sul lavoro era un professionista serio, instancabile, preparato. Gabriele merita giustizia, merita chiarezza». Quel giorno del 12 luglio di quasi due anni fa la macchina Toyota Land Cruiser della Ruzzo Reti con Ceci a bordo era diretta alle sorgenti del Ruzzo per un sopralluogo quando scivolò in una scarpata a causa, secondo una prima ricostruzione della dinamica fatta all’epoca dai carabinieri, di un cedimento di parte della strada priva di guard-rail. Al momento dell’incidente Ceci viaggiava sul sedile passeggeri anteriore della vettura. A frenare la caduta nella scarpata della macchina fu un grosso albero contro cui il mezzo finì proprio dalla parte del sedile dove si trovava il direttore della Poliservice. Quel giorno su quella strada c’erano anche altre vetture della Ruzzo Reti visto che era in programma un sopralluogo alle sorgenti tra tecnici della Ruzzo e quelli della Poliservice, la società multiservizi per la Val Vibrata che si occupa del ciclo integrato dei rifiuti ma anche di altri settori tra cui interventi di bonifica e pulizia. «Mio marito era una persona che si impegnava al massimo in tutto quello che faceva», conclude Iva Tassoni, «e noi familiari per lui vogliamo giustizia e chiarezza». ©RIPRODUZIONE RISERVATA