Filippo e Tommy Ivan Graziani interpretato dai figli
Lugano addio, Pigro, Firenze, Maledette malelingue. Ci sarà tutto l’Ivan Graziani più conosciuto e amato ma anche quello meno noto, dell’Anonima sound, per esempio, nel tour «Viaggi e intemperie» che Filippo Graziani, figlio del musicista e cantautore teramano, porta nei teatri a partire dal 6 novembre. Con lui, chitarra e voce, il fratello Tommy alla batteria e una band di artisti che hanno suonato con Ivan. La regia è di Pepi Morgia.
Lo show, che parte dal teatro Petrella di Longiano (Forlì-Cesena), si basa anche sulla chitarra solista di Bip Gismondi e sulle tastiere di Carlo Simonari. Al basso Marco Battistini. Ad amplificare le suggestioni musicali, una scenografia che vede installazioni di video arte di Davide Eron Salvadei, esponente della street art internazionale.
«Sono partito dal ritrovamento di una scaletta di papà», spiega al telefono da Milano Filippo Graziani, 28 anni. «Non si sa a che periodo si riferisce, né a quale concerto o tour. Io sono sempre un po’ restìo a fare cose di questo genere, sono dieci anni che suono in maniera professionale mentre papà è morto da quasi 13 (il primo gennaio 2007). Ultimamente su Internet, sui social network, tante sono state le richieste, vedo che c’è molto interesse sul lavoro di mio padre».
Quando interpreta le canzoni di suo padre che sensazioni ha?
«E’ difficile da spiegare, è un po’ come essere sempre stato in mezzo a quella musica. Certo, i primi giorni delle prove sono stati impegnativi. Il bello è che riscopri qualcosa, nella vita si impara pian piano a conoscere e conoscersi sempre meglio, ora certe canzoni cominciano ad avere un senso tutto particolare».
Qualcuna che ne ha suonata con suo padre?
«No, io non ho mai suonato con mio padre. Però, ecco, mi ricordo che quando da piccolo sentivo “Fuoco sulla collina” mi dava un’emozione particolare (Ivan Graziani disse in un intervista che quel brano era quello che amava di più, ndr). Però noi vogliamo fare questo tour perché papà non c’è più e non può più fare concerti e noi vogliamo cercare di fare ascoltare le sue canzoni bellissime. Naturalmente c’è Firenze, Lugano addio, Pigro, tutti i classici, quelli più famosi, ma io sono sempre stato un forte sostenitore anche della parte meno conosciuta del lavoro di mio babbo, per esempio il repertorio dell’Anonima sound, quando faceva l’università. Brani molto interessanti che pochi conoscono. Durante lo spettacolo dirò due cose, tendo a parlare poco, un paio di aneddoti che hanno valenza per me, ma voglio lasciare spazio alla musica».
Se Filippo anche per ragioni anagrafiche non ha avuto un contatto diretto col padre sul palco, Tommy (che di anni ne ha 36) può raccontare l’ultimo tour.
«Sì, io suonavo la batteria nel 1996, a novembre facemmo l’ultima data, poi lui è morto di lì a poche settimane. Sul palco mi ha insegnato tantissimo, dalle cose più pratiche, dove parcheggiare la macchina, come farsi amici il fonico di palco, come comunicare con la gente. Ora mi vengono in mente tante situazioni di quel tour. Io avevo 23 anni e quando sei lì, prendi e apprendi. Adesso sto rimettendo in fila i ricordi e mi torneranno utili. E sono curioso di vedere Filippo all’opera. Con mio fratello abbiamo sempre suonato insieme, da dieci anni a questa parte, ma abbiamo sempre lavorato sulle nostre produzioni».
E il suo legame con l’Abruzzo?
«Ho ricordi lontanissimi, di quando i miei nonni abitavano a Teramo, ma sono più che altro legati al cibo, il tacchino alla canzanese (ride). E poi i cani, i cani randagi, che mio padre mi portava a vedere di notte, in giro per la città».
Lo show, che parte dal teatro Petrella di Longiano (Forlì-Cesena), si basa anche sulla chitarra solista di Bip Gismondi e sulle tastiere di Carlo Simonari. Al basso Marco Battistini. Ad amplificare le suggestioni musicali, una scenografia che vede installazioni di video arte di Davide Eron Salvadei, esponente della street art internazionale.
«Sono partito dal ritrovamento di una scaletta di papà», spiega al telefono da Milano Filippo Graziani, 28 anni. «Non si sa a che periodo si riferisce, né a quale concerto o tour. Io sono sempre un po’ restìo a fare cose di questo genere, sono dieci anni che suono in maniera professionale mentre papà è morto da quasi 13 (il primo gennaio 2007). Ultimamente su Internet, sui social network, tante sono state le richieste, vedo che c’è molto interesse sul lavoro di mio padre».
Quando interpreta le canzoni di suo padre che sensazioni ha?
«E’ difficile da spiegare, è un po’ come essere sempre stato in mezzo a quella musica. Certo, i primi giorni delle prove sono stati impegnativi. Il bello è che riscopri qualcosa, nella vita si impara pian piano a conoscere e conoscersi sempre meglio, ora certe canzoni cominciano ad avere un senso tutto particolare».
Qualcuna che ne ha suonata con suo padre?
«No, io non ho mai suonato con mio padre. Però, ecco, mi ricordo che quando da piccolo sentivo “Fuoco sulla collina” mi dava un’emozione particolare (Ivan Graziani disse in un intervista che quel brano era quello che amava di più, ndr). Però noi vogliamo fare questo tour perché papà non c’è più e non può più fare concerti e noi vogliamo cercare di fare ascoltare le sue canzoni bellissime. Naturalmente c’è Firenze, Lugano addio, Pigro, tutti i classici, quelli più famosi, ma io sono sempre stato un forte sostenitore anche della parte meno conosciuta del lavoro di mio babbo, per esempio il repertorio dell’Anonima sound, quando faceva l’università. Brani molto interessanti che pochi conoscono. Durante lo spettacolo dirò due cose, tendo a parlare poco, un paio di aneddoti che hanno valenza per me, ma voglio lasciare spazio alla musica».
Se Filippo anche per ragioni anagrafiche non ha avuto un contatto diretto col padre sul palco, Tommy (che di anni ne ha 36) può raccontare l’ultimo tour.
«Sì, io suonavo la batteria nel 1996, a novembre facemmo l’ultima data, poi lui è morto di lì a poche settimane. Sul palco mi ha insegnato tantissimo, dalle cose più pratiche, dove parcheggiare la macchina, come farsi amici il fonico di palco, come comunicare con la gente. Ora mi vengono in mente tante situazioni di quel tour. Io avevo 23 anni e quando sei lì, prendi e apprendi. Adesso sto rimettendo in fila i ricordi e mi torneranno utili. E sono curioso di vedere Filippo all’opera. Con mio fratello abbiamo sempre suonato insieme, da dieci anni a questa parte, ma abbiamo sempre lavorato sulle nostre produzioni».
E il suo legame con l’Abruzzo?
«Ho ricordi lontanissimi, di quando i miei nonni abitavano a Teramo, ma sono più che altro legati al cibo, il tacchino alla canzanese (ride). E poi i cani, i cani randagi, che mio padre mi portava a vedere di notte, in giro per la città».