Scomparso nel 2019, è stato avvistato a Pineto. Parla il padre: “Massimo è un buono, lo aspettiamo”
Potrebbe esserci una svolta nella vicenda di Massimo Torregrossa, scomparso nel 2019. Avvistato a Pineto, ecco le parole del papà Armando.
PINETO. Rintracciato, nella giornata di ieri, l’uomo che il 19 dicembre era stato avvistato a Pineto e la cui identità potrebbe corrispondere a quella di Massimo Torregrossa, l’ex sacerdote di origini campane scomparso nel 2019 dalla sua casa a Catanzaro, in Calabria. Si occupa del caso l’associazione Penelope Abruzzo, in sinergia con Penelope Calabria, insieme alle forze dell’ordine. L’uomo, fermato dai carabinieri, non ha con sé i documenti e si è presentato con un nome diverso da quello che ci si aspettava, ma ha un marcato accento campano. Il padre di Torregrossa, Armando, che non aveva escluso la possibilità di una coincidenza tra suo figlio e l’uomo presente nelle foto della segnalazione, arriverà oggi a Roseto degli Abruzzi per tentare il riconoscimento. IlCentro.it lo ha intervistato.
Come racconterebbe suo figlio a chi si approcciasse adesso al caso della sua scomparsa?
«Massimo è un ex sacerdote che ha atteso nove anni per ottenere la rinuncia ai voti, perché si era innamorato di questa donna per la quale aveva deciso di fare un certo tipo di scelta. Con la moglie sono convolati a nozze e poi è successo, a nostra insaputa, tutto quello che è venuto fuori da questo matrimonio e che abbiamo raccontato anche alle televisioni. C’è una serie di comportamenti anomali, noi non siamo stati avvertiti di nulla a proposito di questa rottura matrimoniale».
Qual è stato il rapporto con la famiglia della donna nei momenti successivi alla sparizione?
«Pari a zero. Abbiamo cercato molte volte spiegazioni ma non abbiamo ottenuto nulla, e non parliamo più dal 2020. Loro non hanno mai chiesto, non si sono mai informati: basti pensare che abbiamo appreso della sparizione di mio figlio da un’altra persona, e solo dopo è stato detto alla moglie».
La stessa denuncia è partita in ritardo per questo motivo.
«La denuncia è stata fatta su spinta nostra dopo otto giorni. Ci siamo trovati nelle condizioni di dover mettere alle strette la donna: o denunci tu o lo facciamo noi».
Che idea vi siete fatti di questa reticenza?
«È una cosa strana, non siamo riusciti a farci un’idea precisa. C’è un’anomalia evidente in questo comportamento: non si può trascendere da una cosa così grave, cioè il non aver avvertito la nostra famiglia».
Qualche giorno dopo ritrovano la macchina, davanti a un hotel.
«Questa è un’altra anomalia, ancora più grande: ti accorgi della macchina solo dopo poche ore dalla denuncia, guarda caso. Sono troppe le cose che non tornano, capisce? E poi veniamo a sapere che, da giorni, lei non frequentava più casa e forse pensava già ad altre cose».
Di questa crisi matrimoniale voi non sapevate nulla?
«Da quello che si è saputo soltanto dopo, questa perdita di amore era di anni addietro, però mio figlio non aveva mai parlato di questa crisi. Credo che volesse nascondere il sentimento che ormai aveva la moglie nei suoi confronti, con la speranza di una riappacificazione, ma sono solo supposizioni. Non vedo nessun’altra ragione. Tutti sapevano di quella famiglia, da anni, ma nessuno ha avuto il coraggio di parlare con noi: perché questa famiglia non ha detto tutto? Che cosa ci vogliono nascondere?».
Massimo era tranquillo, prima della sparizione?
«Ci ho parlato due giorni prima, era normalissimo. E poi mio figlio non sparisce così, era attaccatissimo a noi, alla famiglia, alle sorelle. Tutti gli volevano bene. Non è un delinquente, non aveva guai, non aveva ricevuto da noi nessun tipo di torto. Era un prete buono e a volte severo con sé stesso, perciò escludo che abbia fatto l’estremo gesto, nella maniera più assoluta».
So che ha visto le foto di ieri: ha riconosciuto suo figlio in quegli scatti?
«Non sono sicuro che possa essersi trasformato nel modo che ho visto. Certo, i capelli, la fronte alta, l’arcata delle sopracciglia, gli occhi, queste cose somigliano. Ma la corporatura no: mio figlio è alto un metro e 80 mentre, dalle gambe, l’uomo nella foto mi sembra più basso. E poi, se mio figlio avesse voluto nascondersi, non sarebbe andato in giro con il rischio di essere visto da chiunque».
Che cosa vorrebbe dire a suo figlio?
«Vorrei dirgli che noi siamo qui e lo aspettiamo. Non posso pensare a nient’altro da dire, soltanto questo. La mia speranza è che sia rifugiato in qualche convento, magari non ha il coraggio di parlare. Io non voglio condannare nessuno in particolare, ma il comportamento generale: tutti sapevano di questa matassa e nessuno ha parlato. Massimo poteva essere salvato: saremmo andati a Catanzaro, avremmo cercato di capire la situazione, lo avremmo fatto ragionare e lo avremmo potuto riprendere con noi, perché siamo i suoi genitori. Invece ci hanno negato il corso logico delle cose. Questo non lo perdonerò mai».
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