«Quel sistema è già sicuro ma si può migliorare»
Il direttore tecnico del Ruzzo descrive come funzionano captazioni e controlli «Apparecchi sofisticati segnalano in tempo reale qualsiasi anomalia»
TERAMO. «I controlli sono continui e serratissimi». E' amareggiato Domenico Giambuzzi, responsabile dell'area tecnica di Ruzzo Reti, ma non per il sapore dell'acqua al toluene quanto per una psicosi innescata dall'allarme di una settimana fa che ha compromesso la fiducia dei cittadini in un sistema sottoposto a monitoraggi dettagliatissimi. «E' come se ti avessero ritirato la patente perché viaggiavi a 18 chilometri all'ora su un'autostrada con il limite di velocità a 700», dice. Sulla qualità dell'acqua raccolta dalla falda del Gran Sasso Giambuzzi non ha dubbi. «Ci sono verifiche continue e approfondite», evidenzia, «qualunque anomalia viene segnalata e non potremmo mai far finta di niente».
I controlli, tra l'altro, sono realizzati attraverso apparecchiature sempre più sofisticate, capaci d'individuare anche la minima traccia di sostanze inquinanti nell'acqua, da aver determinato una situazione paradossale nell'allarme della settimana scorsa. «Non eravamo lì a caso», sottolinea il dirigente, «le verifiche erano state intensificate perché sapevamo che c'erano lavori sia sull'autostrada che nelle sale dell'istituto di fisica nucleare». Una prima precauzione era stata adottata con la decisione di "mettere a scarico", cioè non convogliare nella rete, l'acqua captata nei pressi del laboratorio. «Avevamo stabilito di farlo a inizio maggio perché la disponibilità idrica in questo periodo è maggiore», sottolinea il dirigente, «e la perdita di quel quantitativo non avrebbe comportato conseguenze sull'approvvigionamento».
La sicurezza del sistema nelle viscere del Gran Sasso, a detta di Giambuzzi, non è in discussione. «Nelle gallerie ci sono telecamere dappertutto», spiega, «e la rete potabile è isolata e sottoposta a una fitta maglia di controlli da parte nostra, dell'Arta e della Asl». L'acqua captata attraverso i cosiddetti "dreni", lunghi fori ai lati delle gallerie aperti durante gli scavi negli anni '70 per impedire il riformarsi di una pressione idrica eccessiva che farebbe collassare l'infrastruttura viaria, viene convogliata in condotte centrali. Queste scorrono, in entrambe le direzioni di marcia, sotto il piano viabile del tunnel da cui sono protette tramite una guaina isolante. A circa 2,5 chilometri dallo sbocco verso Colledara entrambi i rami confluiscono in una tubatura unica di collegamento con la rete di distribuzione esterna. «In quel punto l'acqua viene raccolta in due sedimentatori», fa sapere Giambuzzi, «dov'è in funzione un sistema di controllo on line basato su alcuni parametri di salubrità dell'acqua».
Il meccanismo di monitoraggio in tempo reale è rientrato tra gli interventi di messa in sicurezza successivi allo sversamento di trimetilbenzene nel 2002 e affidati dal governo all'allora commissario Angelo Balducci. «Lo strumento è testato su livelli più bassi rispetto ai limiti di legge per i parametri misurati», precisa il dirigente, «se rileva un'anomalia, l'immissione nella condotta principale viene bloccata automaticamente e l'acqua va in scarico». Il problema, inoltre, è immediatamente segnalato a Ruzzo Reti, Arta e Sian, il servizio igiene alimenti e nutrizione della Asl da cui è partito l'allarme di una settimana fa. «Non esistono apparecchiature che danno la certezza matematica», evidenzia Giambuzzi, «ma quel sistema è tra i più avanzati e accurati». Al monitoraggio on line si aggiungono i controlli incrociati. «Facciamo prelievi su sorgenti e reti anche di sabato e domenica, alternandoci con Arta e Sian e i controlli sono efficacissimi, come dimostrano gli episodi recenti». L'acqua di sgocciolamento all'interno della galleria e quella reflua proveniente dai laboratori, tra l'altro, vengono dirottate su canali di raccolta distinti rispetto alla rete idropotabile.
