Adani: «Con Baldini il Pescara è in mano al maestro del calcio»

L’ex difensore e oggi commentatore televisivo racconta il rapporto con l’allenatore biancazzurro nato a Brescia: la sua arte è di sognare attraverso il calcio, al presidente Sebastiani dico di tenerselo stretto
Lele Adani-Silvio Baldini: una coppia d’acciaio, una amicizia indissolubile.
Mi puoi rivelare come è nato questo rapporto?
(Ride). Posso farlo. Però ti devo avvertire: la versione autentica sembra la trama di un film americano sceneggiato da un soggettista con molta fantasia.
Bellissimo, dunque: voglio la versione autentica.
Ci siamo conosciuti a Brescia. Campionato 1998-1999. Lui arrivava per allenare, io ero già con un piede fuori.
Cioè?
Era già deciso che me ne andassi.
In che senso?
Forse senza senso. Ma avevo 23 anni, la società guadagnava qualche soldo, io un buon ingaggio, la solita storia che si ripete mille volte nei calciomercati. E invece lì c’è il bivio che mi cambia la vita.
Quale?
Per motivi che all’inizio non capisco Baldini “mi sceglie”.
Cioè?
In ritiro mi disegna come uno dei pilastri della squadra, un giorno, senza dirmi nulla di più mi porge la fascia di capitano: “Adesso è tua”.
Hai ragione: sembra un film.
Mi stava dando una grande opportunità e ancora non l’avevo capito. Aprii gli occhi in una giornata indimenticabile. Vorrei però dare il titolo di questa intervista.
Ah ah ah. Fallo.
“Signore e signori: stiamo per raccontarvi la vita di un uomo che ha un ruolo e una missione nella storia del nostro calcio”.
Lo dici per i lettori?
Lo dico anche per te. Ci sono volumi, trattati calcistici sul 4-2-3-1, che nasce come una invenzione di Silvio, costruito ad Empoli. Intorno a Rocchi e Di Natale.
Datazione certa?
Dopo Baldini si sono scritte biblioteche. Prima non c’era.
Non glielo riconoscono?
Lo fa Spalletti, però, senza dire il suo nome, quando cita “un collega”. E io me lo ricordo come lo ascoltava Antonio Conte, quando andavano a pranzo da lui…. Ma ritorniamo al racconto.
Sono tutt’orecchi.
Sai cosa trasforma l’allenatore in amico, e il ragazzo di 23 anni che doveva andar via in un uomo?
Dimmelo.
Un invito.
Cioè?
Silvio mi dice, un po’ a bruciapelo: “Mi verresti a trovare a casa domani mattina presto? Voglio parlarti”.
E tu?
Non avevamo allenamento, quel giorno, gli faccio: “Certo mister, a che ora?”.
E lui?
“Perfetto, allora facciamo alle cinque”.
E tu?
Io vado. E lo trovo già sotto che mi aspetta, mi dice: “Sali in macchina”. E io: “ma dove stiamo andando?”.
Dove andavate?
Lui sorride e mi fa: “In un posto magico”. Ricordo questo percorso bellissimo tra Brescia e Verona, con le prime luci, arrampicandosi nei tornanti di montagna, fino ad una radura dove i cavalli dormivano in piedi.
E poi?
Faceva freddo, ma lui come se non lo sentisse si mette a torso nudo e mi sorride: “Resta qui e guardati intorno. Devo andare da solo a riflettere da solo in un posto qui vicino. Aspettami”.
Ah ah ah. Sembra una scena delll’Attimo fuggente.
In parte è così. Entro anche io in questo rapporto con il bosco, penso, rifletto, guardo il cielo. Quando torna, poi, Baldini mi abbraccia, senza dire nulla.
Nulla.
Nulla. Ma so che da allora siamo diventati fratelli, con quel gesto. Dal giorno dopo sono entrato come per magia nella sua visione del calcio integrale: passione studio, fatica, valori.
Hai mai trovato un altro così?
Ad Empoli sono passati altri Maestri di questo calibro: Maurizio Sarri e Marco Giampaolo. Ma Silvio Baldini, in qualche modo è unico. Tutto quello che sto vedendo a Pescara lo conferma.
Ascolti i racconti di Lele Adani ed è come se le scene si materializzassero davanti ai tuoi occhi. Anche il più famoso giornalista sportivo d’Italia è diventato una eccellenza rara nel calcio italiano. Un raccontatore raro, una voce che sta nel sistema senza farsi piegare dal sistema, come dimostra l’avventura della Bobo Tv in cui era lui a spargere il sale dell’intelligenza. Quando quell’esperienza è stata chiusa - come se nulla fosse - si è costruito una nuova casa, “Viva El Futbol". É bello sentirlo parlare di valori, in questo originalissimo ritratto del Mister del Delfino.
