La pressione fiscale supera il 50%
Il caso Abruzzo: ticket, accise sulla benzina, addizionali ed effetti della manovra
PESCARA. «L'Abruzzo ha già dato e sta dando parecchio»: dietro queste parole, che le forze sociali ripetono con frequenza in questi giorni in cui sono stati inseriti i ticket della sanità, traspare in prospettiva un dato impressionante. A seguito anche della manovra finanziaria correttiva del governo, la pressione fiscale salirà a livelli record, fino a superare il 50% per i redditi medio alti.
Prima l'accise sulla benzina di due centesimi e mezzo al litro, poi i ticket da 10 euro sulla sanità per le visite specialistiche e la diagnostica, adesso gli effetti della manovra finanziaria "lacrime e sangue" anticipata dal 2013 dal governo. Per l'Abruzzo il quadro è devastante e la pressione fiscale diventa un caso nazionale.
Già "appesantito" da un'Irap da record (mediamente un punto in più rispetto alle altre regioni), e dall'altra addizionale Irpef fra le più alte d'Italia, rischia di avere la pressione fiscale ai massimi livelli che certamente non aiuterebbe lo sviluppo e renderebbe nulli (o quasi nulli) incentivi e politiche di sostegno. Tutto, mentre all'orizzonte si profila l'ombra minacciosa di balzelli di prossima introduzione, magari sotto forma indiretta: come l'annunciato pedaggio per chi percorre l'asse attrezzato Chieti-Pescara, o la tassa sulle disgrazie, imposta dal governo per finanziare gli interventi della Protezione civile.
Per arrivare a calcolare il superamento della soglia del 50% della pressione fiscale basta applicare al caso Abruzzo le previsioni effettuate dalla Cgia di Mestre a seguito dell'approvazione della manovra finanziaria. Se le stime, prima della manovra correttiva, segnalavano una pressione fiscale media nazionale nel 2013 al 42,6%, gli effetti della manovra correttiva faranno salire il carico fiscale nel 2013 al 44,3%.
Un 1,7% in più, rispetto alla previsione pre-manovra, che fa paura perché fa scalare posizioni alla nostra regione in un'ipotetica classifica nazionale. L'Abruzzo è infatti già in cima alla graduatoria del prelievo Irap che, in rapporto al reddito d'impresa, incide per il 9,4 per cento. Oggi la Regione incassa 127,4 milioni di euro l'anno dalle maggiorazioni Irpef e Irap che destina in parte al pagamento di 98 milioni l'anno per le rate dei mutui, in parte per il buco della sanità. A questi fondi va aggiunta una quota di 10 milioni di tassa automobilistica e da qualche mese altri 8 milioni che provengono dall'aumento delle accise per la benzina destinati a finanziare il prestito trentennale di 200 milioni concesso dal governo per coprire l'ultimo (in ordine di tempo) buco sanitario di 360 milioni scoperto il 2 dicembre 2010 e coperto con l'anticipazione di 160 milioni di fondi Fas e con il prestito del governo. A questo castello di cifre si deve aggiungere il tassello dei ticket da 10 euro che anche se, come sottolinea il governatore Gianni Chiodi, sarà pagato solo dal trenta per cento degli attuali pazienti abruzzesi, contribuirà a modo suo a far sì che aumenti la pressione fiscale.
Il quadro non è allettante, soprattutto in questo periodo quando si pensa a come far ripartire produzione ed occupazione. Secondo Confindustria Abruzzo il punto in più di addizionale Irap costa a un'impresa circa 23mila euro l'anno. Una piccola impresa di 20 dipendenti paga 5.500 euro in più, una grande impresa con 400 dipendenti può arrivare a pagare anche 600mila euro l'anno. Nel corso di un recente convegno organizzato da Cna Abruzzo è stato messo in rilievo come il fattore "t" come tasse, incida sulla capacità delle microimprese di stare sul mercato. Imprese paragonate più a un limone spremuto che a un frutto rigoglioso, che perdono competitività soprattutto quando si guarda l'erba del vicino, cioè la condizione delle regioni vicine.
La Cisl Abruzzo è andata a vedere da vicino le conseguenze per le famiglie di questa situazione. Dall'analisi sulla tassazione a livello regionale affidato all'ufficio studi Michelangelo Ciancaglini emerge che nel 2010 l'Abruzzo è stata una delle regioni del Mezzogiorno che ha registrato una contrazione più marcata del reddito disponibile delle famiglie. E che un contributo fortemente negativo è derivato dal rallentamento del reddito da lavoro dipendente, il più colpito dalle tasse.
