Abruzzo, l’inflazione supera la media nazionale
Il rapporto Unioncamere sui primi 4 mesi dell’anno: solo per i generi alimentari l ’aumento dei prezzi è inferiore a quello delle altre regioni d’Italia
PESCARA. Se in Abruzzo l'inflazione media, nei primi quattro mesi del 2010, con un incremento del 3,5 per cento rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente, è di poco superiore a quella nazionale (3,3%), a spiccare è il dato relativo ad abitazione ed utenze (dalle tariffe del servizio idrico a quelle dei rifiuti urbani, dell'energia elettrica e del gas naturale) che fa registrare il + 8,8 per cento, contro una media nazionale del 7,1 per cento.
E' questa la fotografia scattata dall'Osservatorio prezzi e mercati di Unioncamere, che ritrae un'Italia a più velocità, caratterizzata da "tante e diverse inflazioni", i cui ingredienti di base sono fiscalità, tributi locali, insieme ai corrispettivi dei servizi pubblici locali e al diverso funzionamento dei mercati del lavoro, ma anche l'efficienza delle catene logistiche, il numero di passaggi lungo le filiere, la diversa penetrazione della grande distribuzione o il diverso stato di salute della domanda nei diversi territori.
Nella graduatoria nazionale, il 3,5% abruzzese si colloca al sesto posto. A guidare la classifica è la Basilicata, che fa registrare un'inflazione media pari al 5,3%, seguita dalla Calabria e dalla Puglia, entrambe con il 3,7%. Agli ultimi posti, con variazioni più contenute, vi sono vi sono invece la Lombardia, il Veneto, l'Umbria (tutte con il 3,1%) e il Molise (2,6%).
Per Unioncamere si tratta di un quadro in evoluzione, che indica come il passaggio dal 2011 al 2012 abbia allargato le differenze tra i vari territori. In questo contesto, a pesare di più, sono proprio abitazioni e tariffe. Prima in classifica, con una variazione che raggiunge il 9,5%, è la Basilicata, che precede di una sola posizione l'Abruzzo, mentre al terzo posto c'è il Friuli Venezia Giulia (8,7%). Va meglio, invece, in Toscana (6,4%), in Umbria (6,2%) e in Campania (5,9%). Meno drastico, per l'Abruzzo, è il dato relativo all'inflazione alimentare: la regione, infatti, con un incremento dell'1,7 per cento, si classifica in penultima posizione, seguita solo dal Molise (1,1%). Anche in questo caso a guidare la classifica, assieme all'Emilia Romagna, è la Basilicata (3,5%), seguita dal Trentino Alto Adige (3,4%) e dalla Lombardia (3,1%).
«"La variabilità dell'inflazione nei nostri territori», commenta il presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello, «è lo specchio di squilibri antichi dei sistemi produttivi e delle infrastrutture, ma anche del permanere di tanti piccoli mercati protetti come sono i servizi pubblici locali. Il risultato è un'ulteriore erosione del potere d'acquisto di famiglie e imprese, persino in un momento di stagnazione della domanda come questo».
«"Dai dati», aggiunge Dardanello, «appare evidente che per rilanciare i consumi occorre innanzitutto rallentare la corsa di tariffe e tasse, locali e nazionali. Un primo passo è aumentare la trasparenza della pubblica amministrazione, per capire come si formano le tariffe dei servizi pubblici e come si possa meglio confrontarle con quelle dei comuni e delle regioni più virtuose».
La differente dinamica dei prezzi, rileva ancora l'Unione italiana delle Camere di Commercio, va inquadrata in un contesto di debole crescita dei redditi nominali pro-capite lungo lo stivale e rivela che vi sono esperienze di territori in cui il potere d'acquisto è diminuito con un'intensità che lascia intuire esiti sensibilmente diversi anche per la spesa per consumi delle famiglie.
Per scattare la fotografia del cambiamento dei consumi, l'Osservatorio di Unioncamere ha realizzato una sorta di "mappa" dei prezzi, la cui corsa, da tre anni a questa parte, sta colpendo soprattutto quelli che possono essere definiti come i "bisogni primari" delle famiglie: affitto dell'abitazione e pagamento di utenze e tariffe, abbigliamento, arredamento, elettrodomestici, utilizzo dei mezzi pubblici e dell'auto privata. Beni i cui prezzi sono in continuo aumento e che, complessivamente, incidono per il 48% sul bilancio domestico delle famiglie italiane.
Lorenzo Dolce
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