Intervista a Marsilio: «Domani a Roma dirò grazie a Papa Francesco a nome dell’Abruzzo»

Il presidente della Regione Abruzzo parteciperà ai funerali: “Da lui un dono speciale per gli abruzzesi: il riconoscimento della Perdonanza»
Domani lei andrà a Roma ai funerali di Papa Francesco. Perché lo fa?
È doverosa la presenza istituzionale oltre alle considerazioni personali. Credo che sia importante rappresentare il lutto, il dolore e l’affetto di tutto l’Abruzzo, credenti e non credenti, verso la Sua figura.
Farà la fila?
Come rappresentante di una istituzione, mi è stato riservato un posto con regolare accredito, indicandomi l’ingresso al quale rivolgermi per entrare con due ore di anticipo.
Lei è credente?
Non ho il dono della fede.
Un ateo conservatore e un credente innovatore, che cosa hanno in comune?
Beh intanto io non mi definisco un ateo.
Però è un conservatore. Sì, questo sì.
Quindi non ha molto in comune con il credente innovatore Francesco?
Intanto ho l’umiltà di non paragonarmi al Santo Padre. Quindi (sorride) non mi chieda di mettermi a paragone con la sua figura o il suo pensiero. Mi sembra che sia poco equilibrato farlo…
Marco Marsilio è rientrato da poche ore da Siviglia dove, da presidente del Gruppo Ecr al Comitato delle Regioni e governatore dell’Abruzzo, ha parlato di Europa che dialoghi e che sia più vicina ai suoi cittadini. Domani sarà a Roma per partecipare ai funerali di Papa Francesco.
Facciamo un passo indietro nel tempo. Lei ha incontrato Francesco nel 2022 all’Aquila per la Perdonanza Celestiniana. Che impressione le ha fatto, cosa le ha detto?
Diciamo che ho avuto più occasioni di incontro ma come può immaginare sono sempre occasioni nelle quali non hai il privilegio di fermarti neanche un quarto d’ora a scambiare opinioni. Lì ci si limita a frasi di protocollo, però anche nel brevissimo spazio devo dire che ho avuto l’impressione di una persona molto gioviale, sempre pronta alla battuta scherzosa. Ricordo che quando, in piazza Duomo, lo accogliemmo ed ebbi questo privilegio prima di andare all’apertura della Porta Santa, lui non si risparmiò nelle battute con il cardinal Petrocchi come se fossero due ragazzi a scuola, due liceali che si divertono a rivedersi in queste occasioni.
Ricorda anche una di queste battute?
Nel dettaglio non ricordo di preciso. Ma l’impressione che ho avuto è stata proprio quella che le ho appena detto. Giocava, si divertiva un po’ a provocarlo (Petrocchi) di fronte a me e a Biondi (il sindaco dell’Aquila) che eravamo lì un po’ più ingessati. Ma Papa Francesco ha subito rotto il ghiaccio e creato le condizioni di maggiore rilassatezza, diciamo così.
Lo considera un rivoluzionario?
Io ormai ho l’età per aver assistito a qualche morte di Papa, non soltanto a questa. E non c’è stata mai un’occasione in cui la morte di un Papa non abbia commosso profondamente, segnato in qualche maniera un passaggio d’epoca. Quindi su questo sono più prudente, cioè non indulgo nella retorica o nella eccezionalità. Tutti i Papi sono stati e sono figure eccezionali e spero che lo sia anche il prossimo.
Sul prossimo le farò la domanda finale. Ora entriamo nei temi cari a Francesco. Partiamo dai migranti: su cosa è d’accordo e su cosa non lo è?
Penso che non si debbano strumentalizzare le parole di un Pontefice nella lotta politica quotidiana. È una caduta di livello ed è anche un traslare due sfere che, almeno nell’Occidente, abbiamo impiegato qualche secolo per separare. Quindi io non contesto mai a un Pontefice il suo diritto-dovere di alzare sempre la sua voce in difesa dei deboli e degli ultimi. Ma rivendico l’autonomia della politica nel fare le scelte a volte anche difficili e dolorose oppure che possono sembrare più severe. Perché poi non sempre la politica può permettersi il lusso della bontà di cuore.
Le rivolgo la stessa domanda sul tema più grande di tutti. Guerre in Ucraina e Medio Oriente, Putin-Zelensky-Israele e stermini a Gaza. Lei sa quale era la visione del Papa. Cosa ne pensa?
Il Papa non può che fare il Papa. Non può che invocare la pace, ma non è che l’invocazione costante e assidua di Francesco sia diversa da quella che Benedetto XV faceva all’inizio della Prima Guerra mondiale. Non ho mai sentito un Papa che facesse il tifo per la guerra e prendesse le parti, almeno nell’epoca moderna, da quando sono finiti i papi Re e i papi condottieri. Da quando cioè i Pontefici si sono spogliati del potere temporale per occuparsi esclusivamente della sfera spirituale. Difficile aspettarsi dai papi una cosa diversa dall’invocazione di una pace, di una tregua, di un dialogo, di un compromesso. Un punto di incontro che eviti spargimento di sangue.
Insomma non è il Papa speciale o straordinario ma è stato un papa come tanti altri.
Tutti i papi hanno avuto personalità eccezionali e straordinarie, non ne ho conosciuti di basso profilo. Quando ero bambino c’era Paolo VI che era visto come un papa un po’ grigio, poco accattivante, ma poi quando uno lo studia e lo approfondisce comprende l’enorme cifra intellettuale e morale del personaggio che forse ha attraversato il momento della storia più difficile per l’umanità, fino al rapimento di Aldo Moro. Penso che papa Montini abbia segnato un’epoca, anche se non parliamo di un papa popular. Poi c’è stato un gigante come Giovanni Paolo II: vogliamo parlare dell’impronta che ha lasciato nella storia il papa polacco, dopo la caduta del Muro di Berlino?