«I livelli di sicurezza vanno comunque aumentati», tiene a precisare Giambuzzi, «completando gli interventi avviati da Balducci». Le condotte dei reflui sono state sostituite solo in parte con tubature che ne accentuano l'impermeabilità e sul tracciato autostradale va posizionata una seconda guaina isolante. In prospettiva c'è anche l'allontanamento dei punti di captazione da gallerie e laboratori, ma questo comporterà interventi molto più complessi e costosi. «L'idea è di pressurizzare l'acqua», conclude il dirigente della Ruzzo Reti, «per evitare che entri a contatto con l'aria». Da qui infatti sarebbero arrivate le molecole di toluene che hanno scatenato il panico.
Gennaro Della Monica
©RIPRODUZIONE RISERVATA
I controlli, tra l'altro, sono realizzati attraverso apparecchiature sempre più sofisticate, capaci d'individuare anche la minima traccia di sostanze inquinanti nell'acqua, da aver determinato una situazione paradossale nell'allarme della settimana scorsa. «Non eravamo lì a caso», sottolinea il dirigente, «le verifiche erano state intensificate perché sapevamo che c'erano lavori sia sull'autostrada che nelle sale dell'istituto di fisica nucleare». Una prima precauzione era stata adottata con la decisione di "mettere a scarico", cioè non convogliare nella rete, l'acqua captata nei pressi del laboratorio. «Avevamo stabilito di farlo a inizio maggio perché la disponibilità idrica in questo periodo è maggiore», sottolinea il dirigente, «e la perdita di quel quantitativo non avrebbe comportato conseguenze sull'approvvigionamento».
La sicurezza del sistema nelle viscere del Gran Sasso, a detta di Giambuzzi, non è in discussione. «Nelle gallerie ci sono telecamere dappertutto», spiega, «e la rete potabile è isolata e sottoposta a una fitta maglia di controlli da parte nostra, dell'Arta e della Asl». L'acqua captata attraverso i cosiddetti "dreni", lunghi fori ai lati delle gallerie aperti durante gli scavi negli anni '70 per impedire il riformarsi di una pressione idrica eccessiva che farebbe collassare l'infrastruttura viaria, viene convogliata in condotte centrali. Queste scorrono, in entrambe le direzioni di marcia, sotto il piano viabile del tunnel da cui sono protette tramite una guaina isolante. A circa 2,5 chilometri dallo sbocco verso Colledara entrambi i rami confluiscono in una tubatura unica di collegamento con la rete di distribuzione esterna. «In quel punto l'acqua viene raccolta in due sedimentatori», fa sapere Giambuzzi, «dov'è in funzione un sistema di controllo on line basato su alcuni parametri di salubrità dell'acqua».
Il meccanismo di monitoraggio in tempo reale è rientrato tra gli interventi di messa in sicurezza successivi allo sversamento di trimetilbenzene nel 2002 e affidati dal governo all'allora commissario Angelo Balducci. «Lo strumento è testato su livelli più bassi rispetto ai limiti di legge per i parametri misurati», precisa il dirigente, «se rileva un'anomalia, l'immissione nella condotta principale viene bloccata automaticamente e l'acqua va in scarico». Il problema, inoltre, è immediatamente segnalato a Ruzzo Reti, Arta e Sian, il servizio igiene alimenti e nutrizione della Asl da cui è partito l'allarme di una settimana fa. «Non esistono apparecchiature che danno la certezza matematica», evidenzia Giambuzzi, «ma quel sistema è tra i più avanzati e accurati». Al monitoraggio on line si aggiungono i controlli incrociati. «Facciamo prelievi su sorgenti e reti anche di sabato e domenica, alternandoci con Arta e Sian e i controlli sono efficacissimi, come dimostrano gli episodi recenti». L'acqua di sgocciolamento all'interno della galleria e quella reflua proveniente dai laboratori, tra l'altro, vengono dirottate su canali di raccolta distinti rispetto alla rete idropotabile.
«I livelli di sicurezza vanno comunque aumentati», tiene a precisare Giambuzzi, «completando gli interventi avviati da Balducci». Le condotte dei reflui sono state sostituite solo in parte con tubature che ne accentuano l'impermeabilità e sul tracciato autostradale va posizionata una seconda guaina isolante. In prospettiva c'è anche l'allontanamento dei punti di captazione da gallerie e laboratori, ma questo comporterà interventi molto più complessi e costosi. «L'idea è di pressurizzare l'acqua», conclude il dirigente della Ruzzo Reti, «per evitare che entri a contatto con l'aria». Da qui infatti sarebbero arrivate le molecole di toluene che hanno scatenato il panico.
Gennaro Della Monica
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