LA BUROCRAZIA
Teramo, un anno senza soldi: l’Inps non sa come fare i calcoli
Un gruppo di operai licenziati a Martinsicuro non riesce a percepire la disoccupazione. «Costretti agli stenti perché non conteggiano la cassa integrazione precedente»
TERAMO. Si dice che la burocrazia è un mostro senza testa. Certamente è anche senza cuore. C’è di sicuro una spiegazione in punta di diritto per giustificare quello che sta accadendo a quattro ex dipendenti di una piccola azienda artigiana che si occupa di installazione impianti a Martinsicuro. Ma anche ad altri nelle stesse condizioni, che finora non sono usciti allo scoperto.
Tutto inizia con il lodevole intento del datore di lavoro di evitare in tutti i modi il licenziamento dei suoi 5 dipendenti, nonostante la crisi e il calo di lavoro. Così l'azienda – la “Piselli Edo” – a maggio 2014 li mette in cassa integrazione in deroga. A dicembre, però, visto che la crisi non accenna a finire, li deve licenziare. I lavoratori non percepiscono l’indennità di cassa integrazione perchè il governo non ha assicurato la copertura finanziaria a questo ammortizzatore. E dopo otto mesi in cui non prendono un euro, al momento del licenziamento quasi tirano un sospiro di sollievo: ora potranno percepire l’indennità di disoccupazione. Sbagliato: l’Inps ormai da quattro mesi si rifiuta di dare il via ai pagamenti.
«L'Inps non sa quale dato salariale calcolare per l’indennità di disoccupazione, non essendo chiaro se la cassa integrazione in deroga per gli 8 mesi precedenti sarà pagata», spiega Giampiero Dozzi, segretario della Fiom Cgil, «Noi abbiamo suggerito di calcolare senza tener conto della Cig in deroga e poi un’eventuale differenza si può pagare in un secondo momento. Per questo abbiamo chiesto anche un incontro con i vertici Inps ma non ce l’hanno dato: dicono che è un problema che non si può risolvere a livello locale. La soluzione, secondo noi, si può trovare. D’altronde per casi simili, che riguardano però l’indennità di mobilità e non la Cig, l’Inps ha pagato l’indennità di disoccupazione, poi si liquidano le differenze. Non si possono lasciare i lavoratori senza un euro, negando loro un diritto, solo perchè non si sa come fare i calcoli. Vedremo che iniziative adottare nei prossimi giorni, la situazione dei lavoratori è disperata».
L’unico ad aiutarli in questo anno è stato proprio il datore di lavoro, che ha anticipato il Tfr, dando loro una mano. Ma ormai i soldi sono finiti. «Ci speravamo tanto nella disoccupazione», racconta Alessio Patricelli, uno dei lavoratori da un anno senza un’entrata, «per cui i pagamenti sono puntuali. Invece niente. Io vivo da solo, devo pagare un mutuo. Sto dando fondo ai risparmi di 20 anni di lavoro, ormai sono a secco. Mi aiutano i miei genitori, mangio da loro per non fare la spesa e quest’inverno ho usato una stufa a legna per non accendere il termosifone. A quasi quarant’anni tutto questo è umiliante. Sto cercando disperatamente lavoro: ho battuto tutta la costa, da Roseto a San Bendetto: non c’è niente. Certo, un mio collega che ha appena avuto una bambina sta peggio di me».
Ma, paradosso nel paradosso, c’è un collega che tutte queste difficoltà non sa che cosa siano. «Non ci capisce. C’è un collega della stessa ditta, che ha fatto la stessa domanda, lo stesso giorno: a lui da gennaio i pagamenti arrivano, compresi gli 80 euro di Renzi. A me nemmeno quelli», fa notare amaramente Patricelli, «noi non sappiamo che pensare: ci sballottano a destra e sinistra e non ci danno risposte. Io so solo che è ingiusto che dopo una vita di lavoro ci si riduca a fare una vita di stenti perchè viene negata un’indennità a cui abbiamo diritto solo perchè non sanno come fare un calcolo».