L’Abruzzo del 1859 Povero e arretrato alla vigilia dell’Unità.
Il 1859 è un anno in cui l’Italia vive una lunga ed estenuante vigilia, accanto ad avvenimenti che accrescono l’attesa per un cambiamento definitivo dell’assetto politico della penisola. Il dieci gennaio il re Vittorio Emanuele II pronuncia a Torino, davanti al Parlamento, il discorso del «grido di dolore». Mentre scoppia la seconda guerra d’indipendenza (il 23 aprile), in Italia centrale si chiede l’annessione al Piemonte. Tra agosto e settembre assemblee costituenti riunite a Parma, Modena, in Toscana e in Romagna decretano la caduta dei vecchi sovrani. Nello stesso mese di agosto termina la guerra con il trattato di Villafranca, subìto dal Piemonte e dalle aspettative degli italiani come una vittoria mutilata tanto che Cavour si dimette dal governo alla cui testa il re pone il generale Alfonso La Marmora: di fatto il Piemonte aveva ottenuto la Lombardia, tranne Mantova, e tutto il Veneto e il resto dei possedimenti austriaci restavano sotto il dominio di Vienna. Il 22 maggio con la morte di Ferdinando II re delle Due Sicilie gli succede il figlio Francesco II.
E l’Abruzzo? Innanzitutto a quei tempi si chiamava gli Abruzzi con annesso Molise, ed era diviso in Abruzzo Ulteriore I, Abruzzo Ulteriore II, Abruzzo Citeriore. La divisione non era data soltanto dalle collocazioni geografiche, ma da una diversità dovuta alle enormi difficoltà delle vie di comunicazione. Non è una rivelazione straordinaria ricordare che per le città costiere abruzzesi dotate di un minimo di flotta mercantile o semplicemente peschereccia ci fosse più dimestichezza con la Dalmazia adriatica che con L’Aquila. Questa difficoltà di movimento all’interno della regione pare sia stata la motivazione per cui Garibaldi, che in un primo momento aveva pensato di invadere il regno delle Due Sicilie dall’Abruzzo, preferì poi usare il mare e sbarcare in Sicilia. Ma nel 1859 anche l’Abruzzo si era avvicinato al clima rivoluzionario che scuoteva l’Italia con una serie di insurrezioni come quella di Chieti.
D’altro canto proprio questa precarietà delle vie di comunicazione, che impedivano agli eventuali invasori azioni concrete, serie difficoltà avrebbero dato anche agli eserciti in difesa del regno. E’ per questo che nel 1859 il generale Giuseppe Salvatore Pianell, uno dei più valenti comandanti dell’esercito borbonico (passato poi nell’esercito italiano), fu in Abruzzo per dirigere lavori del genio militare allo scopo di facilitare i movimenti delle truppe di difesa ai confini degli Abruzzi, con strade come la Penne-Montesilvano di cui poi si giovò la vita civile. La società abruzzese connotata da una preponderanza dell’attività agro-pastorale retta da una pressoché feudale organizzazione del latifondo vedeva gran parte della popolazione stagnante in una inguaribile miseria.
Il fenomeno del brigantaggio, che era nato sottoforma di resistenza politica ai re napoleonici, non si sarebbe rinfocolato solo dopo l’Unità, ma perdurò anche dopo la Restaurazione per tutta la prima metà dell’Ottocento quando la miseria e il disinteresse delle classi dominanti e agiate portavano alla disperazione contadini e pastori. La classe intellettuale, esule nelle città più libere della penisola, cercava in ogni modo di rappresentare al mondo la difficile situazione degli abruzzesi (l’esempio più eclatante è quella dei fratelli Silvio e Bertrando Spaventa). Molti furono per altro gli abruzzesi impegnati nella cospirazione antiborbonica, nelle guerre di Indipendenza e nelle imprese di Garibaldi. Non mancarono funzionari del regno borbonico capaci di dare un contributo alla propria terra come Achille Rosica, un magistrato di Orsogna che fu attivo in Basilicata e in Abruzzo; qui, per suo interesse il 21 ottobre 1859 veniva inaugurato il telegrafo elettrico e nello stesso anno faceva istituire una succursale del Banco di Napoli a Chieti e permetteva la fondazione della Cassa di Risparmio dell’Aquila.
Ma il totale disinteresse della dinastia non aveva favorito per nulla scali e traffici marittimi così come agricoltura e pastorizia erano praticate primitive. Un tentativo di intervento organico per migliorare le potenzialità e la quantità dei terreni agricoli fu il prosciugamento del Fucino che tra il 1858 e il 1859 vide incrementarsi i lavori che si sarebbero conclusi in un decennio. Dal punto di vista culturale accanto a una discreta attività di piccoli teatri di provincia (è del 1857 la posa della prima pietra per il teatro Comunale dell’Aquila la cui costruzione durerà oltre dieci anni) tra cui spicca quella del teatro Marrucino di Chieti che verrà rinnovato nel 1863. E’ interessante l’attività di giornali che fioriscono un po’ in tutte le città più importanti, ma in generale la situazione è di grande arretratezza e l’istruzione, per pochissimi, è totalmente nelle mani del clero.
