L’Aquila

Aborto, l’Abruzzo è la regione con più obiettori insieme alla Sicilia

20 Gennaio 2025

Le attiviste del Collettivo “Zona Fucsia” dicono che sottoporsi ad una interruzione di gravidanza in Abruzzo è di fatto un privilegio. E c’è il grande problema dei consultori familiari

L’AQUILA. Ci sono testimonianze e numeri a raccontare come in Abruzzo l’obiezione di coscienza rischia di impedire del tutto l’accesso all’aborto. A parlare prima di tutto sono i dati: 79 ginecologi, 96 anestesisti e 202 unità del personale non medico si rifiutano, per motivi etici, di praticare l’interruzione volontaria di gravidanza (Ivg) a una paziente entro i primi 90 giorni di gestazione come previsto dalla legge. Secondo un report del 2021, i ginecologi obiettori sono l'84 per cento, gli anestesisti il 65,3 e il personale non medico il 52,3. Numeri che assegnano all’Abruzzo la maglia nera, in Italia, insieme alla Sicilia.

E non mancano le testimonianze, per lo più in anonimato, di donne che per praticare un’interruzione di gravidanza «spesso devono fare più di un tentativo o ricorrere al passaparola per trovare l’istituzione e l’equipe medica che possa accoglierle e offrire un servizio che dovrebbe essere garantito a tutte per legge» come spiega al Centro Marielisa Serone, responsabile regionale diritti del Partito Democratico.

LE 15 STRUTTURE

Per quanto riguarda le strutture pubbliche abruzzesi, sono 15 quelle con reparto di ostetricia e ginecologia ma solo sette svolgono attività di Ivg per una percentuale del 46,7 per cento. I dati emergono dall’ultima relazione annuale inviata dal Ministero della Salute a fine 2024. «Numeri pubblicati con oltre un anno di ritardo, incompleti in molte voci che non possono essere utilizzati per fare un’analisi accurata – prosegue Serone che è anche componente esecutivo nazionale della Conferenza delle Democratiche -. Alcuni dati sembrano infatti cambiati, soprattutto riguardo alla somministrazione farmacologica, inizialmente non incentivata in Abruzzo, con attivazioni del servizio ad Avezzano, L’Aquila e una importante riattivazione del servizio su Lanciano, avvenuta a giugno dello scorso anno, dopo uno stop durato anni».

In Abruzzo, come nel resto del Paese, l’Ivg è possibile sia chirurgicamente, sia farmacologicamente (dal 2009) con l’assunzione in due dosi della pillola Ru486. Dal 2020, poi, con l’aggiornamento delle linee guida da parte dell’allora ministro della Salute, Roberto Speranza, la somministrazione è possibile anche nei consultori e non solo in ambito ospedaliero. Di fatto, però, solo alcune regioni la garantiscono in maniera omogenea, tra quelle virtuose non compare l’Abruzzo.

PRIVILEGIO PER POCHI

Le attiviste del Collettivo “Zona Fucsia” dicono che «sottoporsi ad una interruzione di gravidanza in Abruzzo è di fatto un privilegio». Le attiviste di Pescara hanno letteralmente bussato a ogni struttura pubblica sanitaria in cui è prevista la pratica dell’interruzione di gravidanza e chiesto i dati che dovrebbero essere raccolti periodicamente dal ministero per valutare la situazione sul territorio.

«Questi dati - spiega Benedetta La Penna, cofondatrice del Collettivo e membro della Commissione pari opportunità in Regione - non sono semplici statistiche, ma rappresentano storie di donne che si trovano a dover affrontare un percorso ad ostacoli per accedere a un diritto garantito dalla legge. L’Ivg non dovrebbe essere un privilegio riservato a chi ha le risorse economiche o logistiche per spostarsi, ma un servizio assicurato in ogni ospedale pubblico».

MANCANO CONSULTORI

Poi c’è il problema dei consultori familiari che sono pochi e poco utilizzati, contrariamente a quanto si dovrebbe fare per ricorrere all'aborto farmacologico. «La scarsità di consultori familiari rappresenta un reale ostacolo per le donne che necessitano di assistenza, supporto e informazioni riguardo alla salute riproduttiva e alla possibilità di accedere all'interruzione di gravidanza. Tali strutture risultano infatti essere il primo punto di riferimento per garantire un servizio di assistenza completo e continuativo, il primo luogo dove tutte le donne si recano per chiedere consigli e aiuto».

In Abruzzo ne troviamo 53 sparsi sul territorio regionale, 2,1 ogni 10.000 donne (ossia 0,8 ogni 20.000 abitanti). «Il fatto che su più di 1.300 interruzioni volontarie di gravidanza il 98,1 per cento si svolga in un ospedale e solo lo 0,2 nei consultori ci fa capire quanto siano, in Abruzzo, luoghi non utilizzati in maniera adeguata. La Regione, ente preposto al loro funzionamento, dovrebbe quindi investire maggiormente su quelli che sono luoghi di benessere e fioritura personale e della comunità», conclude Benedetta La Penna.

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