Oltre a non essere credente, lei è anche divorziato. Ha scelto, con un atto di amore, di adottare una figlia. Si sente escluso dalle parole di papa Francesco?
Francamente no. Premesso che sono divorziato secondo le regole anche della Chiesa, perché il mio primo matrimonio è stato annullato dalla Sacra Rota. Quindi da questo punto di vista (esita) non cambia nulla. Come ho detto non ho il dono della fede, che guardo comunque con molto rispetto e sono anche convinto che le persone che nutrono una fede autentica e sincera vivono meglio di me.
Perché?
Perché hanno meno incertezze, meno dubbi e soprattutto più speranze per il futuro e per ciò che ci sarà dopo la nostra morte. Io queste speranze e queste certezze non le ho. Coltivo il dubbio che è molto più tormentoso delle certezze di fede.
Un concetto filosofico.
La penso come la pensano molti. Anche i filosofi. Mi rifaccio ad esempio all’insegnamento di Marcello Pera che, come me, non aveva questo dono ma riconosceva che la cultura e la spiritualità del cristianesimo e del cattolicesimo in particolare, permea tutta la nostra vita, tutta la nostra identità. Non vorrei ripetere le parole di Benedetto Croce ma “non possiamo estraniarci dal contesto, dalla cultura e dalla civiltà cristiana in cui, da duemila anni, viviamo immersi”. E sono felice di essere nato in questa parte del mondo e in questo momento della storia.
Sulla famiglia, Francesco è stato un papa innovatore e, al tempo stesso, conservatore. Ha aperto all’Eucarestia per i divorziati ma aveva anche le sue idee sulla teoria gender. Quale dei due Francesco preferisce?
Intanto non ci sono due Francesco, penso che anche la polemica che qualche leader politico ha fatto in Parlamento, rivendicando la coerenza contro l’ipocrisia di qualcuno, sia stata una caduta di stile. Non sono quelli i momenti e i luoghi, anche perché nessuno può scegliere il Francesco che piace dimenticando l’altro. A qualcuno piace tanto il Francesco che parlava a favore dei migranti e contro le misure restrittive nei confronti dell’immigrazione, poi, fa finta di non sapere che è lo stesso Francesco che, come dice lei, sulle famiglie, sulle teorie gender, o sull’aborto dice cose di una pesantezza…
È stato il papa degli ultimi e dei fragili con una determinazione potente. Secondo lei, Francesco ha sorpassato la politica?
Francesco ha fatto quello che fanno tutti i papi che sono autenticamente successori di Cristo. Glielo ripeto. Non conosco pontefici che abbino difeso i primi contro gli ultimi ma conosco solo papi che hanno sempre rappresentato la solidarietà umana nei confronti dei poveri, degli ultimi. Questo è il Vangelo, sarebbe curioso trovare un papa diverso. Poi, per carità, c’è stato chi veniva da una storia diversa, come Pio XII o i papi dell’ottocento e del primo novecento, figli di famiglie altolocate e nobili.
E poi cosa è accaduto?
Da questo punto di vista, tutto si è socialmente e antropologicamente modificato ed è cambiato anche il modo di rapportarsi al popolo. In questo Bergoglio, che è argentino, ha mantenuto la sua tradizione anche quando si è tentato di inserirlo nelle caselle della politica. Un innovatore o un conservatore, un rivoluzionario o un tradizionalista. Ma lui era argentino e in Argentina le categorie tradizionali della politica occidentale sono inadeguate a rappresentare la cultura popolare e l’antropologia. La storia argentina conosce delle condizioni del tutto particolari ed eccezionali.
In che senso?
Dal comunismo all’attuale presidente, ci sono state solo figure eccentriche rispetto alle tradizionali categorie. In questo anche Francesco è stato l’espressione della cultura da cui proveniva, in cui è nato e cresciuto. Ma chi non conosce o non studia la storia e la cultura argentina, fa fatica a comprenderlo (esita).
Il gesuita del popolo.
Semplicemente un Papa argentino. Cresciuto con le radici profondamente immerse in quel contesto.
L’Abruzzo e il prossimo papa. La nostra regione ha una forte presenza cattolica, preferisce un successore conservatore e restauratore, o no?
Io penso che non siano queste le categorie che vanno applicate a un Papa. Io spero in una nuova grande personalità che sia all’altezza del Magistero e della missione innanzitutto morale e spirituale che si pretende da un Papa. Poi mi auguro che il prossimo Papa abbia nei confronti dell’Abruzzo lo stesso affetto e la stessa attenzione che ci ha donato Francesco al quale saremo sempre grati del grande gesto dell’apertura della Porta Santa e del riconoscimento della Perdonanza Celestiniana.
Un momento storico.
Non è stato un episodio, è stato un punto fondante del suo Magistero, aver riconosciuto in L’Aquila la Capitale del Perdono. Un concetto molto profondo che appartiene alla nostra cultura, alla nostra identità. A quella specifica identità cattolica che interpreta l’Abruzzo, e che l’Abruzzo ha incarnato. Da Francesco abbiamo ricevuto un dono molto particolare. Ultimissima domanda: ha mai invocato l’aiuto di Dio? (un lungo silenzio) Con la miscredenza che le ho descritto prima “sì”. Sempre nella speranza che possa esistere davvero.
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