Una testimonianza viene da Le Monde Illustrè, una rivista parigina che attraverso splendide litografie e incisioni riproduceva paesaggi, monumenti, scene di vita di ogni parte del mondo. Più volte soggetti abruzzesi vi saranno ospitati, ma in quel 1859 solo una triste litografia di mendicanti si occupa della regione: «Mendiantes des Abruzzes, groupe par M. Lehmann». Questo aveva colpito l’illustratore francese nel 1859.
E l’Abruzzo? Innanzitutto a quei tempi si chiamava gli Abruzzi con annesso Molise, ed era diviso in Abruzzo Ulteriore I, Abruzzo Ulteriore II, Abruzzo Citeriore. La divisione non era data soltanto dalle collocazioni geografiche, ma da una diversità dovuta alle enormi difficoltà delle vie di comunicazione. Non è una rivelazione straordinaria ricordare che per le città costiere abruzzesi dotate di un minimo di flotta mercantile o semplicemente peschereccia ci fosse più dimestichezza con la Dalmazia adriatica che con L’Aquila. Questa difficoltà di movimento all’interno della regione pare sia stata la motivazione per cui Garibaldi, che in un primo momento aveva pensato di invadere il regno delle Due Sicilie dall’Abruzzo, preferì poi usare il mare e sbarcare in Sicilia. Ma nel 1859 anche l’Abruzzo si era avvicinato al clima rivoluzionario che scuoteva l’Italia con una serie di insurrezioni come quella di Chieti.
D’altro canto proprio questa precarietà delle vie di comunicazione, che impedivano agli eventuali invasori azioni concrete, serie difficoltà avrebbero dato anche agli eserciti in difesa del regno. E’ per questo che nel 1859 il generale Giuseppe Salvatore Pianell, uno dei più valenti comandanti dell’esercito borbonico (passato poi nell’esercito italiano), fu in Abruzzo per dirigere lavori del genio militare allo scopo di facilitare i movimenti delle truppe di difesa ai confini degli Abruzzi, con strade come la Penne-Montesilvano di cui poi si giovò la vita civile. La società abruzzese connotata da una preponderanza dell’attività agro-pastorale retta da una pressoché feudale organizzazione del latifondo vedeva gran parte della popolazione stagnante in una inguaribile miseria.
Il fenomeno del brigantaggio, che era nato sottoforma di resistenza politica ai re napoleonici, non si sarebbe rinfocolato solo dopo l’Unità, ma perdurò anche dopo la Restaurazione per tutta la prima metà dell’Ottocento quando la miseria e il disinteresse delle classi dominanti e agiate portavano alla disperazione contadini e pastori. La classe intellettuale, esule nelle città più libere della penisola, cercava in ogni modo di rappresentare al mondo la difficile situazione degli abruzzesi (l’esempio più eclatante è quella dei fratelli Silvio e Bertrando Spaventa). Molti furono per altro gli abruzzesi impegnati nella cospirazione antiborbonica, nelle guerre di Indipendenza e nelle imprese di Garibaldi. Non mancarono funzionari del regno borbonico capaci di dare un contributo alla propria terra come Achille Rosica, un magistrato di Orsogna che fu attivo in Basilicata e in Abruzzo; qui, per suo interesse il 21 ottobre 1859 veniva inaugurato il telegrafo elettrico e nello stesso anno faceva istituire una succursale del Banco di Napoli a Chieti e permetteva la fondazione della Cassa di Risparmio dell’Aquila.
Ma il totale disinteresse della dinastia non aveva favorito per nulla scali e traffici marittimi così come agricoltura e pastorizia erano praticate primitive. Un tentativo di intervento organico per migliorare le potenzialità e la quantità dei terreni agricoli fu il prosciugamento del Fucino che tra il 1858 e il 1859 vide incrementarsi i lavori che si sarebbero conclusi in un decennio. Dal punto di vista culturale accanto a una discreta attività di piccoli teatri di provincia (è del 1857 la posa della prima pietra per il teatro Comunale dell’Aquila la cui costruzione durerà oltre dieci anni) tra cui spicca quella del teatro Marrucino di Chieti che verrà rinnovato nel 1863. E’ interessante l’attività di giornali che fioriscono un po’ in tutte le città più importanti, ma in generale la situazione è di grande arretratezza e l’istruzione, per pochissimi, è totalmente nelle mani del clero.
Una testimonianza viene da Le Monde Illustrè, una rivista parigina che attraverso splendide litografie e incisioni riproduceva paesaggi, monumenti, scene di vita di ogni parte del mondo. Più volte soggetti abruzzesi vi saranno ospitati, ma in quel 1859 solo una triste litografia di mendicanti si occupa della regione: «Mendiantes des Abruzzes, groupe par M. Lehmann». Questo aveva colpito l’illustratore francese nel 1859.