Prima l'accise sulla benzina di due centesimi e mezzo al litro, poi i ticket da 10 euro sulla sanità per le visite specialistiche e la diagnostica, adesso gli effetti della manovra finanziaria "lacrime e sangue" anticipata dal 2013 dal governo. Per l'Abruzzo il quadro è devastante e la pressione fiscale diventa un caso nazionale.
Già "appesantito" da un'Irap da record (mediamente un punto in più rispetto alle altre regioni), e dall'altra addizionale Irpef fra le più alte d'Italia, rischia di avere la pressione fiscale ai massimi livelli che certamente non aiuterebbe lo sviluppo e renderebbe nulli (o quasi nulli) incentivi e politiche di sostegno. Tutto, mentre all'orizzonte si profila l'ombra minacciosa di balzelli di prossima introduzione, magari sotto forma indiretta: come l'annunciato pedaggio per chi percorre l'asse attrezzato Chieti-Pescara, o la tassa sulle disgrazie, imposta dal governo per finanziare gli interventi della Protezione civile.
Per arrivare a calcolare il superamento della soglia del 50% della pressione fiscale basta applicare al caso Abruzzo le previsioni effettuate dalla Cgia di Mestre a seguito dell'approvazione della manovra finanziaria. Se le stime, prima della manovra correttiva, segnalavano una pressione fiscale media nazionale nel 2013 al 42,6%, gli effetti della manovra correttiva faranno salire il carico fiscale nel 2013 al 44,3%.
Un 1,7% in più, rispetto alla previsione pre-manovra, che fa paura perché fa scalare posizioni alla nostra regione in un'ipotetica classifica nazionale. L'Abruzzo è infatti già in cima alla graduatoria del prelievo Irap che, in rapporto al reddito d'impresa, incide per il 9,4 per cento. Oggi la Regione incassa 127,4 milioni di euro l'anno dalle maggiorazioni Irpef e Irap che destina in parte al pagamento di 98 milioni l'anno per le rate dei mutui, in parte per il buco della sanità. A questi fondi va aggiunta una quota di 10 milioni di tassa automobilistica e da qualche mese altri 8 milioni che provengono dall'aumento delle accise per la benzina destinati a finanziare il prestito trentennale di 200 milioni concesso dal governo per coprire l'ultimo (in ordine di tempo) buco sanitario di 360 milioni scoperto il 2 dicembre 2010 e coperto con l'anticipazione di 160 milioni di fondi Fas e con il prestito del governo. A questo castello di cifre si deve aggiungere il tassello dei ticket da 10 euro che anche se, come sottolinea il governatore Gianni Chiodi, sarà pagato solo dal trenta per cento degli attuali pazienti abruzzesi, contribuirà a modo suo a far sì che aumenti la pressione fiscale.
Il quadro non è allettante, soprattutto in questo periodo quando si pensa a come far ripartire produzione ed occupazione. Secondo Confindustria Abruzzo il punto in più di addizionale Irap costa a un'impresa circa 23mila euro l'anno. Una piccola impresa di 20 dipendenti paga 5.500 euro in più, una grande impresa con 400 dipendenti può arrivare a pagare anche 600mila euro l'anno. Nel corso di un recente convegno organizzato da Cna Abruzzo è stato messo in rilievo come il fattore "t" come tasse, incida sulla capacità delle microimprese di stare sul mercato. Imprese paragonate più a un limone spremuto che a un frutto rigoglioso, che perdono competitività soprattutto quando si guarda l'erba del vicino, cioè la condizione delle regioni vicine.
La Cisl Abruzzo è andata a vedere da vicino le conseguenze per le famiglie di questa situazione. Dall'analisi sulla tassazione a livello regionale affidato all'ufficio studi Michelangelo Ciancaglini emerge che nel 2010 l'Abruzzo è stata una delle regioni del Mezzogiorno che ha registrato una contrazione più marcata del reddito disponibile delle famiglie. E che un contributo fortemente negativo è derivato dal rallentamento del reddito da lavoro dipendente, il più colpito dalle tasse.
© RIPRODUZIONE RISERVATA