Tercas, ricorso contro il sequestro dei fondi
La banca Unicredit è intenzionata a impugnare il provvedimento al Riesame Intanto la Finanza indaga anche su altri 11 milioni per il crac Di Mario
TERAMO. L’Unicredit potrebbe fare ricorso al tribunale del Riesame contro il sequestro di fondi disposti dal tribunale di Roma nell’ambito dell’inchiesta sul crac del gruppo Dimafin di Raffaele Di Mario.
E’ una indiscrezione che circola negli ambienti finanziari dopo il provvedimento che nei giorni scorsi ha portato ad un mega sequestro preventivo di 31, 6 milioni a tre banche tra cui la Tercas a cui sono stati sequestrati 8, 2 milioni. A Unicredit nei sono stati sequestrati 12,9, a Factorit 2,7 e a Italease 7,9. Ma, secondo acune fonti, si indaga an che su altri 11. Sono i soldi che, secondo l’accusa della procura romana, il costruttore Di Mario, invece di pagare l’Iva allo Stato, avrebbe versato alle banche creditrici in modo da ripianiare debiti ed ottenere altri prestiti.
Secondo i pm i comportamenti tenuti dalle banche si configurano come concorso in bancarotta preferenziale e patrimoniale « perchè gli istituti di credito sapevano che l’impero dell’imprenditore molisano era traballante». Nell’inchiesta romana sono indagati in 29. Sono coinvolti anche l’ex presidente della Tercas Lino Nisii e l’ex direttore generale Antonio Di Matteo.
Il coinvolgimento dell’ex governance della Tercas, che da maggio è passata nelle mani del commissario di Bankitalia, si consuma nel 2008 durante un consiglio d’amministrazione che vota l’acquisizione di 8,2 milioni di euro di Iva che Di Mario avrebbe dovuto versare all’Erario. Tercas e le altre banche coinvolte vantavano enormi crediti verso Di Mario. Mantenere in vita dal punto di vista economico quest’ultimo cercando di recuperare le esposizioni era per il mondo creditizio un obiettivo più che logico. Ma il costruttore romano, dopo essere stato arrestato per bancarotta fraudolenta del gruppo Dimafin, parla. Lo fa insieme al suo socio Lucio Giulio Capasso: entrambi scaricano sulle banche. Nell’inchiesta spunta anche un esposto del gruppo Dimafin contro le banche coinvolte in cui si sostiene «che le banche avrebbero imposto a Di Mario di non versare l’Iva all’Erario».
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