L'atlante della vita secondo il cibo
Al Mario Negri Sud si studia il rapporto fra alimentazione e Dna
CHIETI. Si chiama nutrigenomica e studia come il cibo interagisce con il nostro io più profondo, il Dna. In un laboratorio del Mario Negri Sud di Santa Maria Imbaro da anni si fa ricerca in questo senso e nel 2010 gli studiosi sono arrivati a tracciare una sorta di atlante della vita-secondo-il-cibo. Nel giorno di Pasqua, di rinascita per credo religioso e di abbuffata gastronomica per profana tradizione, cerchiamo di capire cosa portare a tavola senza farci troppo male. Ci darebbe un menu di Pasqua per vivere cent'anni?
Antonio Moschetta strabuzza gli occhi e risponde: «Bella domanda, servirebbe un libro».
Normale per chi studia nutrienti e meccanismi genetici da anni, arrivato in Abruzzo con scommessa dell'Airc e approdato appena agli inizi di aprile sulla prestigiosa rivista Pnas dell'Accademia delle scienze americana.
Naturale non pensare di getto a consigli sintetici, per chi come lui e il suo gruppo di colleghi dall'età media di 27 anni sono a lambiccarsi il cervello su questa domanda da tempo.
L'anno scorso su Gastroenterology, rivista scientifica internazionale, però, hanno tracciato l'atlante della corretta salute da tavola per l'intestino. Ci proviamo?. Carta e penna.
«Innanzitutto», dice Antonio Moschetta, «bisogna diminuire il più possibile gli zuccheri raffinati e gli alimenti ad alto indice glicemico, specie quando si vive una vita da sedentari. Lasciamo, dunque, uno spot per la colomba pasuale ma solo a pranzo. Va bene sen'altro introdurre cereali, come farro o avena, e fare l'occhiolino spesso ai legumi, magari in contorni di piselli e fagiolini».
«A tavola, poi», prosegue Moschetta, «non devono mancare mai le verdure crude, dalla lattuga, al radicchio e la rucola, con un ottimo olio extravergine di oliva, magari anche da colture tradizionali a coratina o ogliarola, che dalle nostre parti non mancano. Poi broccoli appena scottati e verdure cotte come melanzane, zucchine o cime di rapa».
Dottore, scusi, e l'agnello?
«E' carne bianca, va bene, anche se dobbiamo evitare le parti grasse. La carne, comunque, dovremmo mangiarla davvero poco, massimo una volta a settimana la rossa. Acqua liscia tra un pasto e l'altro, un buon bicchiere di vino a pranzo e poi frutta, a partire dalle arance rosse, le banane e le mele, e finire a due noci per gli acidi grassi migliori».
Cibo da Dna. I consigli di Moschetta arrivano dritti dritti dalle cellule, di preciso dal Dna. Con la scoperta del genoma ha preso sempre più piede una scienza, la nutrigenomica, che in sintesi studia quali effetti hanno i diversi nutrienti sul corredo genetico umano. Giochi vitali di accensione o spegnimento di geni, che poi significano salute o malattia.
«I composti presenti nei nostri nutrienti», racconta lo studioso, «pensiamo al colesterolo o a determinate vitamine, arrivano nel nucleo delle nostre cellule e incontrano il Dna attraverso alcune proteine che sono ad esso agganciate. Questo incontro è spesso fatale, perchè può o meno mettere in azione i singoli geni. Nel nostro laboratorio ci occupiamo da anni dei recettori nucleari, proteine che sono sul Dna in attesa del loro composto, o ligando, di solito di origine alimentare».
Un meccanismo, dunque, da anime gemelle. Arriva il composto alimentare, incontra il suo recettore nucleare, e il gene inizia a funzionare o meno, a seconda che l'approccio, diciamo così, inneschi o meno la scintilla d'amore.
«Questi interruttori», proseguono gli esperti del laboratorio di metabolismo lipidico e tumorale del Mario Negri Sud, «sono di primaria importanza per una serie fondamentale di processi nel nostro organismo, ad iniziare dal metabolismo e dalla riproduzione e proliferazione cellulare. Sono inoltre bersaglio di una serie di farmaci o nutrienti in grado di modificare completamente la nostra carta di identità cellulare. La conoscenza di questi fenomeni a livello molecolare è diventata di primaria importanza per una serie di terapie antitumorali e cardiovascolari».
Questi giovani cervelli vogliono ora capire come, quando e che cosa può mangiare ogni singolo uomo.
