Province, Teramo o L'Aquila? La costa vuole Pescara
Monticelli chiama a raccolta i sindaci. Di Pasquale e Rabbuffo contro Chiodi, Brucchi al Pd: sconfitti per colpa vostra
TERAMO. Sull'accorpamento all'Aquila si accende lo scontro politico. Dopo le prime reazioni unanimi di rigetto del decretro del consiglio dei ministri che di fatto cancella il capoluogo teramano, partiti e rappresentanti delle istituzioni si dividono sulle responsabilità da cui è dipeso questo risultato. Tra accuse e repliche spunta anche lo "scisma" annunciato dai comuni della costa che preferiscono unirsi a Pescara.
TERAMO ADDIO. A invocare la diaspora è il sindaco di Pineto Luciano Monticelli. «Ho intenzione d'iniziare un nuovo percorso», fa sapere il primo cittadino pinetese, «per accorpare il mio capoluogo a Pescara e non a L’Aquila: ne parlerò con gli altri sindaci perché si faccia qualcosa in merito». Monticelli tiene aperto un filo diretto di comunicazione anche con i cittadini, tramite la propria pagina Facebook e l'indirizzo mail sindaco@comune.pineto.it, per raccogliere suggerimenti e proposte che arrivino dalla base. Secondo lui, la Regione non ha fatto nulla per evitare l'accorpamento di Teramo all'Aquila, deliberato dal governo recependo l'unica proposta emersa in Abruzzo, quella adottata dal consiglio delle autonomie locali (Cal).
IL GRANDE BLUFF. A richiamare le colpe della maggioranza è anche il capogruppo di Fli alla Regione Berardo Rabbuffo. «Come avevamo anticipato la "non decisione" del Pdl non ha tutelato nessuno, né Chieti né Teramo», sottolinea, «è evidente come, per non mortificare nessun territorio, l'unica strada percorribile sarebbe stata la proposta della provincia unica». In consiglio regionale, secondo Rabbuffo, è stata adottata una "soluzione pilatesca" che ha solo favorito l'accorpamento. «Il bluff è evidente», afferma il capogruppo di Futuro e Libertà, «il governo ha preso a riferimento la proposta del Cal non potendo certo considerare il nulla offerto dall'assemblea legislativa abruzzese, degradata da un'indicazione inutile come quella di zero province».
DIRIGENZA INADEGUATA. Manola Di Pasquale, consigliere comunale e presidente regionale del Pd, chiama in causa il sindaco Maurizio Brucchi e il governatore Gianni Chiodi. «Hanno scelto di sacrificare Teramo», attacca, «per nascondere le spaccature presenti nel gruppo dirigente politico di centrodestra». La maggioranza guidata dal Pdl, secondo lei, non è stata in grado di gestire il riordino delle province. Per Di Pasquale, inoltre, l'accorpamento all'Aquila non comporta l'automatica perdita di funzioni e servizi. «La vera partita politica si gioca ora», afferma, «questa classe dirigente che è al governo è davvero capace di far valere le ragioni politiche-economiche del nostro territorio?».
LA REPLICA. Brucchi rispedisce al mittente tutte le accuse. «Il Pd teramano», osserva, «è il grande assente». Il primo cittadino evidenzia la scarsissima presenza di rappresentanti del Pd nella marcia all'Aquila della settimana scorsa per fare pressione sul consiglio regionale. «Non hanno partecipato a nulla o quasi», insiste, «e ora cercano di buttare le responsabilità addosso a me e a Chiodi». Secondo Brucchi è stata proprio del Pd la colpa della mancata decisione sul riassetto dei capoluoghi. «I suoi rappresentati dovrebbero battersi il petto e recitare il mea culpa», spiega il sindaco, «anziché fare del populismo spicciolo e inutile visto che i cittadini sanno quello che ho fatto». Brucchi lancia un appello ai parlamentari di centrosinistra in vista del voto di Camera e Senato sul decreto del governo: «Mi auguro che non si comportino come Ponzio Pilato».
Gennaro Della Monica
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