Cos’è la filosofia di Baldini, tradotto in Adanese?
Molti ancora non hanno capito che Baldini è uno degli ultimi grandi sognatori di questo mondo. Se devo riassumere: la sua arte è sognare attraverso il calcio.
Così sembra un personaggio di Garcia Marquez. Fammi un esempio.
Ricordo una impresa incredibile. Va a vincere uno a zero, fuori casa a San Siro. Con la squadra in dieci. In dieci, capisci?
Sempre all’Empoli.
C’è un dopopartita spettacolare. Vanno da lui e gli dicono: mister, ma come cazzo avete fatto? E lui, con quel sorriso: “Me lo sentivo, lo avevo detto”. Ed era vero, capisci? È arte.
Avrà anche lui dei limiti, altrimenti sarebbe santo.
Oh, sì. Baldini può essere Baldini solo con un grande presidente. Con uno che lo capisce e Lo stima.
Perché?
Perché lui non riesce a mediare la sua visione integrale del calcio con i compromessi di basso profilo. E ce ne sono. Il nostro calcio, come è noto, è pieno di rituali idioti. Lui non media, dunque strappa.
Però non è arroganza.
No, perché se capisce di sbagliare non se lo perdona. Prendi il punto cardine della sua biografia.
Il calcio nel sedere a Di Carlo.
Esatto. Sentiva di aver sbagliato, non per il calcio, ma per aver messo a rischio i suoi valori, la sua visione, la sua famiglia. E si è punito da solo.
Gli anni passati a fare il pastore.
Per non parlare di Palermo. So di non fargli torto, se racconto che mi diceva: “Vedi Lele. È l’unica volta che ho ascoltato i soldi nella mia carriera. E ho fatto male”.
Moralismo? Pauperismo?
Noooo. Baldini è così: vedi, noi – perché io sono come lui – siamo gente venuta su dal nulla. Gente che o crede o non crede. Lui si era convinto che quei soldi lo avessero… distratto. Che gli avessero fatto perdere lucidità.
E tu cosa gli hai detto?
Ero esterrefatto. Ma non c’era nulla da fare. Si è autopunito dopo aver fatto cose pazzesche.
E poi?
A Parma e a Lecce non è riuscito ad esprimersi perché mancava la condivisione del progetto con la società.
Ti prego, un altro lampo di racconto.
Quando a Vicenza sono andato a fare il suo secondo.
Già lo conoscevi.
Conoscevo l’uomo, lì ho scoperto il professionista. Scoprii che viveva il suo impegno professionale giorno e notte, che si appuntava le intuizioni sugli schemi mentre era a letto.
Però venite esonerati all’ottava giornata.
Una stupida partita, sconfitta casalinga con il Varese….
Sai, si dice che siano gli episodi che disegnano i destini. Ed è così o no?
(Sorriso amaro). No. La verità è che questo mondo non è fatto di rettitudini.
Però Baldini torna sempre.
L’establishment non lo ama. Ma la gente, ormai, riconosce in lui il capopopolo, il custode dei pilastri. Lui si alimenta del rapporto con le persone normali. Lo trovi alle sei del mattino a discutere nei bar.
Dimmi due cose che ti sono piaciute a Pescara.
Qui può esprimersi ed infatti si sta esprimendo. Sta dando tutto.
L’allenamento con le bende?
Quella è poesia pura. La gente pensa che sia solo quello che lui dice: una riduzione del campo visivo forza, per estendere la percezione.
E non è vero?
Certo che lo è. Ma è anche un allenamento che porta la squadra a percepire l’energia, la fiducia. Baldinismo allo stato puro: “O Capitano! Mio capitano!”, capisci? Te ne dico un’altra.
Quale?
La lezione più grande? Quando ha detto: “La sconfitta di Pesaro è molto più importante della vittoria di Rimini”. È vero. Grande partita. Questi ragazzi stanno imparando che si dà tutto per il calcio, poi le vittorie arrivano o non arrivano.
Traducilo in parole povere.
Io so che i giocatori del Pescara si stanno divertendo come matti con Silvio. Darei oro per essere al loro posto.
C’è un mantra del mister?
Il Baldini di oggi non è lo stesso Mister di venti anni fa. C’è gente che si ripete per una vita, lui si evolve.
Perché?
Destino. Perché il suo calcio – e a Pescara per fortuna glielo fanno fare – in estrema sintesi è questo: valori-entusiasmo- studio durissimo e ricerca.
E cosa diresti al presidente Sebastiani?
Di continuare così, di tenerselo stretto, perché Silvio è anche indovino.
Cioè?
(Ride) Che ne so. Se un giorno dice che è già vinta con l’Ascoli significa che è già vinta. Se un giorno annuncia “Serie B!” vuol dire che arriva in serie B. Altrimenti non lo direbbe.
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