Menti che affascinano, visto che Giuseppe Lo Sasso di Palermo, Salvatore Modica di Varese, Michele Petruzzelli di Bari e Ilenia D'Errico di Taranto, tutti studiosi che hanno lavorato in Abruzzo con Moschetta, oggi sono reclutati in importanti laboratori all'estero.
Antonio Moschetta strabuzza gli occhi e risponde: «Bella domanda, servirebbe un libro».
Normale per chi studia nutrienti e meccanismi genetici da anni, arrivato in Abruzzo con scommessa dell'Airc e approdato appena agli inizi di aprile sulla prestigiosa rivista Pnas dell'Accademia delle scienze americana.
Naturale non pensare di getto a consigli sintetici, per chi come lui e il suo gruppo di colleghi dall'età media di 27 anni sono a lambiccarsi il cervello su questa domanda da tempo.
L'anno scorso su Gastroenterology, rivista scientifica internazionale, però, hanno tracciato l'atlante della corretta salute da tavola per l'intestino. Ci proviamo?. Carta e penna.
«Innanzitutto», dice Antonio Moschetta, «bisogna diminuire il più possibile gli zuccheri raffinati e gli alimenti ad alto indice glicemico, specie quando si vive una vita da sedentari. Lasciamo, dunque, uno spot per la colomba pasuale ma solo a pranzo. Va bene sen'altro introdurre cereali, come farro o avena, e fare l'occhiolino spesso ai legumi, magari in contorni di piselli e fagiolini».
«A tavola, poi», prosegue Moschetta, «non devono mancare mai le verdure crude, dalla lattuga, al radicchio e la rucola, con un ottimo olio extravergine di oliva, magari anche da colture tradizionali a coratina o ogliarola, che dalle nostre parti non mancano. Poi broccoli appena scottati e verdure cotte come melanzane, zucchine o cime di rapa».
Dottore, scusi, e l'agnello?
«E' carne bianca, va bene, anche se dobbiamo evitare le parti grasse. La carne, comunque, dovremmo mangiarla davvero poco, massimo una volta a settimana la rossa. Acqua liscia tra un pasto e l'altro, un buon bicchiere di vino a pranzo e poi frutta, a partire dalle arance rosse, le banane e le mele, e finire a due noci per gli acidi grassi migliori».
Cibo da Dna. I consigli di Moschetta arrivano dritti dritti dalle cellule, di preciso dal Dna. Con la scoperta del genoma ha preso sempre più piede una scienza, la nutrigenomica, che in sintesi studia quali effetti hanno i diversi nutrienti sul corredo genetico umano. Giochi vitali di accensione o spegnimento di geni, che poi significano salute o malattia.
«I composti presenti nei nostri nutrienti», racconta lo studioso, «pensiamo al colesterolo o a determinate vitamine, arrivano nel nucleo delle nostre cellule e incontrano il Dna attraverso alcune proteine che sono ad esso agganciate. Questo incontro è spesso fatale, perchè può o meno mettere in azione i singoli geni. Nel nostro laboratorio ci occupiamo da anni dei recettori nucleari, proteine che sono sul Dna in attesa del loro composto, o ligando, di solito di origine alimentare».
Un meccanismo, dunque, da anime gemelle. Arriva il composto alimentare, incontra il suo recettore nucleare, e il gene inizia a funzionare o meno, a seconda che l'approccio, diciamo così, inneschi o meno la scintilla d'amore.
«Questi interruttori», proseguono gli esperti del laboratorio di metabolismo lipidico e tumorale del Mario Negri Sud, «sono di primaria importanza per una serie fondamentale di processi nel nostro organismo, ad iniziare dal metabolismo e dalla riproduzione e proliferazione cellulare. Sono inoltre bersaglio di una serie di farmaci o nutrienti in grado di modificare completamente la nostra carta di identità cellulare. La conoscenza di questi fenomeni a livello molecolare è diventata di primaria importanza per una serie di terapie antitumorali e cardiovascolari».
Questi giovani cervelli vogliono ora capire come, quando e che cosa può mangiare ogni singolo uomo.
Menti che affascinano, visto che Giuseppe Lo Sasso di Palermo, Salvatore Modica di Varese, Michele Petruzzelli di Bari e Ilenia D'Errico di Taranto, tutti studiosi che hanno lavorato in Abruzzo con Moschetta, oggi sono reclutati in importanti laboratori all'estero.
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