Il sindaco verso un Natale da uomo libero

Il sindaco di Pescara, Luciano D’Alfonso, è solo a un passo dalla libertà. Il giudice per le indagini preliminari, Luca De Ninis, ha scritto l'ordinanza di revoca degli arresti domiciliari. La motivazione: "Si è trattato solo di finanziamento illecito". E ora D'Alfonso potrebbe ritirare le dimissioni

Il sindaco di Pescara, ex leader abruzzese del Pd, Luciano D’Alfonso, è solo a un passo dalla libertà. Questa mattina, alle 10, il giudice per le indagini preliminari, Luca De Ninis, depositerà l'ordinanza di revoca degli arresti domiciliari. L’ha scritta ieri sera molto tardi. E’ una previsione scontata, dopo che lo stesso giudice, due giorni fa, ha rimesso in libertà Guido Dezio, ex braccio destro di D’Alfonso, smontando innanzitutto cento pagine di accuse contro il primo cittadino, arrestato lunedì 15 dicembre per corruzione, concussione, truffa e associazione a delinquere.

Per il gip, la procura non ha dimostrato il pagamento di tangenti, al massimo potrebbe trattarsi di finanziamenti illeciti al partito, regali e favori, resi per amicizia, come i viaggi in jet pagati a D'Alfonso da Carlo Toto, il cui valore, peraltro, sono chiaramente scompensati rispetto all’entità degli appalti in gioco, dai cimiteri (18 milioni di euro), all’area di risulta (53 milioni).

VARONE CONTRATTACCA. Le ultime 48 ore che hanno preceduto la decisione del giudice De Ninis sono state una sorta di Caporetto per il sostituto procuratore Gennaro Varone, che ha chiesto di arrestare il sindaco e che, ieri mattina, si è giocato le ultime carta per cercare di ribaltare un epilogo che appariva scontato già da lunedì. Il pm ha depositato alle 12,45 il suo parere: è assolutamente negativo alla libertà per il sindaco. Sono sette pagine più un allegato di molti fogli riferito all’appalto delle aree di risulta vinto dal patron di AirOne, Carlo Toto, indagato per corruzione. Ma è un parere blindato, che Varone decide di non far conoscere. Molti passaggi, però, trapelano. In sintesi, la procura sostiene che «il quadro accusatorio resta confermato documentalmente»; che non è importante l’importo delle tangenti per «configurare il reato di corruzione» e, soprattutto, che il no rimane perché il pm non crede assolutamente alla versione di D’Alfonso, anche se non ha preso parte al secondo interrogatorio, quello che ha convinto il gip a cambiare opinione dopo aver firmato gli arresti.In parole semplici: la procura sostiene l’esatto contrario di quanto De Ninis ha scritto nell’ordinanza che ha liberato Dezio. La procura, cioè, non si arrende e va avanti.

E’ UN BRACCIO DI FERRO
. Da una parte ci sono le conclusioni del gip su Dezio, che di fatto diventano favorevoli ai difensori Giuliano e Roberto Milia. Dezio, per il gip, merita la libertà, anche se non si è difeso. Ma lo stesso giudice smonta le accuse contro di lui parlando solo di D’Alfonso. E’ come dire: l’ordinanza sul sindaco attesa per le 10 è già scritta.

Sono tre i passaggi dell’atto su Dezio che spalancano le porte della libertà anche a D’Alfonso: «Alla luce della dettagliata e appassionata autodifesa del sindaco, e del deposito di ulteriori elementi da entrambe le parti, è necessario prendere atto che il quadro indiziario ha subìto un sostanziale ridimensionamento, in senso favorevole agli imputati, proprio in relazione alle condotte delittuose più significative ai fini della determinazione della misura cautelare, ovvero la corruzione».

«Tale sopravvenienza», continua il gip, «valutata congiuntamente con l’originaria scarsità dei quadri investigativi suggestivi di finalità di arricchimento personale, inducono a ritenere fondate le perplessità sulla tenuta dell’impianto accusatorio». Infine: «In definitiva tali fattispecie potrebbero subire una riqualificazione come meri finanziamenti illeciti del partito».

L’ULTIMO TENTATIVO. Come risponde la procura? Il magistrato contesta «la sopravvenienza di nuovi elementi» perché «sono stati prodotti documenti già valutati nelle indagini e ritenuti dall’accusa di scarso valore o marginali». Polemizza poi con il gip quando questi definisce «appassionata e dettagliata» l’autodifesa del sindaco, e sulla frase «cantonata della procura», detta da D’Alfonso durante l’interrogatorio di otto ore al quale si è sottoposto. Nel suo parere il pm sostiene anche che è sbagliato considerare solo «finanziamenti illeciti» delle donazioni se esistono rapporti con l’amministrazione. «Non si può ritenere», è la tesi di Varone, «che si commette reato di finanziamento illecito quando vi sono in corso procedure amministrative e per giunta viziate».

PUNTI DI VISTA. Da un lato c’è De Ninis che dice: non c’è paragone tra i modesti regali ricevuti da D’Alfonso e gli appalti in gioco. Il pm, invece, contesta la frase del gip «modeste regalie», in relazione alle possibilità patrimoniali dei finanziatori e ribatte che la corruzione si può commettere anche con una minima somma di denaro. Infine, Varone contesta le conclusioni del gip sulla inesistenza della prova delle tangenti e di ammissioni. E cita una serie di dichiarazioni rese negli interrogatori dall’imprenditore De Cesaris che ha ammesso di aver pagato un giornalista pescarese per «pubblicizzare una strada», ma il cronista ha dichiarato a verbale di non aver reso prestazioni e che i versamenti sono giunti solo dopo che D’Alfonso li aveva sollecitati.

Dalla posizione di Fabrizio Paolini, definito autista-factotum di D’Alfonso, scrive ancora il pm, è emerso che questi aveva una consulenza presso la Toto Spa. «Ma Paolini ha dichiarato di non aver mai svolto alcuna prestazione per il patron di AirOne. D’Alfonso dunque aveva un vantaggio economico non remunerando il suo autista, il cui stipendio era pagato da Toto». Infine l’appunto trovato all’imprenditore Costantini con la scritta «già dato» riferita a D’Alfonso e l’ammissione dell’altro imprenditore Taraborrelli su 8mila euro dati al sindaco. Ma per il gip non sono tangenti.