Teramo, omicidio Mazza: partito il processo bis

Tappe forzate del tribunale per evitare la scadenza della custodia cautelare a carico dell'imputato Romano bisceglia. Subito respinte le eccezioni della difesa nel corso della prima udienza in cui vengono ascoltati dieci testimoni

TERAMO. L’imperativo è velocizzare i tempi. Il processo bis per l’omicidio di Adele Mazza (nella foto), strangolata e fatta a pezzi nell’aprile del 2010, inizia oggi con quello che si annuncia già un fitto calendario di udienze e audizioni di testi. Perchè nell’aula di Corte d’Assise del palazzo di giustizia teramano parte un dibattimento a tappe forzate che vuole evitare la scadenza dei termini di custodia cautelare per Romano Bisceglia, accusato dell’omicidio della sua convivente e condannato in primo grado all’ergastolo con isolamento diurno. Senza sentenza Bisceglia potrebbe tornare in libertà tra febbraio ed aprile. A luglio, infatti, i giudici della Corte d’Appello hanno annullato la sentenza di primo grado e l’uomo da condannato ad un fine pena è tornato un detenuto in attesa di giudizio. Ai magistrati aquilani (presidente Luigi Catelli, a latere Armanda Servino) sono bastati pochi attimi per stabilire che quella sentenza di primo grado emessa dalla Corte d’Assise teramana il 23 aprile del 2012 è nulla. Lo è per un vizio di forma, per difformità riscontrate nella composizione e nella sostituzione dei giurati popolari, in particolare nella presenza del componente supplente. Lo è perché, come ha più volte stabilito la Cassazione in diversi pronunciamenti su questo tema, ciò viola il principio di immutabilità. Tecnicismi giuridici che il 5 luglio scorso hanno preso forma nell’aula di Pile dove le eccezioni sono state sollevate non solo dalla difesa di Bisceglia, ma anche il procuratore generale Romolo Como che al termine dell’udienza così commenterà: «quella assunta oggi è una decisione lineare sulla base delle carte del processo di primo grado».

E il nuovo processo di primo grado per Bisceglia, detenuto nel carcere di Larino ma da qualche giorno rientrato in quello di Castrogno, ricomincia oggi. La pubblica accusa (questa volta rappresentata dal pm Stefano Giovagnoni visto che il pm titolare del caso Roberta D’Avolio nel frattempo è stata trasferita all’Aquila) oggi presenterà una lista testi sfoltita di venti nomi: 60, dunque, e non 81. Nell’udienza di questa mattina saranno ascoltati in dieci: i carabinieri che seguirono le indagini e i due cittadini che scoprirono il cadavere. Giovedì e venerdì le successive udienze davanti ai giudici presieduti da Giovanni Spinosa. Il calendario prevede anche l’audizione di alcuni militari del Ris, il raggruppamento delle investigazioni scientifiche. A difendere l’imputato l’avvocato Barbara Castiglione, ad assistere i familiari della donna, che si sono costituiti parte civile, gli avvocati Gennaro Lettieri e Renzo Di Sabatino. Bisceglia, accusato di omicidio volontario pluriaggravato e vilipendio di cadavere, ha sempre respinto ogni accusa, ribadendo più volte di non aver uscciso la donna, sua convivente per tanti anni. Quel che restava di Adele Mazza, una vita consumata tra droga e prostituzione, venne ritrovato nell’aprile del 2010 in una scarpata di via Franchi, alla periferia della città. Se il trasporto con un carrellino di quei resti, chiusi nelle buste di un supermercato, non fosse stato compiuto maldestramento dall’assassino forse quel corpo non sarebbe mai stato ritrovato. Bisceglia venne arrestato qualche settimana dopo: ad incastrarlo soprattutto il suo Dna trovato sul nastro adesivo usato per chiudere un sacco contenente il secchio con un braccio della donna e quelle macchie di sangue della vittima nel bagno di casa dell’uomo. «Un coacervo di elementi di prova» scriveranno due anni dopo il fatto i giudici della corte d’Assise nelle motivazioni della sentenza di condanna. Una sentenza che da ieri mattina non esiste più. In aula, così come nel processo di prima grado, anche le telecamere di “Un giorno in pretura”. Subito, respinte comunque, le eccezioni della difesa. Si procede mostrando le immagini della scena del delitto (d.p.)

©RIPRODUZIONE RISERVATA